Vittime di sfregio permanente: eccepita l’illegittimità della disciplina

Vittime di sfregio permanente: eccepita l’illegittimità della disciplina
Giovedi 27 Febbraio 2025

Il Tribunale di Catania, con Ordinanza del 20 gennaio 2025,emessa dal G.I.P. Dott. Ottavio Grasso, ha sollevato la questione di legittimità della norma che tutela le vittime di sfregio permanente.

Invero, l’art.583-quinques C.P. prevede, al primo comma, per le lesioni personali arrecate dalle quali derivino la deformazione o uno sfregio permanente al viso, un pena edittale non inferiore a otto anni di reclusione, senza operare alcuna distinzione tra le due diverse tipologie di lesione.

Inoltre, la stessa norma, al secondo comma, prevede che, in caso di condanna del responsabile, venga disposta l’applicazione obbligatoria della pena accessoria della “interdizione perpetua” da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e alla amministrazione di sostegno”, senza alcuna possibilità di graduazione di tale sanzione.

Si legge, nella ampia ed articolata motivazione del provvedimento di rimessione degli atti alla Corte delle leggi che “l’inasprimento del trattamento sanzionatorio è stato indotto dalle tristi e allarmanti vicende di cronaca, caratterizzate dal ricorso nell’ambito della violenza di genere, alla pratica criminosa del c.d.“vitriolage”, meglio noto come acid attack (o acid throwing), consistente nell’aggressione della vittima mediante un getto di liquidi caustici (come acido solforico, nitrico o cloridrico) principalmente al volto, con l’intento di sfigurare o mutilare permanentemente la vittima, procurandole imponenti danni anatomo-funzionali in base alle capacità corrosive degli acidi, suscettibili di provocare irreversibili e gravissime lesioni alle mucose, ai tessuti, alla pelle, e danni quali cecità, ustioni e cicatrici, che determinano un vero e proprio deturpamento del corpo nei punti attinti e, nel caso del viso, quella che è stata definita come la c.d.”morte civile della persona offesa”, a causa dell’incontestabile pregiudizio esistenziale subito dalle vittime appartenenti al genere femminile”..

Secondo il Giudice Catanese, “lapparente inadeguatezza della fattispecie di lesione personale gravissima rivelata da recenti fenomeni di “vitriolage” sul territorio nazionale, rispetto a condotte ritenute abiette e ripugnanti dalla Comunità e come tali, meritevoli di punizioni esemplari, ha determinato l’introduzione, con la Legge del c.d.“Codice Rosso”, del reato sanzionato dall’art.583-quinquies del C.P., quale equa soluzione di compromesso tra le istanze di tutela delle vittime di condotte generalmente riconducibili alle dinamiche della violenza di genere ed un corretto inquadramento criminologico del fenomeno“.

Tuttavia, afferma il Magistrato, “il consistente innalzamento della pena edittale, accompagnato dalla previsione di pene accessorie fisse e da significative modifiche in tema di Ordinamento penitenziario, con l’inserimento del reato tra quelli di cui all’art.4-bis della legge 26 luglio 1975,n.354,appare non equilibrato rispetto al sistema e certamente non rispettoso del principio di eguaglianza di cui all’art.3 della nostra Costituzione, nella sua duplice articolazione dei criteri di proporzionalità e ragionevolezza“.

Pertanto, si può affermare, prosegue il G.I.P. Catanese, “che il forte inasprimento sanzionatorio stabilito nel 2019 dal Legislatore con il Codice Rosso, in relazione alle condotte violente causative di sfregi permanenti, abbia comportato manifeste disarmonie nel sotto-sistema normativo composto dalle disposizioni di cui agli articoli 582 e seguenti del C.P..

In particolare una disparità emerge dalle pene edittali previste dagli articoli 583, secondo comma,583-bis e 583-quinquies del C.P., in relazione a fatti caratterizzati da estrema offensività, come il causare lesioni gravissime sanzionate dall’art.583, secondo comma, mediante la previsione di un’aggravante ad effetto speciale per le pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, a titolo di autonoma fattispecie di reato, per cui é prevista la pena minima di 6 anni di reclusione, laddove per fatti di portata offensiva oggettivamente inferiore (sfregi permanenti non particolarmente gravi) per i quali é prevista un’autonoma fattispecie delittuosa, caratterizzata da una pena minima ingiustificata, superiore al sopra citato limite edittale, ossia 8 anni di reclusione“.

