Le sanzioni disciplinari di stato: provvedimenti conseguenti a violazioni della disciplina talmente gravi da non consentire, in via temporanea o definitiva, la prosecuzione del rapporto di impiego pubblico in quanto l’infrazione commessa lede l’interesse generale dell’Amministrazione militare o della collettività statuale.
Giovedi 13 Maggio 2021 |
Dai principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), nonché dalla previsione di cui all’art. 98 Cost. tesa a garantire che i dipendenti pubblici agiscano in modo imparziale e con il fine di perseguire l'interesse pubblico, discende l’obbligatorietà dell’azione disciplinare compiutamente giustificata nell’ambito dell’ordinamento militare.
Nello specifico, l’art. 1352, co. 2, del D.Lgs 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare, nel seguito C.o.m.), stabilisce che la violazione dei doveri gravanti sul militare comporta l’applicazione di sanzioni; l’art. 1398, comma 1, C.o.m. impone di avviare il procedimento disciplinare di corpo senza ritardo e il procedimento disciplinare di stato entro il termine di 90 giorni se origina da un giudizio penale o entro 60 giorni se trae origine da una grave infrazione disciplinare (art. 1392, commi 1 e 2, C.o.m.); l’art. 751, comma 1, n. 18, D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90 (Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare) prevede che costituisce comportamento censurabile con la consegna di rigore la “negligenza nel controllo sul comportamento disciplinare degli inferiori”; l’art. 1397, comma 7, C.o.m., infine, dispone che il Comandante di Corpo “è obbligato” a instaurare il procedimento disciplinare se l’infrazione è prevista tra i comportamenti punibili con la consegna di rigore.
La stessa norma, peraltro, pone l’obbligo di segnalare i fatti di possibile valenza disciplinare a carico di “ogni superiore”. L’elenco dettagliato delle sanzioni disciplinari di stato è contenuto nell’ art. 1357 del C.o.m. Tali provvedimenti sono conseguenti a quelle violazioni della disciplina talmente gravi da non consentire, in via temporanea o definitiva, la prosecuzione del rapporto di impiego pubblico in quanto l’infrazione commessa lede l’interesse generale dell’Amministrazione militare o della collettività statuale. La peculiarità della disciplina di stato si rinviene sia nelle procedure di accertamento, sia nella platea dei soggetti che possono essere attinti da tali sanzioni. Anche il personale in congedo, ove sussista un interesse rilevante dell’Amministrazione a perseguirlo, può essere, infatti, destinatario di una sanzione disciplinare di stato.
Le sanzioni disciplinari di stato sono: la sospensione disciplinare dall'impiego da uno a dodici mesi; la sospensione disciplinare dalle funzioni del grado da uno a dodici mesi; la cessazione dalla ferma o dalla rafferma per grave mancanza disciplinare o grave inadempienza ai doveri del militare; la perdita del grado per rimozione.
La sospensione disciplinare dall’impiego o dalle funzioni del grado è una misura conservativa che consiste nell’allontanamento temporaneo del militare dall’ufficio con il conseguente venir meno, per un tempo determinato, dell’obbligo di rendere la propria prestazione lavorativa. Può essere determinata da motivi penali, disciplinari o precauzionali (art. 885, comma 1, C.o.m).
La sospensione disciplinare dalle funzioni del grado, in particolare, impedisce al soggetto in congedo destinatario di tale sanzione, ogni manifestazione attinente al possesso del grado ivi compresa la possibilità di essere richiamato in servizio. Il principio di proporzionalità impone che l’infrazione disciplinare a seguito della quale sia comminata la sanzione della sospensione disciplinare dall’impiego o dalle funzioni del grado debba necessariamente essere meno grave di quella che comporta l’adozione di un provvedimento espulsivo definitivo. E’ bene precisare che il principio di proporzionalità consiste in un canone legale di raffronto che consente di rilevare macroscopici profili di abnorme distonia fra condotta e sanzione, escluso ogni controllo del merito dell'azione amministrativa. La gravità dell’infrazione, inoltre, influisce sulla durata della sanzione che dovrà essere determinata applicando il principio di gradualità. Da segnalare sul punto che “La valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all'applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l'evidente sproporzionalità e il travisamento. In particolare, le norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta all'Amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l'infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità.