La condizione carceraria dei detenuti in Italia è stata oggetto in questi ultimi mesi di numerose valutazioni espresse sulle pagine della Rivista Ristretti, che tiene il conto dei suicidi avvenuti, senza che tale situazione generasse concrete proposte di Legge in Parlamento sulla base di un unanime consenso delle parti politiche.
Mercoledi 9 Luglio 2025 |
Accantonate le ipotesi di un aumento della liberazione anticipata per i detenuti più meritevoli, accantonata la concessione di un’amnistia per i reati più lievi che affollano, peraltro, le Aule di Giustizia, alle prese con l’avvio (in ritardo) della Giustizia Riparativa nella Esecuzione Penale, si è ritornati a considerare un ampliamento delle attuali strutture carcerarie e a diversificare la detenzione per i soggetti tossicodipendenti e mentalmente fragili, come possibile soluzione del problema del sovraffollamento.
Sulla base di questa situazione, va letto il Rapporto del Consiglio d’Europa sullo stato e le condizioni delle carceri e dei carcerati in Italia e sui servizi psichiatrici di diagnosi e cura (SPDC), come segnala R.Radi nella Rivista Terzultima Fermata (v Allegato in calce).
Invero, il Rapporto del Consiglio sulla prevenzione delle torture è impietoso e tratteggia un quadro di violenze e intimidazioni tra detenuti e un sovraffollamento in tutti gli Istituti di pena che arriva al 152% nel carcere di Monza.
Il Cpt, l’organo anti tortura del Consiglio d’Europa, nel Rapporto basato sulla visita condotta nel 2022,torna a domandare alle Autorità l’abolizione dell’isolamento diurno e il riesame della gestione dei detenuti sottoposti al regime del “41-bis”.
Il documento pubblicato chiede, inoltre, di migliorare le condizioni di vita dei detenuti e misure specifiche per le donne e i transessuali in prigione, oltre a sottolineare le carenze dei Servizi psichiatrici di diagnosi e cura e delle Residenze Socio-assistenziali.
Nel corso della visita condotta in Italia, la delegazione del CPT ha esaminato il trattamento e le condizioni di detenzione delle persone detenute in quattro istituti penitenziari.
Particolare attenzione è stata rivolta alle persone soggette a regimi restrittivi, all’impatto del sovraffollamento carcerario e alle restrizioni imposte nel contesto della pandemia da Covid-19,alla grave situazione delle donne/madri detenute e al trattamento delle persone affette da disturbi mentali.
La delegazione ha esaminato, inoltre, il trattamento dei pazienti ricoverati nei reparti psichiatrici di quattro ospedali civili (Servizi psichiatrici di diagnosi e cura o SPDC) e delle persone anziane, non autonome, residenti in due case di cura (Residenze sanitarie assistenziali o RSA).
Particolare attenzione è stata rivolta all’utilizzo di mezzi di contenzione e all’isolamento dei pazienti ricoverati di tali strutture.
La delegazione ha, inolre, rivolto la sua attenzione al trattamento delle persone private della libertà da parte delle Forze dell’Ordine.
In particolare, la maggioranza delle persone incontrate dalla delegazione, che erano state da poco private della libertà dagli agenti di diverse Forze dell’Ordine, ha affermato di essere stata trattata correttamente.
Tuttavia, la delegazione ha ricevuto una serie di denunce di maltrattamento fisico (tra cui un uso eccessivo della forza) da parte di appartenenti alle agenzie preposte all’applicazione della legge e in particolare da parte di agenti della Polizia di Stato e dei Carabinieri.
In conseguenza, secondo il Rapporto, le Autorità italiane dovrebbero assicurare che gli operatori della sicurezza siano formati correttamente e dispongano degli strumenti adeguati per eseguire gli arresti e fermi senza utilizzare maggiore forza di quella strettamente necessaria.
Inoltre, potrebbe essere considerata l’introduzione di videocamere indossabili da parte degli agenti.
Entrambe le raccomandazioni sono state, in effetti, oggetto del recente Decreto Sicurezza approvato dal Parlamento Italiano che ha previsto anche alcune tutele per gli Operatori.