Si aggiunga che simili disparità, per il G.I.P. “non appaiono giustificabili alla luce di alcun razionale argomento, né può ritenersi che la necessità di combattere vigorosamente il fenomeno della violenza di genere, giustifichi irragionevoli diversità di trattamento sanzionatorio.

A tal proposito, è appena il caso di evidenziare che le due fattispecie di delitto previste dall’art.583-quinquies del codice penale sono applicabili anche a casi non inquadrabili quali ipotesi di gender-based violence, o comunque anche laddove la persona offesa non versi in condizioni di particolare vulnerabilità.

Parimenti, può ritenersi ben poco congruo che il vero e proprio «deturpamento» del volto di un individuo — fatto estremamente invalidante — sia punito con una sanzione minima esattamente pari a quella stabilita per gli sfregi di non particolare entità offensiva“.

Il danno cagionato alla Vittima emerge in tutta la sua gravità allorquando, ad es, a seguito delle lesioni inflitte, i segni di sutura sono particolarmente visibili;la guancia sinistra presenta un affossamento ben visibile in corrispondenza della cicatrice e tale traccia è decisamente appariscente in quanto collocata al centro del volto tra la mandibola e l’orbita, poiché il segno cagionato da una lama non potrà mai scomparire in modo completo.

In conclusione, il G.I.P. del Tribunale di Catania, richiamata la differenza, sul piano medico-legale tra lo sfregio e la deformazione, ha sollevato una questione di legittimità costituzionale della norma in questione in quanto:

-la cornice edittale prevista anche in riferimento alle ipotesi più lievi di causazione violenta di sfregi permanenti al volto appare considerevolmente ed irragionevolmente superiore a quella prevista per fattispecie del tutto omogenee, lesive del bene giuridico dell’integrità psicofisica, in contrasto con l’art. 3 della Costituzione;

-l’anzidetta cornice edittale appare irragionevolmente pari a quella prevista per la più grave ipotesi di deformazione del volto, prevista dal medesimo art. 583 –quinquies del codice penale;

-alla luce dei principi espressi in Corte costituzionale n. 40/2019, deve ritenersi che una cornice edittale estremamente alta quale quella prevista dall’art. 583-quinquies del codice penale sia intrinsecamente irragionevole, e ciò in quanto essa inevitabilmente comporta che i più lievi fra i fatti appartenenti alla classe di condotte penalmente rilevanti di «causazione violenta di sfregi permanenti al volto» siano puniti con pene che sarebbero idonee a punire fatti appartenenti alla medesima classe di condotte connotati da ben maggiore offensività .

-le irragionevoli disparità di trattamento de quibus appaiono lesive del principio di rieducazione del reo previsto dall’art. 27 Cost., posto che una pena sproporzionata appare inidonea a sortire validi effetti rieducatiivi.

E ancora.

Sempre in tema di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, anche il G.I.P.del Tribunale di Bergamo, Dott.ssa Alessia Solombrino, ha sollevato, con Ordinanza del 14 ottobre 2024,la questione di legittimità costituzionale della stessa norma, per violazione degli articoli 3 e 27,primo e terzo comma, della Costituzione, nella parte in cui essa punisce in maniera differente la condotta di lesioni dalla quale derivi uno sfregio permanente al viso ma privo di efficacia deformante, nonché nella parte in cui prevede l’automatica applicazione dell’interdizione in perpetuo del condannato da qualsiasi Ufficio sia in caso di condanna ovvero di applicazione della pena con patteggiamento ex art.444 CPP.

In subordine, il G.I.P.ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli articoli 3 e 27,primo e terzo comma, della Costituzione, della stessa norma nella parte in cui punisce, con la pena della reclusione «da otto a quattordici anni» invece che «da sei a dodici anni» la condotta che arrechi alla Vittima lesioni dalle quali derivi la deformazione ovvero uno sfregio permanente al viso, laddove i fatti non siano commessi dal coniuge, anche separato o divorziato o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, nonché nella parte in cui prevede l’automatica applicazione dell’interdizione in perpetuo da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all’amministrazione di sostegno, quando l’autore del reato sia persona diversa dal coniuge, anche separato o divorziato, o sia persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.

