Whistleblowing: il D.Lgs. n. 24/2023 di attuazione della direttiva UE 2019/1937

Avv. Savina D’Amore.
Whistleblowing: il D.Lgs. n. 24/2023 di attuazione della direttiva UE 2019/1937

Il 10 marzo 2023 è entrato in vigore il D.Lgs. n. 24 che attua la direttiva UE 2019/1937 in tema di whistleblowing.

Il suddetto decreto stabilisce che tutte le aziende con un organico compreso tra i 50 e i 249 dipendenti, oramai dal 17/12/2023 hanno l’obbligo di adeguarsi alla normativa in materia, concernente l’adozione di strumenti idonei a segnalare eventuali violazioni di diritti fondamentali dei lavoratori.

Venerdi 12 Gennaio 2024

Letteralmente il termine whistleblowing, di origine anglosassone, significa” soffiare nel fischietto” ed esprime la tutela di coloro, che venuti a conoscenza di illeciti e di corruzione nell’ambito della P.A., ne diano segnalazione alle autorità.

La protezione dei whistleblower è stato affrontato per la prima volta dall’Unione Europea con la Direttiva U.E. 2019/1937. La Direttiva contiene molte disposizioni innovative: 1) vieta le ritorsioni contro i segnalanti;2) tutela l’identità dei segnalanti; 3) offre diverse modalità di segnalazione; 4) stabilisce altresì l’obbligo per molte organizzazioni di creare canali di segnalazione interni e richiede alle aziende, alle situazioni pubbliche e alle autorità che ricevono informazioni sugli illeciti, di dare seguito a tali segnalazioni. Il decreto 24/2023 non è altro che il decreto di attuazione della Direttiva U.E. 2019/1937 e sottopone ad una radicale rivisitazione l’impianto normativo rispetto ai precedenti interventi, dapprima con la L. 190/2012 e poi con la L. 179/2017, armonizzando l’intera materia e avviando un pieno coinvolgimento dei lavoratori nella lotta alla corruzione. Con la nuova disciplina da un lato sono stati ampliati gli strumenti di tutela a favore dei lavoratori ed alle lavoratrici che segnalino gli illeciti, appresi nell’ambito del proprio contesto lavorativo, tanto nel settore privato quanto in quello del pubblico impiego; dall’altro lato consentono l’espansione e il perfezionamento dei modelli di gestione e organismi ex d.lgs n. 231/2001.

Chi è il segnalatore degli illeciti.

L’azione della segnalazione è compiuta dal lavoratore che può ricoprire diversi incarichi sia nella veste di operaio sia nella veste di dirigente di azienda; molto delicato è il caso in cui il whistleblower (il segnalante) scopre che l’autore degli illeciti è il suo capo. Le violazioni oggetto della segnalazione sono illeciti amministrativi, civili, contabili, penali. Le nuove norme tutelano il denunciante da ritorsioni ed assicurano la sua privacy. Le informazioni oggetto della eventuale segnalazione, possono essere anche sospetti fondati su elementi concreti. Il nuovo decreto ha ampliato il perimetro degli stakeholders (interessati e portatori di interesse nell’azienda) e delle materie che possono essere oggetto di segnalazioni e innova la precedente normativa del 2017 indirizzata esclusivamente ai dipendenti. Questo istituto ha una importante efficacia poiché è in grado di rivelarsi quale rimedio alle disfunzioni ed ai malfunzionamenti delle pubbliche amministrazioni, ora anche delle aziende private, prevenendo atti di corruzione che contrasterebbero con i principi di trasparenza e di buon andamento.

Scopo del legislatore.

L’intento del legislatore è quello di rafforzare la collaborazione tra lavoratore dipendente e amministrazione pubblica, evitando forme di illegalità e di corruzione, formare e mantenere un ambito lavorativo funzionale e legalmente produttivo. Nello specifico il fine dell’istituto è quello di curare la protezione delle persone che segnalano le violazioni di disposizioni normative nazionali o dell’unione Europea, che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’Amministrazione pubblica o dell’ente privato di cui siano venute a conoscenza in un contesto lavorativo o privato.

I destinatari della protezione.

I destinatari della tutela sono i lavoratori che intercettano le violazioni nell’ambito in cui operano, le tutele sono riconosciute anche a qualsiasi persona fisica, non legata da un rapporto di lavoro, ma che, segnalando l’illecito, è esposta al rischio di azioni ritorsive per effetto di tale informazione. Secondo la Direttiva Europea su menzionata, l’ambito di applicazione personale è più esteso e riguarda non solo i dipendenti ma anche i lavoratori autonomi, gli azionisti, i membri degli organi di amministrazione e di controllo, i collaboratori esterni, i tirocinanti retribuiti e non, tutti i soggetti che lavorano sotto la supervisione e direzione di appaltatori e forniture, i c.d. facilitatori (ovvero coloro che prestano assistenza al lavoratore nel processo di segnalazione), i terzi connessi al segnalante quali colleghi  e  parenti.

