Nell’ambito delle azioni di recupero crediti realizzate dai creditori di debitori, medio tempore, defunti, assumono particolare rilievo quei classici istituti quali: la rinuncia all’eredità, l’accettazione col beneficio di inventario e la rinunzia da parte del legittimario pretermesso all’azione di riduzione dell’eredità per come disposta dal de cuius.
Giovedi 27 Ottobre 2022 |
Meno conosciuta, probabilmente, è l’azione riconosciuta dall’art. 524 del codice civile al creditore, a tutela dei propri interessi, di farsi autorizzare ad accettare l’eredità in nome del rinunziante, naturalmente sino alla concorrenza dei propri crediti.
Certamente il principio di responsabilità patrimoniale trova maggiore respiro delle obbligazioni e dei contratti ma, come si dirà, non di minore importanza risulta essere il riscontro che il medesimo principio ha in materia successoria.
È, dunque, significativo prendere in esame una recente sentenza del Tribunale di Brescia, attraverso la quale è possibile considerare l’effettiva tutela dei creditori nell’ipotesi di rinuncia all’asse ereditario, con particolare attenzione alla differenza esistente tra l’ipotesi di rinuncia all’eredità da parte del chiamato e l’ipotesi di rinuncia all’azione di riduzione da parte del legittimario pretermesso dalla successione ereditaria in forza di testamento olografo (Tribunale Brescia, Sezione 3 civile Sentenza 26 gennaio 2018, n. 270)
Indice
Il caso in esame
Chiamato all’eredità e legittimario pretermesso: differenze
Rinuncia all’eredità: disciplina generale.
Rinuncia all’azione di riduzione da parte del legittimario pretermesso.
Tutela dei creditori: la decisione del Tribunale di Brescia (sentenza n. 270 del 26 gennaio 2018)
Sul caso esaminato.
Nel 2016 decedeva Tizia, la quale con testamento olografo nominava eredi universali i nipoti Caio e Sempronio escludendo, come è evidente, i diretti suoi discendenti ossia Caia e Sempronia, uniche figlie di Tizia e madri rispettivamente di Caio e Sempronio. Caia e Sempronia, legittimari alla eredità di Tizia, intendevano prestare acquiescenza alle disposizioni testamentarie, rinunciando all’azione di riduzione e ad ogni altra azione inerente il testamento olografo. Con atto di citazione notificato in data 01.03.2017 la società Alfa S.p.a., creditrice della Beta s.n.c. per un mutuo concesso nel 2007, conveniva in giudizio Caia, la quale al momento della concessione del mutuo, aveva prestato, insieme ad altri soci della Beta s.n.c., una fideiussione omnibus a garanzia del credito di Alfa S.p.a. Alfa S.p.A, nella sua qualità di creditore, chiedeva (ai sensi dell’art. 524 del codice civile) al Tribunale adìto di essere autorizzata ad accettare l’eredità di Tizia in nome e luogo della rinunziante Caia.
È necessario, innanzi tutto, rappresentare la differenza tra la qualità giuridica di chiamato all’eredità e quella di legittimario pretermesso. Ci si domanda poi se queste due figure possono rinunciare all’eredità e quali siano gli effetti conseguenti a tale determinazione. In conclusione, sarà opportuno inquadrare la differenza tra rinuncia all’eredità e rinuncia all’azione di riduzione (in conseguenza della acquiescenza alle disposizioni testamentarie del de cuius).
A questo punto si osserveranno gli strumenti di tutela a disposizione dei creditori sia nei confronti del chiamato all’eredità che rinuncia all’asse ereditario sia nei confronti del legittimario pretermesso che rinuncia all’azione di riduzione.