(ex multis T.A.R. Piemonte Torino, Sez. I, 14/07/2020, n. 469) Ai militari in servizio permanente ai quali è applicata la sospensione disciplinare dall’impiego (art. 875, comma 1, lett. c) 113, C.o.m. ) lo stipendio e gli altri assegni di carattere fisso e continuativo sono erogati nella misura della metà del trattamento economico previsto (art. 920, comma 1, C.o.m.); è applicata, inoltre, una detrazione di anzianità (art. 858, comma 1, lett. c), C.o.m.) e, ai fini pensionistici, viene computato per metà il tempo trascorso in sospensione (art. 920, comma 1, C.o.m.). Ai militari in congedo può applicarsi la sospensione disciplinare dalle funzioni del grado (art. 879, comma 1, lett. b)114, C.o.m.) che si risolve nella detrazione di anzianità (art. 858, comma 2, lett. c), C.o.m.). Per il personale in ferma o rafferma, invece, poichè sprovvisto di rapporto di impiego in quanto presta servizio attivo in relazione alla durata della ferma, è esclusa l’applicazione di tale sanzione. La sospensione disciplinare può essere adottata a seguito di inchiesta formale e non richiede il deferimento dell’inquisito ad una Commissione di Disciplina (art. 1379, comma 1, C.o.m.). Per il personale appartenente al ruolo Appuntati e Carabinieri la sospensione è adottata con decreto ministeriale o con determinazione del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri (art. 920, commi 2 e 3, C.o.m.). Anche il personale in aspettativa può subire tale sanzione e, in tal caso, viene trasferito nella posizione di sospensione dall’impiego. Non viene meno, durante il periodo di sospensione l’obbligo di osservare i doveri attinenti al giuramento prestato, al grado, alla tutela del segreto e al dovuto riserbo sulle questioni militari. Il provvedimento di sospensione ha validità dalla data in cui è stato emesso ed acquista efficacia, anche ai fini della decorrenza del termine per l’impugnativa, dalla data di conoscenza certa e documentata da parte dell’interessato.
Poiché si tratta di un atto definitivo, il provvedimento di sospensione può essere impugnato con ricorso giurisdizionale al TAR o, alternativamente, con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.
La cessazione dalla ferma o dalla rafferma è una sanzione di carattere espulsivo a seguito della quale viene risolto ante tempus il rapporto di servizio. Ai sensi dell’art. 1357 C.o.m. tale sanzione si applica in ipotesi di “grave mancanza disciplinare” nonché di “grave inadempienza ai doveri del militare”. È applicabile esclusivamente al personale militare in servizio volontario temporaneo: Ufficiali ausiliari (art. 938, lett. b), n. 2, C.o.m.); Sottufficiali (art.946 C.o.m.); Appuntati e Carabinieri e ruolo Ispettori dell’Arma dei Carabinieri (art. 951 C.o.m.); Volontari in ferma prefissata (artt. 956 e 957, comma 1, lett. e), C.o.m.). La sanzione è adottata a seguito di inchiesta formale e deferimento alla Commissione di Disciplina. Per gli appartenenti al ruolo Ispettori e al ruolo Appuntati e Carabinieri è adottata con decreto ministeriale (o con determinazione del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri). Il provvedimento di sospensione ha validità dalla data in cui è stato emesso ed acquista efficacia, anche ai fini della decorrenza del termine per l’impugnativa, dalla data di conoscenza certa e documentata da parte dell’interessato. Poiché si tratta, anche in questa fattispecie, di un atto definitivo, il provvedimento di sospensione può essere impugnato con ricorso giurisdizionale al TAR o, alternativamente, con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Il Militare cessato dalla ferma o dalla rafferma è collocato nella riserva di complemento, se Ufficiale (art. 942 C.o.m.); nella categoria dei Sottufficiali di complemento, se Sottufficiale (art. 947, comma 1, C.o.m.) o appartenente al ruolo Ispettori dell’Arma dei Carabinieri (art. 951, comma 2, C.o.m.); in congedo illimitato, se Appuntato o Carabiniere (art. 952, comma 1, C.o.m.) ovvero Volontario in ferma prefissata (art. 956, lett. b), C.o.m.).
La perdita del grado per rimozione è una “sanzione disciplinare di stato, adottata a seguito di apposito giudizio disciplinare” (art. 865 C.o.m.). Ferma restando l’ampia discrezionalità concessa all’Autorità competente a valutare le condotte sanzionabili, il militare attinto da tale provvedimento deve aver tenuto un comportamento di gravità tale sia da non consentire la prosecuzione del rapporto di impiego che da rivelarsi incompatibile con il ruolo rivestito. La gravità della condotta sanzionata deve essere parametrata all’esigenza dell’Amministrazione di non veder compromessa la propria funzionalità da parte di chi non possa più garantire correttezza e lealtà del proprio agire o che abbia leso l’immagine e il decoro dell’ente di appartenenza.