L’evoluzione normativa.

In primis il D.D.L. del 15/11/2017 ha dettato disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico, al fine di contrastare la corruzione. Il primo importante intervento in tal senso si ha con la L. 190/2012, legge Severino, la cui disciplina si poneva l’obiettivo di promuovere uno strumento di lotta alla corruzione che consentisse al dipendente pubblico di denunciare gli illeciti di cui fosse venuto a conoscenza nell’ambito delle proprie attività lavorative , senza temere eventuali azioni ritorsive  a suo carico. Tuttavia poiché tali disposizioni riguardavano solo il settore pubblico necessitava apportare le integrazioni nel settore privato. E così la L. 179/2017 “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati e di irregolarità di cui sono venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto pubblico o privato” ha rafforzato la tutela del dipendente pubblico ed ha esteso la disciplina del whistleblowing al settore privato mediante la modifica dell’art. 6 del D.Lgs n. 231/2001 con l’introduzione dei nuovi commi 2 bis, 2 ter e 2 quater.  Tale provvedimento richiedeva alle società del settore privato con modelli organizzativi ex D.Lgs 231/2001 di dotarsi di obblighi di canali di segnalazioni delle condotte illecite ritenute rilevanti ai sensi della normativa. Nello stesso tempo le imprese avevano l’onere di garantire il divieto di atti ritorsivi o discriminatori nei confronti del whistleblower per le segnalazioni effettuate. Le segnalazioni e le denunce all’autorità giudiziaria fino alla data del 14/07/2023, sono state disciplinate dal previgente assetto normativo e regolamentare previsto per le P.A. e per i soggetti privati in materia di whistleblowing. Antecedentemente all’approvazione del D. Lgs n. 24, nel settore pubblico la regolamentazione del whistleblowing era garantita dall’art. 54 bis del D. Lgs 165/2001; quest’ultima regolamentazione disponeva espressamente il divieto di ripercussioni per il pubblico dipendente qualora segnalasse al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza all’autorità nazionale anti corruzione (ANAC) o all’Autorità Giudiziaria, condotte illecite da lui apprese. Il dipendente pubblico infatti che segnala illeciti non può essere sanzionato, demansionato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi diretti o indiretti. Conseguentemente l’eventuale denuncia è sottratta all’accesso documentale di cui agli artt. 22 e seguenti della L. 241 del 1990 e la tutela della riservatezza del segnalante è garantita da altre modalità adottate dal Piano nazionale anticorruzione (Pna).

Il decreto n. 24/2023 si applica ai soggetti del settore pubblico e del settore privato.

Con la nuova disciplina, il documento riconosce alle segnalazioni un ruolo chiave nella prevenzione delle violazioni normative e assicura ai segnalanti, sia nel pubblico sia nel privato, una tutela più strutturata, aggiornando le norme italiane armonizzandole con quelle Europee.

Per i soggetti privati è previsto l’obbligo di sostituire almeno un canale interno di segnalazione a decorrere dal 17/12/2023, che soddisfa almeno una delle seguenti condizioni: a) hanno impiegato nell’ultimo anno, la media di almeno 50 lavoratori subordinati, con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato; b) si occupano di alcuni specifici settori/servizi (prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio del finanziamento del terrorismo, sicurezza trasporti e tutela dell’ambiente) anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di almeno 50 lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato. 3) adottano i modelli di organizzazione e gestione di cui al D.Lgs. 231/2001 anche se null’ultimo anno non hanno raggiunto la media di almeno 50 lavoratori subordinati con contratti a tempo indeterminato o determinato. Casi di esclusione: sono esclusi dall’ambito di applicazione della nuova disciplina le sottoindicate segnalazioni: a) legate a un interesse di carattere personale del segnalante che attengono ai propri rapporti individuali di lavoro; b) in materia di sicurezza e difesa nazionale; c) relative a violazioni disciplinate in via obbligatoria cui continuano ad applicarsi la specifica disciplina.

Cosa sono i canali di segnalazione interna.