Per completezza di esposizione occorre ricordare che, in precedenza, anche il G.I.P. del Tribunale di Taranto, Dott. Francesco Maccagnano, era intervenuto sulla delicata questione con Ordinanza del 7 luglio 2023

Il Magistrato ha rilevato, nella motivazione della rimessione degli atti alla Corte Cost., che“in tema di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, reato introdotto dalla Legge 19 luglio 2019 n. 69), sussiste una questione di legittimità costituzionale dell’art.583-quinquies C.P., in relazio ne agli articoli 3 e 27 della Costituzione, nella parte sanzionatoria della norma.

Ad avviso del Giudice a quo, «la cornice edittale prevista anche in riferimento alle ipotesi più lievi di aver causato in maniera violenta di sfregi permanenti al volto appare considerevolmente ed irragionevolmente superiore a quella prevista per fattispecie del tutto omogenee, lesive del bene giuridico dell’integrità psicofisica», nonché«irragionevolmente pari a quella prevista per la più grave ipotesi di deformazione del volto, prevista dal medesimo art.583 -quinquies C.P..».

Deve ritenersi, in conseguenza, che un tale trattamento sanzionatorio differenziato “sia intrinsecamente irragionevole poiché inevitabilmente comporta che i più lievi fra i fatti appartenenti alla classe di condotte penalmente rilevanti di “causazione violenta di sfregi permanenti al volto”siano puniti con pene che sarebbero idonee a punire fatti appartenenti alla medesima classe di condotte connotati da ben maggiore offensività”.

La gravità di un fenomeno criminoso e l’allarme sociale destato da ripetute condotte criminose dagli effetti potenzialmente altamente lesivi – conclude l’Ordinanza –«non possono e non devono portare all’obliterazione dei fondamentali principi di garanzia previsti dalla Carta costituzionale”.

Una simile, quanto ovvia, considerazione non può che imporre al Giudice di sollevare la questione di costituzionalità innanzi delineata, nella piena convinzione che soltanto un diritto penale intimamente coerente, non connotato da inopinati eccessi sanzionatori (talora peraltro, in concreto inidonei a sortire effettivi e misurabili effetti general-preventivi o special-preventivi), possa svolgere in maniera adeguata la funzione orientativa, la funzione preventiva e la funzione rieducativa che gli sono proprie».

In definitiva, si tratta di ben tre Ordinanze emesse da Giudici diversi ma che avanzano le stesse doglianze nei confronti di una norma ritenuta infausta e che merita l’intervento della Corte delle Leggi ai fini della eccepita illegittimità.

Di contrario avviso risulta, invece, l’orientamento del G.U.P. di Parma, Dott. Agostini, contenuto nella sentenza del 7 dicembre 2021 n.786,con cui il Magistrato ha ritenuto l‘eccezione di incostituzionalità della norma in commento, sollevata dalla difesa dell’imputato, del tutto infondata per le ragioni di seguito indicate.

  • La discussa questione di legittimità dell’art. 583 quinquies c.p.

Invero, in passato, non sono mancate decisioni come quella del G.U.P. di Parma che hanno affermato la insussistenza della illegittimità costituzionale dell’art.583 quinquies C.P., sollevata dai difensori, per la eccepita violazione degli art. 3 e 27, co. 3, Cost., sotto i profili dell’aumento sanzionatorio introdotto dalla Legge del c.d. Codice Rosso, ma anche in relazione alla sanzione accessoria della interdizione perpetua con l’inserimento della fattispecie nel novero dei reati menzionati dal comma 1 quinquies dell’art.4 bis della legge n.354/1975.

A sostegno della prima questione ed in linea con quanto previsto dalla giurisprudenza costituzionale, a partire dalla sentenza n.236/2016 e confermato dalla sentenza n. 40/2019,é stata invocata, nelle eccezioni di legittimità, la violazione dell’art.3 Cost.

Le decisioni conseguenti sulla manifesta infondatezza della eccezione, pur tenendo conto delle critiche sollevate dalla Dottrina al dettato normativo dell’art.583 quinquies C.P., hanno affermato che la sanzione prevista dalla norma non appare viziata da irragionevolezza intrinseca per mancanza di proporzionalità rispetto alle condotte ad esso riconducibili.