Il CPT ha ribadito anche l’importanza di assicurare che tutte le persone private della libertà possano beneficiare delle garanzie giuridiche fondamentali contro il maltrattamento: il diritto a informare un familiare o una terza parte del proprio arresto o fermo, il diritto di accesso a un avvocato, il diritto di accesso a un medico e il diritto a essere informato di tali diritti in una lingua per le persone alloglotte, già introdotto con la Riforma Cartabia.
La delegazione ha, comunque, accertato che le condizioni di detenzione nelle camere di sicurezza visitate erano generalmente accettabili per brevi periodi di permanenza sebbene occorrerebbe assicurare che siano pulite ed avere un’illuminazione adeguata oltre a curarne le condizioni igieniche.
Diversa è la situazione per gli Istituti di Pena, afflitti dal sovraffollamento carcerario, che costituisce una preoccupazione rilevante per il CPT atteso che, al momento della visita, ammontava effettivamente al 114% della capacità ufficiale di 50.863 posti.
Sul punto, nel Rapporto si ribadisce che affrontare il problema del sovraffollamento richiede una strategia coerente più ampia, che copra sia l’ammissione in carcere sia il rilascio, per assicurare che la detenzione sia veramente la misura di ultima istanza.
La delegazione del CPT ha, anche, ricevuto, nel corso della visita, alcune denunce di maltrattamento di detenuti da parte del personale di Polizia penitenziaria in ciascuno degli Istituti visitati benché la vasta maggioranza degli addetti abbia affermato che il personale di sorveglianza ha tenuto un comportamento corretto nei loro confronti.
Tuttavia, nelle carceri visitate sono stati segnalati numerosi casi di violenza e intimidazioni tra i detenuti per i quali si ritiene che le Autorità istituiscano una strategia unnicoprensiva per prevenire la violenza e le intimidazioni tra i detenuti attraverso la promozione di un vero sistema di sorveglianza dinamica da parte del personale penitenziario. Secondo il Rapporto, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (DAP), a tale scopo, dovrebbe prendere delle misure per sviluppare un vero approccio di sicurezza dinamica che possa integrare gli aspetti positivi del regime a celle aperte per i detenuti di media sicurezza, migliorando il controllo e la sicurezza nei reparti e rendendo il lavoro degli Agenti penitenziari più appagante.
Nell’ambito di tale approccio, gli appartenenti al personale di sorveglianza dovrebbero divenire operatori integrati per la fornitura di attività propositive concepite per preparare i detenuti al reinserimento nella Comunità.
Questa strategia richiederà inoltre la presenza continua di personale di custodia all' interno delle sezioni detentive e consentirà loro di adottare un approccio di carattere maggiormente preventivo nell’affrontare episodi d’intimidazioni e violenza, una volta superati i problemi di carenza numerica attuale degli addetti.
Inoltre, in relazione alle misure restrittive e ai regimi di isolamento, il Rapporto segnala la necessità di una serie di interventi, tra cui: l’abolizione della misura di confinamento solitario imposto dal Tribunale ai sensi dell’Art.72 del Codice penale, meglio noto come “isolamento diurno“;il riesame della misura di segregazione secondo l’Art.32 del Regola mento di esecuzione dell’Ordinamento penitenziario per assicurare che le decisioni riguardanti la collocazione e il rinnovo della misura siano pienamente motivate, che sia in atto un ricorso a un organismo indipendente e che sia offerto un programma di attività personalizzate;il riesame della gestione dei detenuti sottoposti al regime “41-bis”, in linea con le raccomandazioni di lunga data del CPT, che il Comitato ritiene potrebbe essere raggiunto attraverso l’adozione di una Circolare di modifica del regime in questione emessa dal DAP.
In tema di condizioni materiali, il CPT raccomanda alle Autorità preposte di compiere sforzi maggiori in tutte le carceri visitate per assicurare che le celle contengano arredi e forniture adeguati, le finestre siano riparate, i radiatori funzionino, il problema della muffa pervasiva nelle docce comuni venga risolto e la fornitura di acqua calda sia migliorata.
Inoltre, è necessario assicurare a tutte le persone detenute in carcere condizioni di vita minime che garantiscano la loro dignità.
In conseguenza, ogni detenuto dovrebbe ricevere una regolare fornitura di prodotti di pulizia e igiene personale come anche biancheria da letto pulita e un cuscino ed, infine, che la qualità della fornitura di cibo nelle carceri venga migliorata.
