Abbiamo già affrontato l'analisi, sia pure sommaria, della nuova normativa in materia di filiazione naturale (v. articolo pubblicato), che ha sostanzialmente parificato lo status di figlio nato fuori dal matrimonio (nella nuova dizione) a quello dei figli nati in costanza di matrimonio, dando così l'avvio ad una serie di modifiche e abrogazioni di diversi articoli del codice civile, che ormai non avevano più alcuna ragion d'essere in relazione al mutato contesto socio-culturale e sopratutto discriminavano illogicamente i figli c.d. naturali rispetto a quelli “legittimi”, secondo la terminologia vigente fino a pochi mesi fa.
Naturalmente, essendo la riforma entrata in vigore solo di recente, non si sono ancora registrate questioni o problematiche particolari, ma nel corso di un recente convegno sono state fatte alcune precisazioni, sopratutto in tema di competenza, che la riforma ha devoluto ai tribunali ordinari.
Infatti, come si è già avuto modo di evidenziare, competente a decidere tutte le problematiche relative all'affidamento e al mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio è oggi il tribunale ordinario, mentre sono rimaste di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli artt. 84 (autorizzazione a contrarre matrimonio), 90 (per assistenza stipula convenzioni matrimoniali), 330 (decadenza dalla potestà) 332 (reintegra nella potestà), 333 (condotta pregiudizievole del genitore), 334 (rimozione dall'amministrazione), 335 (riammissione nell'esercizio dell'amministrazione) e 371, ultimo comma (continuazione nell'esercizio dell'impresa) del codice civile.
In merito a tale ripartizione di competenza, bisogna però fare attenzione al tipo di istanze che si ritiene di formulare in sede di regolamentazione dei rapporti genitori-figli, nel caso di genitori non coniugati.
Infatti, se nel ricorso introduttivo si fa istanza affinchè sia disposto un regime di affidamento esclusivo in favore di uno dei genitori, derogando al regime di affidamento condiviso, alcuni Tribunali e Corti di Appello ritengono, anche dopo la riforma, che la competenza sia del tribunale per i minorenni, e non del tribunale ordinario.
Questa conclusione è giustificata dal fatto che per la dottrina maggioritaria una decisione di affidamento esclusivo o monogenitoriale implica una compressione o una riduzione della potestà genitoriale, riconducibile all'art. 333 c.c, e pertanto di competenza del tribunale per i minorenni.
Pertanto, sarà necessario informarsi presso il competente tribunale per capire l'orientamento ivi seguito in tema di affidamento esclusivo.
Sempre in tema di rapporti tra il tribunale ordinario e il tribunale per i minorenni, di notevole importanza è la riserva di competenza che la riforma attribuisce al tribunale ordinario nel caso contemplato dall'art.3: infatti questa norma dispone che nell'ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell'articolo 316 del codice civile, per tutta la durata del processo la competenza spetta al giudice ordinario anche se nel corso del giudizio emerga la necessità di adottare i provvedimenti di cui all'articolo 333 (perchè uno dei genitori pone in essere condotte pregiudizievoli per i figli).
Finalmente si è cercato di dare una soluzione ai problemi che inevitabilmente nascevano dalla necessità di coordinare i provvedimenti che il giudice ordinario adottava in sede di separazione o divorzio con quelli che venivano contestualmente assunti dal giudice minorile, nei casi sopra prospettati: adesso unico è il giudice e unica è la decisione.