Secondo tale orientamento, il Legislatore del Codice Rosso, nell’ambito della sua discrezionalità, ha non solo mutato la fattispecie aggravata nel reato autonomo di cui all’art. 583 quinquies C.P., ma ne ha incrementato anche i limiti edittali al fine di punire in modo più severo una condotta di particolare disvalore, come quella lesiva dell’estetica del volto della vittima in maniera irreparabile, che non lederebbe solo la sua integrità fisica ma andrebbe oltre, pregiudicando la sua personalità e la sua dignità come persona.

La condotta lesiva, dunque, finirebbe per incidere sull’immagine della vittima, poi ché essa rappresenta un veicolo essenziale nei rapporti interpersonali.

Con riferimento alla seconda questione, ad avviso del Giudici, il Legislatore del 2019 – sempre nella propria discrezionalità legislativa – ha introdotto un secondo comma alla norma in questione che dispone l’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio poiché connesso alla tutela dei soggetti deboli come nei casi della tutela, della curatela e amministrazione di sostegno, poiché sono incarichi di notevole delicatezza che possono essere conferiti solo a individui di comprovata serietà morale.

Inoltre, il carattere perpetuo della pena non apparirebbe incompatibile di per sé con l’art. 27 Cost. in quanto consentirebbe di isolare a tempo indeterminato i criminali che abbiano dimostrato una particolare pericolosità ed efferatezza, al pari di quanto avverrebbe per l’art. 609 nonies, n. 2, C.P. e in tutte le ipotesi di cui al combinato disposto di cui agli art.28,n.3, e 29 C.P.

Infine, con riferimento all’art.4 bis, co.1 quinquies, della Legge. n. 354/1975, deve ritenersi che tale normativa non sia suscettibile di trovare applicazione nel giudizio di merito ma solo nella fase della esecuzione e, pertanto, non apparirebbe illegittima sotto questo profilo anche secondo la Dottrina a commento (v.R.Girani, Codice rosso, una prima applicazione dell’art. 583 quinquies c.p, in Riv Diritto Penale, Ottobre 2022)

  • Lo sfrego permanente dopo il c.d. Codice Rosso

Fatta questa pur breve disamina della eccepita illegittimità della norma, vale la pe na di esamnare i riflessi della stessa dal punto di vista penale.

Invero, l’art.583 quinquies C.P., come ricordato, punisce con la reclusione da 8 a 14 anni chi cagiona ad alcuno una lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente al viso.

Invero, mentre il Codice Rocco annoverava tale ipotesi tra le circostanze aggravanti del delitto di lesioni personali, la Legge 19 luglio 2019 n. 69,a tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, nota come “Codice Rosso”, ha trasformato la deformazione e lo sfregio permanente al viso in un titolo autonomo di reato, con un proprio trattamento sanzionatorio.

Pertanto, secondo la Giurisprudenza prevalente, la lesione deve ritenersi permanente, ai, sensi della norma sanzionatoria, quando il responsabile provochi alla vittima un «turbamento irreversibile dell’armonia e delle linee del viso, interrotte dalle linee dei punti di sutura che le intersecano in orizzontale in modo innaturale (!!).

In linea con i citato orientamento, ai fini della valutazione del carattere permanente della lesione, appare irrilevante la possibilità di eliminazione o di attenuazione del danno fisiognomico attraverso il ricorso a trattamenti di chirurgia estetica.

Lo sfregio permanente va inteso, dunque, come un qualsiasi nocumento che non venga a determinare la più grave conseguenza della deformazione, ma che impor ta un turbamento irreversibile dell’armonia e dell’euritmia delle linee del viso.

In particolare, integra lo sfregio permanente qualsiasi segno idoneo ad alterare la fisionomia della persona, ancorché di dimensioni contenute, rispetto ai tratti naturali dei lineamenti, escludendone l’armonia con effetto sgradevole o di ilarità, an che se non di ripugnanza, compromettendo l’immagine della Vittima in senso estetico.

Rientrano nella nozione di deformazione, ad esempio, la mutilazione delle narici o la paresi facciale.

In conseguenza, la stessa giurisprudenza ritiene che, ai fini della graduazione della pena, occorra attribuire una sorta di progressiva lesività alla condotta illecita posta in essere dal responsabile, distinguendo lo sfregio permanente dalla deformazione che costituiscono le due ipotesi sanzionabili individuando la più grave di esse.