Il provvedimento può essere adottato nei confronti del personale in servizio attivo come pure nei confronti del personale in congedo se sussiste un interesse giuridicamente qualificato dell’Amministrazione. Il militare punito, a qualsiasi grado o categoria appartenga, scende nella posizione di militare di truppa senza alcun grado pur conservando lo status di militare. I militari in servizio permanente vengono collocati in congedo con diritto a pensione solo se hanno maturato i requisiti previsti dalla normativa pensionistica; i militari in servizio temporaneo cessano dalla ferma o dalla rafferma. Il provvedimento è adottato a seguito di inchiesta formale e deferimento alla Commissione di Disciplina. Per gli appartenenti al ruolo Appuntati e Carabinieri è adottata con decreto ministeriale, se in servizio, o con determinazione del Comandante Generale, se in congedo). Trattandosi di atto definitivo, è ammesso ricorso giurisdizionale al Tribunale Amministrativo Regionale o, alternativamente, ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.
I termini del procedimento disciplinare di stato
Il procedimento disciplinare di stato è scandito da termini perentori sia per la contestazione degli addebiti che per la conclusione del procedimento stesso. Il superamento di tali termini comporta la decadenza dall’esercizio dell’azione disciplinare. Il procedimento si estingue anche ove siano decorsi “90 giorni dall’ultimo atto di procedura”, senza che nessuna ulteriore attività sia stata compiuta (art. 1392, comma 4, C.o.m.).
A seconda che il procedimento disciplinare di stato derivi dalla commissione di una grave infrazione o sia attivato a seguito di giudizio penale il C.o.m. prevede una disciplina dei termini diversificata. Nel primo caso gli accertamenti preliminari da parte dell’autorità competente devo essere effettuati nei 180 giorni successivi alla data di conoscenza del fatto e concludersi con una relazione dell’autorità che ha eseguito tali accertamenti. La contestazione degli addebiti deve avvenire entro 60 (sessanta) giorni dalla conclusione degli accertamenti preliminari. Se, invece, il procedimento disciplinare di stato deriva da un procedimento penale, la formale contestazione degli addebiti deve avvenire entro 90 (novanta) giorni dalla data in cui l’Amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza irrevocabile, del decreto penale di condanna esecutivo o del provvedimento di archiviazione depositato. La ratio della fissazione del termine decadenziale è chiaramente costituita dall’interesse dell’incolpato ad evitare di essere sottoposto sine die al possibile avvio di un procedimento disciplinare. Nel caso in cui l’Amministrazione ritardi nell’acquisizione della sentenza in forma integrale, lo stesso incolpato ha facoltà di notificare il provvedimento all’amministrazione in modo che il termine decadenziale possa cominciare a decorrere. Tale facoltà costituisce possibilità consentita al dipendente al fine di ottenere comunque una sollecita instaurazione e definizione della vicenda disciplinare. Il procedimento disciplinare si estingue una volta decorsi 90 (novanta) giorni dall’ultimo atto di procedura senza che nessuna ulteriore attività sia stata compiuta e deve concludersi entro 270 (duecentosettanta) giorni dalla conoscenza della sentenza o del decreto penale, divenuti irrevocabili, ovvero del provvedimento di archiviazione.
L’inchiesta formale L’inchiesta formale (contestazione degli addebiti) è l’istruttoria finalizzata a raccogliere tutti gli elementi necessari ad accertare le circostanze in relazione alle quali la mancanza disciplinare può comportare l’applicazione di una sanzione di stato. Segna l’inizio del procedimento. Ai sensi dell’art. 1377 C.o.m., “il Ministro della difesa può, in ogni caso e nei confronti di qualsiasi militare, ordinare direttamente una inchiesta formale. Il Ministro della difesa può sempre disporre, all’esito dell’inchiesta formale, il deferimento del militare a una commissione di disciplina.” Ciò posto, il successivo art. 1378 C.o.m. dispone che la decisione di sottoporre un militare a inchiesta formale è ripartita nel seguente modo e spetta: a) al Ministro della difesa se si tratti di: 1) ufficiali generali o colonnelli o gradi corrispondenti; 2) ufficiali o sottufficiali assegnati a enti, comandi e reparti di altra Forza armata; 3) militari corresponsabili appartenenti alla stessa Forza armata, ma dipendenti da autorità diverse; 4) militari corresponsabili appartenenti a Forze armate diverse, anche quando ricorre l’ipotesi di connessione tra i fatti a loro ascritti; b) al Capo di stato maggiore della difesa, nell'area di competenza, nei confronti del personale militare dipendente; c) al Segretario generale della difesa, se militare, nei confronti del personale militare dipendente dell’area tecnico-amministrativa e tecnico-industriale; d) ai Capi di stato maggiore, sul personale militare in servizio presso reparti e uffici dei rispettivi stati maggiori e organismi centrali di Forza armata;1501 e) al Comandante generale