Inoltre, secondo il documento, l’erogazione dei servizi sanitari nelle carceri visitate é apparsa molto buona, sebbene diverse raccomandazioni specifiche sono state formulate per migliorare la riservatezza delle visite mediche, la modalità in cui vengono eseguite le iniezioni di insulina nel carcere di Monza e la corretta registrazione delle lesioni corporali.
Analogamente, lo screening e il personale sanitario in ambito psichiatrico è risultato molto soddisfacente sebbene, secondo il Rapporto, le carceri non offrono un adeguato ambiente terapeutico e sistemare in carcere persone che richiedono un trattamento psichiatrico specialistico, come nel caso di pazienti delle REMS, non è appropriato e, pertanto, è impor tante fornire una formazione adeguata al personale penitenziario che opera in unità con persone affette da disturbi mentali, in particolare per quanto riguarda le competenze interpersonali.
Più specificamente, le persone poste sotto osservazione per un disturbo mentale dovrebbe ro essere sistemate nell’unità di salute mentale sotto la diretta supervisione del persona le sanitario mentre le persone considerate ad alto rischio di autolesione o suicidio dovrebbero essere sistemate in celle più sicure.
Inoltre, il personale penitenziario dovrebbe essere formato sull’utilizzo di pratiche basate su un approccio informato al tipo di traumi in modo da poter sostenere e gestire le donne con disturbi mentali e altri traumi.
Più in generale, le Autorità dovrebbero adottare misure concrete per sviluppare un approccio specifico di genere nei confronti delle donne detenute (!!) anche se il citato Decreto Sicurezza nulla afferma in proposito, al di là della necessità di ampliare il numero degli ICAMS sul Territorio che ospitano le detenute Madri. .
Inoltre, per quanto attiene ai detenuti transessuali, il CPT ha riscontrato l’assenza di una politica o linee guida chiare per la loro gestione e che le donne transessuali incontrate erano spesso sistemate in sezioni detentive in cui le loro esigenze specifiche non veniva no soddisfatte per cui sarebbe necessario intervenire sollecitamente per affrontare queste importanti lacune e le altre segnalate.
Infine, l’equità delle procedure disciplinari dovrebbe essere migliorata e le persone appena ammesse dovrebbero avere la possibilità di effettuare una breve chiamata a un familiare come parte della procedura di ammissione in carcere.
Negli SPDC visitati non sono state ricevute accuse credibili di maltrattamento fisico dei pazienti da parte del personale, nonostante siano stati segnalati alcuni sporadici episodi di offese verbali e commenti dispregiativi da parte di infermieri e collaboratori sanitari (operatori socio-sanitari o OSS).
I SPDC visitati offrivano condizioni di vita in generale soddisfacenti in termini di ambiente abitativo e livello di igiene.
Tuttavia, il Rapporto raccomanda inoltre alle autorità italiane di riflettere sulla possibilità di concepire camere singole nei SPDC di futura progettazione.
La delegazione del CPT non ha riscontrato segni di eccessivo ricorso a cure psicofarma cologiche negli SPDC visitati ma. ha constatato una carenza di attività riabilitative, ricrea tive e terapeutiche offerte ai pazienti, il che era in parte dovuto alle restrizioni di lunga data associate al Covid-19 che hanno limitato l’accesso di varie categorie di personale agli SPDC.
Inoltre, secondo il CPT, il trattamento dei pazienti ricoverati negli SPDC dovrebbe essere maggiormente articolato e diversificato avendo rilevato che nessuno degli SPDC visitati possedeva un cortile esterno e in linea di principio i pazienti avevano accesso all’apertp solo in terrazze protette nei rispettivi reparti.
Tuttavia, le conclusioni del CPT, per la visita effettuata nel 2022,indicano che i pazienti affetti da disturbi mentali in grave stato di agitazione venivano frequentemente sotto posti a contenzione meccanica per periodi di tempo che raggiungevano anche i nove giorni senza variazione del loro status giuridico (in termini di avvio di una procedura di trattamento sanitario obbligatorio o TSO).
Sebbene la misura di contenzione fisica fosse in linea di principio adeguatamente monitorata e registrata dal personale sanitario degli SPDC, il CPT ha espresso preoccu pazione per il quadro giuridico non chiaro che ne regola l’applicazione, nonché l’eccessiva durata e la natura ripetuta.
