Con la sentenza n° 9769 del 26/05/2020 le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione hanno stabilito che sussiste il concorso di colpa del mittente nel caso di assegno “non trasferibile” spedito per posta ordinaria, che venga sottratto e riscosso da parte di un soggetto non legittimato, comportando per il mittente un’esposizione volontaria ad un rischio superiore a quello consentito dalle norme di comune prudenza e dunque venendo a configurarsi quale antecedente necessario dell’evento dannoso, in concorso con il comportamento colposo tenuto dalla banca.
IL CASO: La Compagnia di Assicurazioni M.A. S.P.A. conveniva in giudizio l’ente creditizio B.N.L. S.P.A. al fine di vedersi risarcita del danno derivante dalla negoziazione di tre assegni di traenza "non trasferibili" emessi dalla Banca B.S. S.P.A.: tali titoli, spediti a mezzo di posta ordinaria, erano stati infatti sottratti prima di giungere a destinazione ed incassati presso le filiali della Banca convenuta mediante l’esibizione di documenti d’identità falsificati, costringendo l’attrice a dover effettuare un nuovo pagamento a favore dei beneficiari.
Al termine del giudizio di 1° grado, il Tribunale di R. respinse la domanda dell’attrice, che impugnò quindi tale sentenza avanti la Corte d’Appello di R., che invece accolse il gravame proposto dalla Compagnia assicurativa. La Corte d’Appello ritenne che il comportamento tenuto dalla Banca aveva di per sé solo comportato l’evento dannoso, escludendo quindi il concorso di colpa dell’appellante, ai sensi dell’art. 1227 c.c., per aver inviato gli assegni avvalendosi della posta ordinaria.
Avverso tale sentenza la Banca ricorse in Cassazione, la cui 1^ Sezione Civile rimise gli atti al Primo Presidente che dispose l’assegnazione del ricorso alle Sezione Unite, al fine di risolvere una questione da sempre controversa e di particolare importanza, consistente nella possibilità di ravvisare un concorso di colpa del danneggiato ex art. 1227 comma 1° c.c. nel caso di spedizione di un assegno a mezzo posta che venga poi sottratto ed incassato da soggetto non legittimato, con conseguente pregiudizio patito dal debitore/mittente che non viene quindi liberato dall’onere del pagamento. Le Sezioni Unite hanno dipanato tale questione, enunciando il relativo principio di diritto e cassando con rinvio la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di R.
Bisogna premettere che la maggior parte degli orientamenti più risalenti concordavano per l'esclusione di un concorso di colpa del mittente, in quanto la clausola di intrasferibilità apposta sugli assegni aveva - a loro giudizio - la funzione di garantire il richiedente o il prenditore contro il rischio del furto, dello smarrimento o della distruzione del titolo, dando dunque assoluta certezza del pagamento al prenditore. Era ritenuta per questo motivo incompatibile con una responsabilità parziale del mittente. Successivamente, grazie a plurimi interventi delle Sezioni Unite, è iniziato un percorso di revisione del predetto orientamento fino ad approdare alla responsabilità concorsuale del mittente, fondata sul fatto che la responsabilità (di tipo contrattuale da cd. contatto sociale) ravvisabile in capo alla Banca negoziatrice dell'assegno non esclude la responsabilità di altri soggetti. Peraltro, è stato riconosciuto l'onere per la Banca negoziatrice dell'assegno di provare che l'inadempimento non le è imputabile per aver assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall'art. 1176 comma 2° c.c. quale operatore professionale.
Le Sezioni Unite hanno altresì affrontato l’incidenza del nesso causale nella fattispecie che ci riguarda. Infatti, se è vero, da un lato, che il pagamento dell'assegno è subordinato al riscontro della corrispondenza tra il soggetto indicato come prenditore e colui che presenta il titolo all'incasso, è altrettanto vero che tale pagamento non può aver luogo in mancanza della materiale disponibilità dell'assegno, la cui presentazione alla Banca ne costituisce un presupposto indispensabile. Ed è quindi innegabile che le modalità prescelte per la trasmissione del titolo possano spiegare un'efficienza causale ai fini della riscossione del relativo importo da parte di un soggetto non legittimato, vista la frequenza con cui gli assegni spediti per posta ordinaria vengono sottratti ed incassati mediante l’utilizzo di tecniche di contraffazione dei documenti sempre più sofisticate. Oltre al fatto poi che la funzione della clausola di intrasferibilità non consiste nell’impedire che l’assegno venga incassato da un soggetto non legittimato, bensì nell’impedire la circolazione del titolo. Pertanto, la scelta effettuata dal mittente di avvalersi della posta ordinaria per la trasmissione dell'assegno al beneficiario, pur in presenza di altre forme di spedizione (posta raccomandata o assicurata) o di strumenti di pagamento ben più moderni e sicuri (quali il bonifico bancario o il pagamento elettronico), si traduce nella consapevole assunzione di un rischio da parte del mittente stesso, che non può non costituire oggetto di valutazione ai fini dell'individuazione della causa dell'evento dannoso. Tale esposizione volontaria al rischio superiore a quello consentito dalle norme di comune prudenza, o comunque la consapevolezza di porsi in una situazione di pericolo, è stata ritenuta dalla Suprema Corte sufficiente a giustificare il riconoscimento del concorso di colpa del danneggiato, ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c., in quanto la riduzione della responsabilità del danneggiante è configurabile anche nell’ipotesi in cui il danneggiato si esponga volontariamente ad un rischio superiore alla norma, in violazione di norme giuridiche o di regole comportamentali di prudenza avvertite come vincolanti dalla coscienza sociale del suo tempo, con una condotta (attiva od omissiva) che si inserisca come antecedente necessario nel processo causale che culmina con il danno da lui subito.
Nel caso di specie, quindi, la Suprema Corte ha riconosciuto come l'utilizzo della posta ordinaria si ponga in contrasto con le regole di comune prudenza, le quali suggerirebbero di avvalersi di modalità di trasmissione più idonee ad assicurare il controllo sul buon esito della spedizione, e con il dovere di agire in modo da preservare gli interessi di tutti i soggetti coinvolti nella vicenda, in virtù dell'art. 2 Cost., dell'art. 1227 c.c., operante sia in materia extracontrattuale, a causa del richiamo di tale disposizione da parte dell'art. 2056 c.c., sia in materia contrattuale, come conseguenza dell'obbligo di comportarsi secondo correttezza e buona fede, previsto dall'art. 1175 c.c. in riferimento sia alla formazione che all'interpretazione e all'esecuzione del contratto.
In conclusione di questa approfondita analisi, le Sezioni Unite hanno dunque cassato con rinvio la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di R., enunciando il seguente principio di diritto: “La spedizione per posta ordinaria di un assegno, ancorché munito di clausola d’intrasferibilità, costituisce, in caso di sottrazione del titolo e riscossione da parte di un soggetto non legittimato, condotta idonea a giustificare l’affermazione del concorso di colpa del mittente, comportando, in relazione alle modalità di trasmissione e consegna previste dalla disciplina del servizio postale, l’esposizione volontaria del mittente ad un rischio superiore a quello consentito dal rispetto delle regole di comune prudenza e del dovere di agire per preservare gl’interessi degli altri soggetti coinvolti nella vicenda, e configurandosi dunque come un antecedente necessario dell’evento dannoso, concorrente con il comportamento colposo eventualmente tenuto dalla banca nell’identificazione del presentatore”.