Aggressione da cinghiale in area privata: quale ente responsabile?

Aggressione da cinghiale in area privata: quale ente responsabile?

Con l’ordinanza 14555/2024, pubblicata il 24 maggio 2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla questione relativa all’individuazione dell’ente responsabile dei danni subiti da un soggetto a seguito dell’aggressione di un cinghiale all’interno di una proprietà privata.

Martedi 28 Maggio 2024

IL CASO: Una donna, a seguito del ferimento subito alla gamba sinistra ad opera di un cinghiale che l’aveva aggredita mentre si trovava nel giardino di un’abitazione privata, conveniva innanzi al Tribunale la Regione e la Provincia chiedendo la loro condanna al risarcimento dei danni ex art. 2043 c.c. subiti.

Nel giudizio si costituivano entrambe le convenute contestando la fondatezza della domanda attorea con conseguente richiesta di rigetto della stessa. In via preliminare, inoltre, la Regione eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva.

All’esito dell’attività istruttoria, svoltasi attraverso la prova testimoniale e di una consulenza medica legale suIla persona dell'attrice, il Tribunale dava ragione a quest’ultima condannando la Regione convenuta al risarcimento dei danni.

La decisione di primo grado veniva confermata dalla Corte d Appello a seguito del gravame interposto dalla Regione.

Pertanto, quest’ultima, rimasta soccombente in entrambi i gradi di giudizio investiva della questione la Corte di Cassazione.

LA DECISIONE: Il ricorso proposto dalla Regione è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione la quale nel rigettarlo ha osservato che:

come affermato più volte in altri arresti giurisprudenziali, nel caso in cui si invoca il risarcimento dei danni cagionati daIla fauna selvatica, trova applicazione la presunzione di responsabilità di cui all'art. 2052 c.c.;

la norma è applicabile non soltanto nel caso di animali domestici, ma anche di specie selvatiche protette ai sensi della legge n. 157 /1992 che rientrano neI patrimonio indisponibile dello Stato e sono affidate aIla Regione, quale ente competente a gestire la fauna selvatica in funzione della tutela generale dell'ambiente e dell'ecosistema (art. 1, comma 3 legge n. 157 del 1992);

ne consegue che, in via generale, quanto agli oneri probatori, in applicazione del criterio oggettivo di cui all'art. 2052 c.c., incombe sul danneggiato l’onere di allegare e dimostrare che il danno è stato causato dall'animale selvatico (e, quindi, dimostrare la dinamica del sinistro nonché il nesso causale tra la condotta dell'animale e l'evento dannoso subito, oltre che l'appartenenza dell'animale stesso ad una delle specie oggetto della tutela di cui alla legge n. 157 del 1992 e/o comunque che si tratti di animale selvatico rientrante nel patrimonio indisponibile dello Stato);

è indubbia la facoltà del danneggiato di agire in giudizio ex art. 2043 c.c., facendosi carico del maggior onere probatorio che deriva dall' applicazione della norma di cui all’art. 2052 c.c., come è avvenuto nel caso di specie, avendo l’attrice introdotto il giudizio di merito chiedendo di accertarsi e dichiararsi la responsabilità della Regione esclusivamente ai sensi dell'art. 2043 c.c.;

Con la decisone impugnata, hanno concluso gli Ermellini, la Corte di appello, dopo aver sussunto - con statuizione non resa oggetto di alcuna censura - il caso nell'ambito di operatività della suddetta disposizione normativa - argomentando sulle dichiarazioni rese dai rappresentanti degli enti pubblici locali e daIle associazioni private intervenuti al c.d. Tavolo verde (indetto dal vice presidente deIla Provincia di Trieste e svoltosi in data 28 marzo 2013) e sui dati relativi al censimento dei cinghiali (contenuti nel prospetto dimesso dalla Regione ricorrente) - ha ritenuto provata “la responsabilità della Regione per aver omesso di adottare misure idonee ad arginare il progressivo e ingravescente pericolo, più volte segnalato negli articoli di cronaca locale, dell'avvicinarsi dei cinghiali alle abitazioni poste in prossimità deIle zone boschive, in tal modo sottovaIutando, nell'ambito della propria attività di indirizzo e pianificazione, il problema della proliferazione della specie e del conseguente crescente bisogno di procurarsi il cibo”.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 14555 2024

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