Chiamato all’eredità e legittimario pretermesso: differenze
L’articolo 456 del codice civile stabilisce che “la successione si apre al momento della morte nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto”. La successione, come è noto, è un procedimento formato da alcune fasi tra loro susseguenti e collegate (apertura della successione, vocazione, delazione e acquisto dell’eredità).La vocazione rappresenta la designazione, fatta per legge o per testamento, del soggetto o dei soggetti che dovranno succedere al de cuius, mentre la delazione è l’offerta al soggetto che succede (vocato) delle situazioni giuridiche attive e passive facenti capo al de cuius. Soven
te i due momenti coincidono, pur tuttavia esistere situazioni in cui la vocazione è immediata mentre la delazione è differita (si pensi al legittimario pretermesso che esperisce vittoriosamente l’azione di riduzione). Il delato, dunque, è il chiamato all’eredità ed ha una serie di poteri, tra cui quello di accettare o rinunciare all’eredità – a differenza del vocato che non ha ancora tale potere.
Particolare figura è quella del legittimario pretermesso. Il nostro ordinamento giuridico riconosce la categoria dei legittimari – coniuge, figli ed ascendenti ai sensi dell’articolo 536 del codice civile – i quali hanno diritto ad una quota del patrimonio ereditario (la cosiddetta “legittima” o “riserva”) della quale il de cuius non poteva disporre andandola ad escludere in loro danno.
Può accadere nella pratica, infatti, che il de cuius leda il diritto dei legittimari, conferendo, attraverso testamento, tutto il proprio patrimonio a taluni soggetti. In questo caso, le personalità individuate dal citato articolo 536 cel codice civile sono definiti “legittimari pretermessi”. I legittimari pretermessi non sono chiamato all’eredità in quanto costoro acquistano la qualità di chiamato all’eredità (con conseguente potere di accettare o rinunciare) solo dal momento della sentenza che accoglie la loro domanda di riduzione, andando così a revocare l’efficacia preclusiva delle disposizioni testamentarie lesive della loro quota di legittima, in sé non nulle né annullabili (Corte di Cassazione sentenza n. 368 del 13 gennaio 2010)
Rinuncia all’eredità: disciplina generale.
La rinuncia all’eredità è disciplinata dagli articoli 519 e seguenti del codice civile. Essa è un negozio giuridico unilaterale, avente ad oggetto il diritto di accettare l’eredità, diritto che sorge in modo automatico in favore del chiamato (delato) contestualmente all’apertura della successione. La rinuncia all’eredità deve essere fatta solennemente ossia con dichiarazione resa innanzi al notaio o al cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione: ogni altra forma utilizzata per rappresentare la volontà di rinunciare all’eredità comporta la nullità della rinuncia medesima e conseguentemente non è configurabile nel nostro ordinamento l’ipotesi di rinuncia tacita desumibile da comportamenti concludenti. Ai sensi dell’art. 520 del codice civile, altresì, la rinuncia all’eredità è nulla se condizionata, sottoposta o parziale: chi rinuncia all’eredità rinuncia per l’intero, non acquista la qualità di erede ed è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato. Possono rinunciare all’eredità solo i chiamati alla successione, ossia i soggetti designati per legge o per testamento che dovranno succedere al de cuius.
Rinuncia all’azione di riduzione da parte del legittimario pretermesso.
Il legittimario pretermesso non è chiamato all’eredità e, quindi, non ha il potere di rinunciarvi. Infatti, egli non è chiamato alla successione per il solo fatto della morte del de cuius (Corte di Cassazione sentenza n. 12632 del 9.12.1995; Corte di Cassazione sentenza n. 10775 del 3.12.1996), ma acquista tale qualità solo all’esito della sentenza che accoglie la sua domanda di riduzione (Corte di Cassazione sentenza n. 251 del 12.1.1999; Corte di Cassazione sentenza n. 19527 del 7.10.2005; Corte di Cassazione n. 13804 del 15.6.2006).
Come anticipato, la funzione dell’azione di riduzione consiste nel rendere inefficaci nei confronti del legittimario le disposizioni testamentarie e le donazioni lesive dei suoi diritti di legittima. È un’azione di accertamento costitutivo poiché accerta l’esistenza della lesione e da ciò deriva automaticamente la modificazione giuridica del contenuto del diritto del legittimario.
