Udienza cartolare e mancato deposito di note: nel dubbio il giudice deve chiedere chiarimenti

Udienza cartolare e mancato deposito di note: nel dubbio il giudice deve chiedere chiarimenti

La Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 23565 del 3 settembre 2024 chiarisce se una nota generica depositata da una delle parti in causa che non contenga espressamente “istanze e conclusioni” sia idonea a realizzare la fictio della partecipazione all'udienza ex art. 127-ter cpc.

Mercoledi 18 Settembre 2024

Il caso:Tizio agiva nei confronti dell'Istituto Delta esponendo di essere stato assunto ripetutamente, dal febbraio 2005, a tempo determinato e quindi, dal 1.2.2010, a tempo indeterminato e lamentando che non fosse stato aperta in suo favore ed a spese dell'Istituto la polizza INA stipulata dall’ente a beneficio dei propri dipendenti fin dal 1963; il ricorrente chiedeva quindi in via giudiziale il riconoscimento del diritto all’accensione di tale polizza;

La domanda veniva rigettata dal Tribunale di Catania e Tizio proponeva appello; la Corte d’Appello di Catania disponeva la trattazione della causa nelle forme c.d. cartolari di cui all’art. 127-ter c.p.c. e la decideva con pronuncia di rigetto del gravame.

Tizio ricorre in Cassazione, deducendo che:

  • dopo la fissazione di udienza di discussione finale nelle forme c.d. cartolari e la concessione dei termini per il deposito delle “istanze e conclusioni” ai sensi dell’art. 127-ter c.p.c., co. 1 e 2 c.p.c., l'Istituto aveva depositato, poco prima dello spirare di tali termini una «nota di deposito»;

  • tale nota di deposito era così formulata: “si produce recente sentenza – integralmente favorevole alla posizione dell’Amministrazione – resa da Codesta Ecc.ma Corte in fattispecie similare”;

  • secondo il ricorrente per cassazione quell’atto non poteva considerarsi “nota scritta” ai sensi e per gli effetti dell’art. 127-ter c.p.c., aggiungendo che “invero, l’appellante, d’accordo con controparte, aveva deciso di abbandonare il giudizio”;

  • pertanto la Corte territoriale avrebbe violato le regole processuali proprie della trattazione c.d. cartolare, avendo fissato i termini per il deposito delle istanze e conclusioni per poi decidere nel merito la causa nonostante nessuna delle parti avesse depositato le corrispondenti note scritte, evenienza in ragione della quale, ai sensi del comma 4 del citato art. 127-ter c.p.c., il giudice avrebbe dovuto assegnare nuovo termine perentorio per il deposito di esse o fissare udienza;

Per la Suprema Corte la censura è fondata; sul punto evidenzia che:

a) l’art. 127-ter c.p.c., regolando la trattazione c.d. cartolare attraverso forme “in sostituzione dell’udienza”, ha previsto appunto che al posto dell’udienza le parti possano partecipare al processo mediante un atto scritto contenente «le sole istanze e conclusioni»; tale atto, nella fictio normativa, ha il valore di partecipazione a quell’udienza;

b) il tema del contendere è se una nota che non contiene espressamente “istanze e conclusioni”, come previsto dall’art. 127-ter c.p.c., sia idonea a realizzare la fictio impostata dalla norma: in proposito, non si può escludere che un atto privo di espresse “istanze e conclusioni” sia valutabile come ficta partecipazione all’udienza;

c) nel caso in esame, però, non può dirsi che l’accaduto sia assolutamente inequivoco, proprio perché tutto si riduce al mero deposito di una sentenza, non solo priva di qualsiasi espressa richiesta, neanche per relationem, ma senza alcun riferimento né all’udienza, né ai termini concessi per il deposito di “note e conclusioni”:

d) in presenza di una situazione dubbia del rito c.d. cartolare, non va avallato il procedere comunque sulla base di dati formali in qualunque modo interpretati, ma va dato corso a richiesta di chiarimenti, che poi altro non sono che l’espressione tangibile del contraddittorio, il quale va inteso «non solo come dibattito tra le parti, ma coinvolge anche il giudice nella sua posizione di interlocutore, espressione dell’esercizio pubblico dell’attività giudiziaria”

e) si deve pertanto ritenere che, nel caso concreto e stanti gli elementi di dubbio, quello fosse il percorso processuale da seguire, con richiesta di chiarimenti alle parti, attraverso fissazione di udienza destinata a quello specifico fine, in forme ancora cartolari o “fisiche”: in mancanza, ne deriva un vizio di nullità che, ponendosi in nesso causale diretto rispetto alla successiva definizione del grado di giudizio con la pronuncia di merito, comporta parimenti e per derivazione l’invalidità in rito della sentenza.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 23565 2024

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