Il CPT ritiene che le autorità italiane debbano chiarire le tutele legali relative all’utilizzo di mezzi di contenzione in un SPDC e che debba essere avviata una procedura di TSO ogni volta che un paziente volontario viene contenuto, come ricorda la Drssa Claudia Trani in un recente articolo sull’argomento, pubblicato dalla Rivista Andreani a fronte di una recen te sentenza della Corte Costituzionale che da dichiarato illegittima la mancanza di un consenso esplicito del paziente sottoposto al trattamento sanitario obbligatorio.
Invero, sullo sresso punto Il Rapporto aveva giù sottolineato, in relazione alle tutele giuridiche concesse ai pazienti psichiatrici, con preoccupazione, come il percorso decisio nale per l’imposizione di un TSO conservasse una forma standardizzata e ripetitiva e che il Giudice tutelare non incontrasse mai il paziente di persona.
In definitiva, il Rapporto offre una visione prospettica del “dover fare” chiarezza sui punti essenziali, innanzi sinteticamente esposti, da parte delle Autorità senza con ciò voler inter ferire sulle decisioni Governative italiane sia pure suggerendo della possibili soluzioni.
Una testimonianza lapidaria della attuale situazione carceraria, emerge con chiarezza, dalla lettera che un gruppo di detenuti nel carcere “Nerio Fischione”di Brescia ha inviato al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Si legge nell’appello accorato rivolto al Capo dello Stato dai Ristretti:
“In quindici è pressoché impossibile permanere in piedi in cella, figuriamoci seduti tutti al piccolo tavolino per mangiare, quindi facciamo a turno.
Nei turni con noi, si accodano cimici, scarafaggi e altre bestiacce, che non ne vogliono sapere di rispettare la fila.
Pensandoci bene, però, più che mancanza d’intimità, non stiamo forse parlando di una vera e propria violenza? Violentati, intimamente, mentalmente, moralmente, proprio in linea con l’articolo 27 della Costituzione“.
Il Presidente ha risposto alla missiva affermando che: “Vi è un tema che sempre più richiede vera attenzione:quello della situazione nelle carceri.
Basta ricordare le decine di suicidi, in poco più dei sei mesi, quest’anno.
Condivido con voi una lettera che ho ricevuto da alcuni detenuti di un carcere di Brescia: la descrizione è straziante.
Condizioni angosciose agli occhi di chiunque abbia sensibilità e coscienza. Indecorose per un Paese civile, qual è, e deve essere, l’Italia.
Il carcere non può essere il luogo in cui si perde ogni speranza, non va trasformato in palestra criminale“.(!!)
Sono molti i pensieri indotti dalla lettera dei detenuti bresciani ma uno spicca su tutti gli altri (come sottolinea R. Radi, nella Rivista Terzultima Fermata, citata).
“La sensibilità sociale e politica che oggi sembra prevalere poggia su alcune certezze rocciose:noi, i liberi, siamo meglio di loro, i incarcerati; noi siamo brava gente, loro sono feccia;noi rispettiamo le regole e meritiamo la nostra libertà, loro le hanno violate e meritano di perdere la loro”.
Alcuni concetti condivisi da tutti coloro che esprimono una sensibilità sono i seguenti :
la finalità rieducativa della pena può essere assicurata solo se sono parimenti e prioritaria mente salvaguardate le sue componenti retributive e preventive generali e speciali; il rispetto di questa multidimensionalità della pena richiede che ne venga assicurata la certezza;allorché siano state inflitte pene detentive, vanno centellinate le misure lato sensu alternative in quanto in grado di attentare a quella certezza; l’amnistia e l’indulto, in quanto misure generali contrapposte frontalmente alla medesima certezza, vanno considerati come strumenti di un passato di cedimenti e debolezze istituzionali e definitivamente abbandonati.
La risultante oggettiva di questo pensiero complessivo è che l’attenzione legislativa attorno al carcere non è più, se mai lo è stata, focalizzata sui detenuti che vi scontano la loro pena o che vi attendono il giudizio, ma è, invece, irresistibilmente e ferocemente attratta dal simbolismo del luogo di pena per eccellenza in cui il detenuto costituisce un elemento trascurabile del paesaggio carcerario, così tanto da scolorare sullo sfondo.