Secondo quanto disposto dall’art. 4 del D.Lgs. 24/2023: i soggetti del diritto pubblico e i soggetti del settore privato attivano i propri canali di segnalazione, che garantiscono, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona menzionata nella segnalazione, nonché nel contenuto della segnalazione e della relativa documentazione. I canali di segnalazione interna per il settore privato devono essere almeno due: uno scritto e basato su un tool informatico che utilizza sistemi di crittografia che assicurino la riservatezza del segnalante, del segnalato e delle informazioni contenute nelle segnalazioni; l’altro orale: attraverso linee telefoniche dedicate, sistemi di messaggistica vocale oppure, su richiesta del segnalante, mediante un incontro diretto fissato entro un termine ragionevole. La gestione è affidata a una persona o a un ufficio interno autonomo dedicato e con personale specificatamente formato per la gestione del canale di segnalazione, ovvero è affidata a un soggetto esterno, anch’esso autonomo e con personale specificatamente formato.

L’ente è tenuto a rilasciare al whistleblower entro sette giorni dalla ricezione un avviso di ricevimento della sua segnalazione dopo l’inoltro di quest’ultima. Il soggetto cui è affidato il canale ha il compito di mantenere i contatti con il segnalante dando seguito alla segnalazione e fornendo riscontro al whistleblower  entro tre mesi dalla data di ricezione di quest’ultima. Ogni impresa deve prevedere la pubblicità della procedura circa la segnalazione, pubblicare una informativa chiara ed esplicativa: tali informazioni dovranno essere prontamente reperibili sia sul posto di lavoro che sui siti internet dell’impresa o azienda.

Canali di segnalazione esterni – Anac.

Quando il canale interno non è stato attivato o non è conforme o non ha gestito correttamente la segnalazione, si segue il canale esterno di competenza ANAC. Gli artt. 6 e 7 del decreto n. 24/2023 prevedono che i canali di segnalazione esterna  siano attivati e gestiti da ANAC, cui spetta il compito entro 3 mesi dall’entrata in vigore  del decreto menzionato di adottare linee guida concernenti le procedure per la presentazione e la gestione di tali segnalazioni.

Solo in caso di impossibilità di attivazione dei canali interni, il lavoratore può seguire la segnalazione esterna e così procedere con la divulgazione della supposta violazione? Sembrerebbe di sì: il segnalante potrà effettuare segnalazioni di pubblico dominio tramite stampa o mezzi elettronici o mezzi di diffusione in grado di raggiungere un numero elevato di persone, oltreché una denuncia all’autorità giudiziaria e contabile. Ovviamente ogni segnalazione deve essere fondata, vera e nel rispetto delle condizioni previste secondo quanto disposto dall’art. 16 co. 1 D. Lgs 24/2023. Dal canto suo il segnalato può esercitare i propri diritti tramite l’Autorità Garante, ai sensi dell’art. 160 del Codice Privacy, come sancito dal co 3 dell’art. 2 undecies Codice Privacy. Sanzioni.

Lo schema di decreto legge che recepisce la direttiva UE di riforma del whistleblowing prevede sanzioni da parte di Anac sino a 50,000 euro, nel caso in cui vengono accertate misure ritorsive o condotte vessatorie contro il segnalante, oppure l’impedimento della segnalazione o la violazione dell’obbligo di riservatezza. Sono previste sanzioni anche per i casi di non adozione di procedure per il whistleblowing o di non conformità dele procedure o di mancata gestione  delle segnalazioni ricevute. Devono essere tenute in considerazione anche le sanzioni collegate alle violazioni del GDPR, sia amministrative che penali e del codice privacy.

Considerazioni conclusive: il whistleblowing rappresenta un istituto importante che incentiva una modalità di controllo organizzativo il cui fine è ridurre la cosiddetta maladministration. Per questa ragione sono state potenziate le misure di tutela a favore del dipendente segnalante, le cui misure hanno lo scopo di evitare che lo stesso possa subire effetti ritorsivi dalla sua segnalazione, nonché di garantire la sua riservatezza e di incoraggiare il medesimo a segnalare condotte illecite soprattutto quando la segnalazione  della violazione è volta a scongiurare il pericolo imminente di un pubblico interesse.

Bibliografia

D.Lgs n. 24 del 10/03/2023 D.Lgs. 231/2001 D.Lgs 231/2001; L. 179/2017 L. 190/2012  Direttiva U.E. 2019/1937 Pagina Ministero dell’ Interno -Segnalazione illeciti Marco Sigaudo - articolo del 28/06/2023 Giurisprudenza penale -“Considerazioni critiche sui nuovi canali di segnalazione previsti dal D.lgs 24/2023 in materia di whistleblowing con particolare riferimento agli enti del settore di diritto privato” di Stefano Logroscino Altalex –“Whistleblowing e riservatezza nel D.Lgs 24/2023” di Daniele Dhoor Singh 07/01/2024


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