Sufficiente che anche una sola delle fasi di gestione dei rifiuti avvenga in forma organizzata
Nota a Cass. Pen. 43710/2019
Lunedi 2 Marzo 2020 |
La Suprema Corte si è pronunciata sulla configurabilità del reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti ex art. 452 quaterdecies c.p., affermando che la soglia di rilevanza penale possa essere integrata anche da una sola fase di gestione abusiva dei rifiuti, purché avvenga in forma organizzata.
Con la sentenza in epigrafe, la Suprema Corte si è pronunciata sulla configurabilità del reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti ex art. 452 quaterdecies c.p., affermando che la soglia di rilevanza penale possa essere integrata anche da una sola fase di gestione abusiva dei rifiuti, purché avvenga in forma organizzata.
Fattispecie: Il caso riguarda l’attività di smaltimento di rifiuti solidi da parte delle navi di alcune ONG, nell’ambito delle operazioni di salvataggio e assistenza migranti condotte nel Mediterraneo. Nello specifico, i rifiuti sanitari infetti venivano classificati come rifiuti solidi urbani o speciali non pericolosi e smaltiti con le modalità previste per questi ultimi. Il Gip del Tribunale di Catania disponeva decreto di sequestro preventivo in ordine a due contestazioni del reato ex art. 452 quaterdecies c.p., concernenti le modalità di smaltimento dei rifiuti di cui sopra.
L’indagato proponeva domanda di riesame, accolta con successiva ordinanza, con la quale il medesimo Tribunale annullava il decreto di sequestro preventivo, poiché, pur ribadendo la minaccia ambientale e per la salute pubblica dei rifiuti infetti prodotti all’interno delle navi -in quanto raccolti e trattati difformemente da quanto previsto ex lege- e pur ravvisando l’abitualità della condotta, negava l'applicabilità della fattispecie ex art. 452 quaterdecies c.p., stante l’assenza di un’organizzazione di attività e mezzi finalizzata al traffico illecito. Ricorso per Cassazione
Avverso tale ordinanza il P.M. proponeva ricorso in Cassazione ex art. 606 c. 1 lett. b) c.p.p. per violazione-erronea applicazione dell’art. 452 quaterdecies c.p.. L’attività di smaltimento illecito dei rifiuti infetti risultava reiterata e organizzata, così come la loro sistematica classificazione come rifiuti speciali, con conseguente applicazione della tariffa più conveniente prevista per questi ultimi. L’indagato -agente marittimo- risultava il referente effettivo delle ONG, con le quali concludeva vantaggiosi contratti per lo smaltimento dei rifiuti suddetti.
Parimenti censurabile, il criterio adottato per determinare il profitto del reato. Infatti, la miscelazione indifferenziata di tutti rifiuti, (inclusi i sanitari pericolosi), avrebbe dovuto comportare lo smaltimento secondo la disciplina prevista per questi ultimi, data la contaminazione dagli stessi provocata; il risparmio per le ONG era, pertanto, pari alla differenza tra costo per lo smaltimento di tutti i rifiuti e quanto si sarebbe dovuto sostenere per smaltirli in toto come rifiuti sanitari pericolosi. Resisteva l’indagato, eccependo l’inammissibilità dell’impugnativa, in quanto fondata su vizi motivazionali non ammessi nel ricorso per Cassazione avverso misure cautelari reali e contestandone la fondatezza.
Sentenza
La Suprema Corte, nell’accogliere il ricorso, stabilisce importanti princìpi di diritto.
In primis, quanto disposto dal Tribunale costituisce non corretta applicazione dell’art. 452 quaterdecies c.p., ammissibile quale motivo di ricorso per Cassazione in materia di misure cautelari reali. L’art. 325 c.p.p. ammette ricorso di legittimità per violazione di legge contro le ordinanze emesse in sede di riesame del decreto di sequestro preventivo.
Il reato de quo, già previsto nel Codice dell’Ambiente all’art. 260, è stato poi abrogato dal successivo D. Lgs. 21/2018, che ne ha trasposto il contenuto nel vigente art. 452 quaterdecies c.p., alla luce del principio di riserva di codice ex art. 3 bis c.p., secondo il quale “Nuove disposizioni che prevedono reati possono essere introdotte nell’ordinamento solo se modificano il codice penale ovvero sono inserite in leggi che disciplinano in modo organico la materia”.
Inoltre, avendo ad oggetto beni di rango costituzionale, quali salute e protezione dell’ambiente, è stato inserito a pieno titolo nel codice penale, che ne ha lasciata intatta la struttura di reato abituale proprio. In merito, giurisprudenza consolidata della Cassazione, lo classifica come illecito che necessita per il suo perfezionamento della reiterazione nel tempo di una pluralità di condotte della stessa specie, con la conseguenza che le stesse, singolarmente prese, risultano di norma penalmente irrilevanti (Cass. Pen. 16036/2019, 46705/2009 etc).
Il traffico di rifiuti, abusivo, organizzato, continuativo e volto ad ottenere un ingiusto profitto è quanto la Corte ravvisa nel caso di specie, sussistendone all’evidenza tutti gli elementi. Se l’apparato di mezzi e attività risulta imprescindibile, lo stesso -prosegue la Corte richiamando un indirizzo giurisprudenziale costante (Cass. Pen. 16056/2019, 44632/2015 etc)- può presentarsi in forma rudimentale, così come apparato imprenditoriale vero e proprio, che persegua anche marginalmente fini illeciti accanto all’attività principale pienamente riconosciuta e legale. Se il carattere abusivo dell’attività era stato già affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, ravvisandolo nell’assenza di autorizzazioni o nella loro illegittimità formale o sostanziale, l’aspetto sul quale la sentenza argomenta maggiormente è quello organizzativo, che deve essere presente in almeno una delle condotte previste dalla norma, non necessariamente in tutte.
Pertanto, è sufficiente che anche una sola delle condotte incriminate presenti questo carattere di stabilità e organizzazione. Di converso, la punibilità del reato in questione risulterebbe di difficile applicazione, in spregio alle sempre più stringenti norme in materia di protezione dell’ambiente e della salute umana, a livello di ordinamento interno, comunitario e internazionale. Alla luce delle argomentazioni esposte, la Corte ha, pertanto, annullato l’ordinanza impugnata rinviando al Tribunale di Catania per un nuovo esame della fattispecie.