“Il giudice della separazione è investito della potestas iudicandi sulla domanda di attribuzione o modifica del contributo di mantenimento per il coniuge e i figli anche quando sia pendente il giudizio di divorzio, a meno che il giudice del divorzio non abbia adottato provvedimenti temporanei e urgenti nella fase presidenziale o istruttoria, i quali sono destinati a sovrapporsi ( e ad assorbire) quelli adottati in sede di separazione solo dal momento in cui sono adottati o ne è disposta la decorrenza. Di conseguenza, i provvedimenti economici adottati nel giudizio di separazione anteriormente iniziato sono destinati ad una perdurante vigenza fino all'introduzione di un nuovo regolamento patrimoniale per effetto delle statuizioni (definitive o provvisorie) rese in sede divorzile”.
Con la sentenza 27 marzo 2020, n. 7547, la Suprema Corte ha precisato che l'importo dell'assegno di mantenimento stabilito in sede di separazione, può essere modificato anche in pendenza della causa di divorzio, purchè non interferisca con i provvedimenti assunti, medio tempore, dal giudice del divorzio stesso.
Nel caso sottoposto al suo esame, infatti, ha chiarito che il giudice dell'impugnazione può rideterminare l'importo del contributo qualora nel giudizio di divorzio non siano stati adottati provvedimenti temporanei ed urgenti nella fase presidenziale o istruttoria.
Nel corso del giudizio di separazione personale dei coniugi, la Corte d'appello competente, in riforma della sentenza impugnata, aumentava l'assegno di mantenimento mensile ad euro 750,00 in considerazione del fatto che, durante il giudizio di divorzio, le somme dovute dal coniuge erano state determinate in sede presidenziale in complessivi euro 800,00.
Il soggetto obbligato ricorreva in Cassazione denunciando, come unico motivo, la violazione e falsa applicazione della L. n. 898/70, articolo 4, ritenendo che la Corte d'Appello avesse disciplinato i rapporti economici tra i coniugi, in relazione ad un lasso di tempo già regolato dall'ordinanza presidenziale del 14 ottobre 2016, nel parallelo giudizio di divorzio. Il giudice della separazione, cioè, avrebbe sovrapposto la propria valutazione circa le disposizioni economiche conseguenti alla fine del vincolo matrimoniale, a quelle adottate nella fase del divorzio: “avrebbe indebitamente sovrapposto la propria valutazione sulle statuizioni economiche conseguenti alla separazione a quella adottata dal giudice nel parallelo giudizio di divorzio”.
La Suprema Corte riteneva il motivo infondato e rigettava il ricorso, confermando quanto già deciso dalla Corte d'appello, in quanto:
“i provvedimenti economici adottati nel giudizio di separazione anteriormente iniziato sono destinati ad una perdurante vigenza fino all'introduzione di un nuovo regolamento patrimoniale per effetto delle statuizioni (definitive o provvisorie) rese in sede divorzile (Cassazione n. 1779/2012)”;
“la pronuncia di divorzio, operando ex nunc dal momento del passaggio in giudicato, non comporta la cessazione della materia del contendere nel giudizio di separazione personale (o di modifica delle condizioni di separazione) iniziato anteriormente e ancora pendente ove esista l'interesse di una delle parti all'operatività della pronuncia e dei conseguenti provvedimenti patrimoniali (Cassazione n. 5510 del 2017)”;
“nella specie, il giudice della separazione con la sentenza impugnata non è intervenuto impropriamente a modificare le statuizioni economiche rese in sede di divorzio (cfr. Cassazione n. 17825/2013) ma ha fissato la decorrenza del contributo di mantenimento a carico del marito fino al mese di settembre 2015, senza dunque interferire con le statuizioni economiche emesse in sede divorzile”.
In particolare, ha ritenuto che il giudice di merito abbia applicato correttamente il principio secondo cui il giudice della separazione ha la potestas iudicandi sulla domanda di attribuzione o modifica dell'assegno di mantenimento, per il coniuge e per i figli, anche in pendenza del giudizio di divorzio, a meno che il giudice del divorzio non abbia adottato provvedimenti temporanei ed urgenti nella fase presidenziale o istruttoria. Solo in questo caso, infatti, i provvedimenti prevalgono e assorbono le statuizioni adottate in sede di separazione.
Nel caso di specie, tenuto conto delle date di decorrenza dell'assegno di mantenimento, il giudice della separazione non si è in alcun modo sovrapposto alle statuizioni fissate in sede di divorzio. Sulla base di queste considerazioni, il provvedimento economico adottato nel giudizio di separazione resta valido fino all'introduzione di nuove disposizioni patrimoniali in sede di divorzio. In questo caso, il giudice della separazione, stabilendo la decorrenza del contributo economico fino al mese di settembre 2015, non si è affatto sovrapposto ad alcuna, altra, decisione.
Per tali ragioni, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, condannando il soccombente al pagamento delle spese di lite. Già nella sentenza n. 27205 del 2019, la Corte ha affermato il principio secondo il quale: “durante il corso del giudizio di divorzio è ammissibile, senza dar luogo al divieto del bis in idem, la proposizione della domanda di modifica delle condizioni della separazione, la cui debenza trova il limite proprio del passaggio in giudicato della sentenza di divorzio, la quale fa venir meno il vincolo matrimoniale che è il presupposto dei provvedimenti di mantenimento in regime separativo”.
E pertanto, la pronuncia di divorzio, producendo i suoi effetti ex nunc, dal momento del passaggio in giudicato, non determina la cessazione della materia del contendere nel giudizio di separazione personale iniziato precedentemente e ancora pendente, qualora una delle due parti sia interessata all'operatività della pronuncia e delle relative statuizioni economiche.