Uso indebito della postepay e ripartizione dell’onere della prova

Uso indebito della postepay e ripartizione dell’onere della prova

Con l’ordinanza 26916/2020, pubblicata il 26 novembre 2020, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla ripartizione dell’onere della prova nei giudizi relativi all’accertamento della responsabilità contrattuale o di esercizio di attività pericolosa per l’uso indebito, da parte di ignoti, della postepay.

Lunedi 30 Novembre 2020

Con l’ordinanza 26916/2020, pubblicata il 26 novembre 2020, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla ripartizione dell’onere della prova nei giudizi relativi all’accertamento della responsabilità contrattuale o di esercizio di attività pericolosa per l’uso indebito, da parte di ignoti, della postepay.

IL CASO: La vicenda nasce dal giudizio promosso da un cliente nei confronti dell’erogatore dei servizi della postepay il quale chiedeva al Giudice di Pace di accertare e dichiarare la responsabilità contrattuale o l’esercizio di attività pericolosa del convenuto per l’utilizzo indebito, da parte di ignoti, della carta prepagata postepay.

La domanda attorea veniva accolta dal Giudice di Pace, mentre in sede di gravame interposto dall’ente erogatore, il Tribunale lo accoglieva e riformava la sentenza di primo grado.

Secondo il Tribunale, era onere dell’originario attore fornire la prova circa la propria diligente condotta di custodia della carta e dei codici per il suo utilizzo. Prova che non era stata fornita. Inoltre, secondo il giudice di merito, l’attore non aveva precisato le circostanze, quali il furto o lo smarrimento, in cui si sarebbe verificato l’illecito denunciato. L’ente erogatore, invece, a parere del giudicante, aveva prodotto la documentazione attestante la conformità del proprio circuito elettronico al regime tecnico temporalmente applicabile e nessuna contestazione era stata formulata dall’attore in merito al suddetto deposito.

Pertanto, quest’ultimo, rimasto soccombente, proponeva ricorso per Cassazione deducendo, fra l’altro, l’erroneità della decisione impugnata avendo il Tribunale ritenuto che era suo onere fornire la prova e la correttezza della sua condotta nell’utilizzare la carta e i relativi codici e di non aver contestato all’ente erogatore del servizio la mancata prova della riconducibilità all’attore delle operazioni in contestazione.

LA DECISIONE: Il motivo del ricorso è stato ritenuto fondato dalla Cassazione la quale, nell’accoglierlo con rinvio al Tribunale di provenienza, in diversa composizione, ha ribadito l’orientamento degli stessi giudici di legittimità secondo cui “in tema di responsabilità della banca, ovvero dell'erogatore del corrispondente servizio, in caso di operazioni effettuate a mezzo di strumenti elettronici, anche al fine di garantire la fiducia degli utenti nella sicurezza del sistema, è del tutto ragionevole ricondurre nell'area del rischio professionale del prestatore dei servizi di pagamento - prevedibile ed evitabile con appropriate misure destinate a verificare la riconducibilità delle operazioni alla volontà del cliente - la possibilità di un’utilizzazione dei codici di accesso al sistema da parte di terzi, non attribuibile a dolo del titolare o a comportamenti talmente incauti da non poter essere fronteggiati in anticipo”.

Di conseguenza “l’erogatore di servizi, cui è richiesta una diligenza di natura tecnica, da valutarsi con il parametro dell'accorto banchiere, è tenuto a fornire la prova della riconducibilità dell'operazione al cliente” (Cassazione, 3 febbraio 2017, n. 2950; Cassazione, 5 luglio 2019, n. 18045).

La responsabilità dell’ente erogatore viene meno, hanno concluso gli Ermellini, solo nel caso in cui ricorre una situazione di colpa grave dell’utente per esempio se quest’ultimo non comunica con celerità l’uso non autorizzato della carta, tenuto conto che la sollecita consultazione degli estratti gli avrebbe consentito di conoscere quell'uso in tempo più utile.

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