Ne consegue che la rinuncia all’eredità da parte del legittimario pretermesso è priva di ogni effetto, non essendovi alcuna quota ereditaria che resti non acquisita a seguito della rinuncia stessa, poiché a favore del legittimario pretermesso non sussiste alcuna delazione. In altre parole, il legittimario pretermesso non può legittimamente rinunziare a ciò che per auto-determinazione non è mai entrato nella propria sfera giuridica e, quindi, non dispone. Il legittimario pretermesso può, però, rinunciare a proporre azione di riduzione in danno dei delati che hanno accettato l’eredità, rinunziando, di tal guisa, alla possibilità di acquisire la qualità di chiamato.
Tutela dei creditori: la decisione del Tribunale di Brescia (sentenza n. 270 del 26 gennaio 2018)
L’articolo 524 del codice civile al primo comma dispone che “Se taluno rinunzia, benché senza frode, a un’eredità con danno dei suoi creditori, questi possono farsi autorizzare ad accettare l’eredità in nome e luogo del rinunziante, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti”.
La norma attribuisce al creditore del chiamato all’eredità il diritto di surrogarsi a quest’ultimo nell’esercizio del diritto ad accettare l’eredità. Si tratterebbe di una peculiare figura di azione surrogatoria che, in deroga al regime generale di cui all’articolo 2900 del codice civile, ha quale oggetto un diritto personale del debitore. Secondo la giurisprudenza, invece, l’azione esercitata dal creditore ai sensi dell’articolo 524 del codice civile - funzionale al medesimo creditore di essere autorizzato ad accettare l’eredità in nome del debitore rinunciante - ha una funzione strumentale per il soddisfacimento del credito, in quanto mira a rendere inopponibile al creditore la rinuncia e a consentirgli d’agire sul patrimonio ereditario; tale azione ha quindi natura recuperatoria, poiché permette al creditore di soddisfarsi sui beni ereditari che, per il chiamato all’eredità, si sono ormai perduti in conseguenza della sua rinuncia (Corte di Cassazione civile, sez. II, 29 luglio 2008, n. 20562).
Gli elementi costitutivi della fattispecie sono (i) la rinuncia del debitore alla eredità, (ii) la qualità di creditore del rinunciante e (iii) il danno per il creditore.
Diverso dire riguarda il legittimario pretermesso. Infatti, nel caso in esame, Caia ha dichiarato di prestare acquiescenza alle disposizioni testamentarie, rinunciando all’azione di riduzione ovvero ad ogni altra azione inerente al testamento olografo redatto dalla madre. Essa rinuncia all’azione di riduzione, non già all’eredità (né avrebbe potuto farlo mancando una delazione attuale).
La rinuncia all’eredità, precludendo l’acquisto dell’eredità in favore del chiamato, costituisce il necessario presupposto logico – giuridico per l’esperibilità dell’azione ex articolo 524 del codice civile, occorrendo che, per effetto di essa, si verifichi un pregiudizio dei diritti del creditore del rinunciante. È dunque evidente che, nel caso di specie, non può trovare applicazione analogica l’articolo 524 del codice civile, posto che la rinuncia da parte dell’erede e la rinuncia da parte del legittimario pretermesso non sono fattispecie simili tra loro ma radicalmente diverse, non potendo quest’ultimo essere qualificato come chiamato all’eredità.
In ogni modo, dinanzi alla rinuncia all’azione di riduzione, il creditore del legittimario pretermesso non è tuttavia sfornito di tutela: il creditore può surrogarsi nell’accettazione dell’eredità, in nome del suo debitore, se prima rende inefficace la rinuncia all’azione di riduzione realizzata dal debitore stesso, in qualità di legittimario totalmente pretermesso. La previa e vittoriosa impugnazione della rinuncia all’azione di riduzione, che elimina l’efficacia delle disposizioni testamentarie lesive dei diritti del legittimario pretermesso, consente poi al creditore di surrogarsi al chiamato all’eredità e accettare in nome e in luogo del predetto (Corte di Cassazione civile, sez. II, 22 febbraio 2016, n. 3389).
A fronte delle considerazioni di cui innanzi, Tribunale di Brescia ha inteso rigettare l’istanza della Alfa S.p.a. nell’essere autorizzata ad accettare (direttamente) l’eredità in luogo di Caia, essendo quest’ultima legittimaria totalmente pretermessa.