L’unica cosa che conta è il messaggio da trasmettere attraverso quel paesaggio:
“il carcere è un luogo infame, deve esserlo e non può che esserlo perché ogni individuo sappia la sorte che gli spetta se diverge dal modello del buon cittadino”.
Pertanto, se.da un lato, vi sono i detenuti che scrivono e spiegano e attendono e sperano, dall’altro, vi é lo Stato che ha il dovere della loro custodia e lo assolve in modo da violare praticamente ognuno dei più importanti diritti umani dei ristretti ed, in primis, quello della salute sancito dall’art 32 della Costituzione.
Ne deriva che, da un lato, vi sono uomini e donne che non si fanno sopraffare dalla brutalità delle condizioni di vita carceraria che gli sono riservate e conservano cuore e lucidità per comporre un testo che richiama alla memoria “Se questo è un uomo” di Primo Levi, dall’altro, vi é uno Stato che gli riserva parole ingannevoli e indifferenza vera alla loro condizione umana.
E, in conseguenza, se, da un lato, vi sono esseri umani che, pur disponendo in abbondanza di stimoli per abbandonarsi alla violenza, scelgono le parole e la riflessione, dall’altro vi é uno Stato che li considera e li tratta come nemici pericolosi e non come esseri umani che hanno sbagliato (!!).
Come hanno affermato le Camere Penali, in maniera lapidaria, “Lasciare cadere nel vuoto il richiamo di Mattarella rappresenta una grave ferita alla nostra democrazia”.
L’emergenza carceri e la vergognosa condizione di sovraffollamento non possono di certo finire frettolosamente archiviate nella soffitta del dibattito politico.
Occorre un messaggio del Presidente al Parlamento, alle istituzioni, all’opinione pubblica ai sensi dell’art. 87 Cost.
L’ennesimo richiamo del Presidente ad affrontare immediatamente ed efficacemente l’emergenza carceri e la vergognosa condizione di sovraffollamento, non è il primo monito e potrebbe non essere l’ultimo, se non si provvede con serie misure a porre un argine alla pericolosa deriva umanitaria che sta attraversando il sistema penitenziario.
Il Parlamento non può certo far finta di nulla, così come il Governo e l’Amministrazione penitenziaria,
La politica non può volgere lo sguardo altrove, sperando così di scrollarsi di dosso il peso morale, giuridico e politico dello sfascio attuale, di allontanare da sé la responsabilità del non agire dinanzi a “la vera emergenza sociale dei suicidi” sulla quale, per usare le parole del Presidente della Repubblica, “occorre interrogarsi per porre fine immediatamente” alla inarrestabile scia di morte e non è possibile assistere indifferenti alla progressiva trasformazione dei “luoghi di detenzione in palestra per nuovi reati o di addestramento al crimine”, come dimostrano i recenti casi di aggressione violenta a un detenuto o le violen ze sessuali subite da diversi detenuti nelle Carceri.
Occorre invertire la rotta, nel rispetto della Costituzione, nell’interesse della intera comunità nazionale.
Occorre restituire la dignità calpestata nelle carceri, investire ed impegnarsi nel tratta mento e nelle attività di risocializzazione che vuol dire offrire, attraverso una possibilità di recupero a tutti i detenuti, una garanzia di sicurezza per i liberi cittadini.
Replicare con la indicazione della costruzione di nuove carceri, per la individuazione di comunità per tossicodipendenti o di strutture di accoglienza per le misure alternative, per l’espulsione irrisoria di detenuti stranieri, per l’aumento di psicologi e agenti, vuol dire allontanare ad un tempo indefinito le necessarie azioni di contrasto ai drammatici eventi che dalle carceri quotidianamente investono tutti noi.
Non rimane aktri che auspicare l’indirizzo, da parte del Presidente della Repubblica, di un formale messaggio alle Camere, ai sensi dell’art. 87 della Costituzione, che esprima il dovere di aggredire lo sfascio sociale e civile delle carceri; un monito alle istituzioni, alla opnione pubblica, una messa in mora al Parlamento finora troppo restio nell’assumersi le proprie responsabilità dinanzi ad una condizione che offende prima di ogni cosa la dignità della nostra democrazia.