Infatti, già prima dell’introduzione del Codice Rosso, con riferimento all’aggravante della deformazione, la giurisprudenza prevalente aveva affermato che per deformazione si deve intendere“un’alterazione anatomica del viso, che ne alteri profonda mente la simmetria tanto da causarne uno sfiguramento ridicolizzante e sgradevole”.

Nella formulazione originaria del Codice penale, la deformazione e lo sfregio permanente del viso. erano punite entrambe ai sensi dell’art. 583, co.2, n.4 C.P. mentre, mentre con l’introduzione del Codice Rosso, il Legislatore ha introdotto una fattispecie autonoma di reato, come innanzi ricordato.

In conseguenza, la circostanza aggravante prima prevista è mutata, divenendo un’autonoma figura criminosa, che punisce con un aggravamento della pena edittale colui che cagiona ad alcuno una lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente al viso e prevede, con la modifica introdotta., un proprio trattamento sanzionatorio, costituito dall’applicazione di una pena principale e di una pena accessoria perpetua ed eventualmente di circostanze aggravanti (art.585, co.1 e art.576, co.1, n. 5 C.P.).

Inoltre, alla luce dei principi generali del diritto penale, la fattispecie viene sottratta al giudizio di bilanciamento, di cui all’art.69 C.P., con eventuali circostanze attenuanti, come accadeva in passato.

Infine, il reato in questione concorre con quello di lesioni allorquando le ulteriori ferite arrecate alla persona offesa riguardano zone del corpo diverse dal volto, ossia zone prive del peculiare disvalore tipico della fattispecie di cui all’art. 583 quinquies C.P.(v.per un approfondimento dello stesso Autore, Il Codice Rosso e le Vittime di sfregio permanente, su questa Rivista Marzo 2024)

  • L’orientamento della Cassazione

Sulla vexata quaestio, meritano particolare attenzione i chiarimenti forniti dalla Suprema Corte in una recente sentenza (v.Cassazione -sez. V pen.- sent. 22625 del 5-04-2023)

Secondo tale decisione, il reato di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, pur muovendo dall'intento legislativo di predisporre una più ampia tutela per le vittime di "violenza domestica o di genere", non ha inteso limitarle solo a tali soggetti, tanto che, per la lesione comportante uno sfregio permanente al viso, consapevolmente ha introdotto una nuova norma di tutela, per tale gravissima lesione, per chiunque ne fosse rimasto vittima.

La Corte ha, inoltre, precisato che:

1) la valutazione circa la sussistenza dell’aggravante dello sfregio permanente, inteso come turbamento irreversibile dell’armonia e dell’euritmia delle linee del viso, compete al giudice di merito, chiamato ad esprimere un giudizio che non richiede speciali competenze tecniche, perché ancorato al punto di vista di un osservatore comune, di gusto normale e di media sensibilità, e pertanto tale giudizio non risulta sindacabile in sede di legittimità( Cass Sez. V, n. 22685 del 02/03/2017).

2) ai fini della configurabilità dello sfregio permanente, che consiste nel turbamento irreversibile dell’armonia e dell’euritmia delle linee del viso, non rileva la possibilità di eliminazione o di attenuazione del danno fisionomico mediante speciali trattamenti di chirurgia facciale (Cass Sez. V, n. 23692 del 07/05/2021);

3) integra lo sfregio permanente qualsiasi nocumento che, senza determinare la più grave conseguenza della deformazione, comporti un’apprezzabile alterazione delle linee del volto che incida, sia pure in misura minima, sulla funzione estetico-fisiognomica dello stesso (Cass Sez. V, n. 27564 del 21/09/2020).

Orbene, a fronte di tale quadro, gli Ermellini hanno ritenuto che la decisione del Gìudice di merito, ove fondata sulla constatazioni della lesione nell’immediatezza e sulle fotografie del volto della persona offesa, risulta essere priva di manifesti vizi logici.

