Se nell'ambito di un giudizio una parte contesta la autenticità della data apposta su un testamento olografo, sorge il quesito su chi verta l'onere della prova; la questione è stata affrontata e decisa dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 22197/2017.
Il caso: Il Tribunale accoglieva in primo grado la la domanda di petizione di eredità proposta da Tizia nei confronti di Caia e dichiarava che la stessa era stata nominata erede di F.A. in forza di testamento olografo del 25/7/2000, pubblicato il 28.10.2003, di cui accertava l'autenticità, successivo ad altro testamento olografo, redatto dal medesimo de cuius il 10 novembre 1999 e pubblicato in data 1.9.2003.
La parte soccombente quindi veniva condannata alla restituzione dei beni ereditari dei quali era entrata in possesso in forza del testamento del 1999.
La Corte d'Appello, nel riformare la sentenza di primo grado, respingeva la domanda, in quanto la stessa “non aveva provato la data di redazione del testamento olografo che la nominava erede e dunque la posterità di testamento rispetto a quello redatto dal F. il 10 novembre 1999”; in particolare, l'attrice aveva dichiarato che:
- il testamento era stato redatto davanti a lei e senza la presenza di altre persone;
- di aver depositato il testamento in suo favore presso lo studio del notaio D. nell'estate dell'anno 2000, senza però produrre alcuna ricevuta o verbale di deposito, mentre la convenuta aveva prodotto una certificazione del Presidente del Consiglio notarile da cui risultava che il notaio D. era stato dispensato dall'ufficio per raggiunti limiti di età sin dal 19 luglio 1999.
Per la Corte territoriale l'attrice non aveva adempiuto all'onere sulla stessa gravante di provare di essere destinataria di un testamento con data successiva a quello con il quale era stato nominata erede la convenuta Caia.
Tizia propone ricorso per Cassazione, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 602, 680 e 2697 c.c in relazione all'art. 360 cpc , n. 3): la Corte d'Appello aveva errato nel ritenere che gravasse sulla ricorrente l'onere di provare la verità della data del testamento datato 24.7.2000 con il quale la ricorrente medesima era stata istituita erede dal de cuius.
Gli Ermellini ritengono fondata la doglianza e, dopo aver descritto caratteristiche e natura del testamento olografo, in punto di onere della prova osservano che:
da un lato la Corte territoriale ha ritenuto provata l'autenticità del testamento olografo del luglio 2000, in conformità a quanto accertato nella Ctu grafologica, per essere stata la scheda testamentaria interamente redatta e sottoscritta dal de cuius;
dall'altro lato, però, il giudice di appello ha affermato che la prova della verità della data del testamento, avendo ad oggetto uno dei fatti costitutivi del diritto vantato - cioè il possesso di un testamento autentico e posteriore a quello redatto in favore della controparte- gravava sull'odierna ricorrente, che aveva esercitato azione di petizione ereditaria;
per la Cassazione la suddetta conclusione non è condivisibile, in quanto appare contraria ai principi generali in materia di riparto dell'onere della prova: accertata l'autenticità del testamento, l'onere di provare la falsità o l'errore materiale dello stesso non può che gravare sulla parte che a tale pronuncia abbia un interesse giuridicamente rilevante a dedurla e farla valere in giudizio;
le Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato il principio per cui “la parte che contesti l'autenticità del testamento olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura e grava su di lui l'onere della relativa prova, sul presupposto che il testamento olografo sia un atto innegabilmente caratterizzato da una sua intrinseca forza dimostrativa”;
di conseguenza l'onere di dimostrare la "non verità" della data indicata dal de cuius nel testamento deve ritenersi posto a carico di colui che detta data contesti.
Esito: cassazione con rinvio.
Cassazione civile Sez. II, Ordinanza n. 22197 del 22/09/2017