Anche la Corte ha affermato, sulla base di un pregresso orientamento, che, ai fini della configurabilità dello sfregio permanente, non rileva la possibilità di eliminazione o di attenuazione del danno fisiognomico mediante speciali trattamenti di chirurgia facciale e, pertanto, esso può ritenersi permanente allorché vi sia qualsiasi nocumento che, senza determinare la più grave conseguenza della deformazione, comporti un’apprezzabile alterazione delle linee del volto che incida, sia pure in misura minima, sulla funzione estetico - fisiognomica dello stesso.

Pertanto, la decisione della Cassazione va tenuta nella dovuta considerazione ogni volta che occorra verificare se uno sfregio possa considerarsi permanente, o meno e, comunque, merita rilievo proprio perché contribuisce a fare chiarezza sulla delicata materia sotto il profilo giurisprudenziale.

  • Conclusioni

Per concludere, sin dall’entrata in vigore dell’art. 583 quinquies C.P., sono stati sollevati dubbi sulla legittimità costituzionale della norma per quanto riguarda l’aumento sanzionatorio, per violazione dell’art.3 Cost., sulla base dei principi sanciti dalla Corte delle Leggi nelle sentenze nn. 236/2016 e 40/2019,richiamate nell’Ordinanza di rimessione del GIP di Catania.

In particolare, con la sentenza n.236/2016 la Corte ha abbandonato il tradizionale requisito del tertium comparationis, che fino a un recente passato condizionava l’ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale inerenti all’art. 3 Cost.

Sul tema del principio di proporzionalità sanzionatoria si è pronunciata in termini non dissimili la stessa Corte nella più recente sentenza n. 40/2019, in materia di traffico di sostanze stupefacenti .

In conseguenza, si ritiene che se, da un lato, la scelta dell’aumento sanzionatorio costituisca una decisione frutto dell’esercizio discrezionale del potere legislativo, essa incontra un limite nella Costituzione, in particolare nei principi di ragionevolezza e di proporzione, così come interpretati dalle richiamate sentenze.

Inoltre, con riferimento alla pena accessoria, se da un lato, risulta condivisibile affermare che l’interdizione perpetua del condannato da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e alla amministrazione di sostegno assolve il fine di allontanare il condannato dal bene giuridico che ha leso, dall’altro, può apparire non conforme alla Costituzione il carattere perpetuo della pena prevista.

Tale principio è confermato anche nella Relazione sulla “Legge 19 Luglio 2019, n. 69,pubblicata dalla Corte di cassazione (v, Ufficio del Massimario e del Ruolo, il 27 ottobre 2019), in cui si afferma che nel maggior rigore sanzionatorio, «deve altresì leggersi la disposizione in tema di pena accessoria, non senza rilevare che di recente la Corte costituzionale, con la sentenza n. 222 del 2018, ha formulato rilievi fortemente critici nei confronti delle pene accessorie perpetue».

La stessa Corte delle Leggi, ha affermato, con la sentenza n. 50/1980 che le pene fisse sono indiziate di essere in contrasto con i principi costituzionali sulla pena, salvo che sia accertata nel caso concreto la proporzione della pena fissa in relazione a tutte le ipotesi fattuali riconducibili alla norma incriminatrice e più di recente, con la citata sentenza n.222/2018, ha affermato che la pena accessoria fissa in egual misura per tutte le ipotesi si pone in contrasto con il principio di proporzione e con quello di rieducazione della pena.

Pertanto, benché il delitto di cui all’art. 583 quinquies C.P. consenta di punire condotte dotate di un diverso disvalore sociale (la deformazione e lo sfregio), dall’altro, la norma prevede una pena accessoria perpetua per tutte quelle ipotesi riconducibili al delitto in esame, ponendosi in contrasto con i principi costituzionali sopra esposti, in quanto si finisce per sottoporre alla stessa pena fatti dalla portata offensiva evidentemente diversi.

Infine, con riferimento all’ultima questione, ossia al comma 1 quinquies art. 4 bis l. n.354/1975,si può ritenere condivisibile l’opinione che la disposizione non possa trovare applicazione nel giudizio, ma solo nella fase di eventuale esecuzione della pena.

In conclusione, la Corte delle Leggi è chiamata a decidere se le questioni sollevate con le Ordinanze innanzi citate non sino manifestamente infondate, ex art. 23, l. n. 87/1953, motivando la scelta operata dal Legislatore del Codice Rosso, specie nell’interesse delle malcapitate Vittime di un crimine abbietto che non trova alcuna giustificazione.

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