dell’Arma dei carabinieri: 1) per gli ufficiali dell’Arma dei carabinieri; 2) per gli altri militari dell’Arma, se non provvedono le autorità di cui alle lettere h) e i); f) ai rispettivi comandanti di Forza armata, di livello gerarchico pari a generale di corpo d'armata o gradi corrispondenti, per gli ufficiali, i sottufficiali e i volontari in servizio dell'Esercito italiano e dell'Aeronautica militare, nonché agli alti comandanti della Marina militare, per gli ufficiali, i sottufficiali e i volontari in servizio della Marina militare; ai comandanti territoriali di livello gerarchico pari a generale di corpo d'armata e gradi corrispondenti competenti in ragione del luogo di residenza dell'interessato se in congedo;1502 g) al comandante militare competente a provvedere per il sottufficiale o per il militare di truppa più elevato in grado o più anziano, se vi è corresponsabilità tra sottufficiali o i militari di truppa della stessa Forza armata dipendenti da comandanti militari diversi o residenti in territori di competenza di diversi comandanti militari territoriali, tra quelli sopra considerati;1503 h) ai rispettivi comandanti di vertice, di livello gerarchico pari a generale di corpo d’armata, per gli ispettori e i sovrintendenti dell’Arma dei carabinieri in servizio, o in caso diverso o in mancanza di tale dipendenza, ai comandanti territoriali di livello gerarchico pari a generale di corpo d’armata competenti in ragione del luogo di residenza dell’interessato; i) ai rispettivi comandanti di corpo per gli appuntati e carabinieri in servizio, o in caso diverso o in mancanza di tale dipendenza, al comandante territoriale di corpo competente in ragione del luogo di residenza dell’interessato. In caso di corresponsabilità tra più appuntati e carabinieri provvede il comandante di corpo del più elevato in grado o del più anziano. In caso di corresponsabilità con militari di altre Forze armate si provvede ai sensi della lettera g)”.
L’Autorità che intende avviare un’inchiesta formale deve nominare un Ufficiale inquirente (di grado adeguato rispetto a quello dell’incolpato) al quale, con apposito ordine scritto, viene affidata l’inchiesta. La comunicazione della nomina a Ufficiale inquirente deve essere trasmessa al militare designato difensore d’ufficio e ai Comandi di appartenenza dell’inquisito, dell’inquirente e del militare designato difensore d’ufficio. Restando sempre valido il principio in base al quale “Nessuna sanzione disciplinare può essere inflitta senza contestazione degli addebiti e senza aver acquisito e vagliato le giustificazioni proposte dal militare” (art. 1370, primo comma, C.o.m.), una volta avviata l’inchiesta formale devono essere contestati all’inquisito i singoli fatti posti a base dell’infrazione disciplinare (o delle infrazioni) in ipotesi commessa che devono esplicitare i comportamenti ritenuti disciplinarmente rilevanti in quanto lesivi del prestigio dell’Istituzione e non consoni alla dignità del grado rivestito e/o ai doveri propri dello status di militare. In tutte le fasi del procedimento l’inquisito deve essere assistito da un difensore da lui scelto fra militari in servizio, anche non appartenenti al medesimo ente o Forza armata nella quale egli presta servizio o, in mancanza, designato d’ufficio. La recente riforma dell’art. 1370 apportata con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 173 (disposizioni in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate, ai sensi dell’articolo 1, commi 2, lettera a), 3, 4 e 5, della legge 1° dicembre 2018, n. 132) ha introdotto la possibilità per il militare inquisito in un procedimento disciplinari di stato, di farsi assistere, a sue spese, anche da un avvocato del libero foro in aggiunta al difensore già previsto dal codice. Tale innovazione rafforza le garanzie costituzionali in procedimenti particolarmente incisivi rispetto al futuro lavorativo del militare. Resta salva la possibilità per l’inquisito di rinunciare in qualsiasi momento del procedimento disciplinare ad essere assistito da un difensore rilasciando una espressa dichiarazione che dovrà essere assunta agli atti. Inquisito e difensore devono prendere cognizione ed acquisire gli atti raccolti nel fascicolo del procedimento. L’inquisito, entro 10 giorni dalla presa visione degli atti, potrà presentare giustificazioni e documenti, chiedere la produzione di atti o fare istanza per indagini o per l’esame di persone, indicando i punti sui quali desidera investigazioni o testimonianze. Terminata l’istruttoria l’Ufficiale inquirente compila una relazione riepilogativa di tutta l’inchiesta formale ed invita l’inquisito e il difensore a presentare le proprie deduzioni finali dopo aver preso visione degli atti e della “relazione riepilogativa”. Con la relazione finale l’Ufficiale inquirente attesta se a suo giudizio l’addebito sia fondato, parzialmente fondato o non fondato, esplicitandone i motivi senza formulare pareri o proposte in ordine alla definizione della posizione disciplinare dell’inquisito. Tale relazione deve essere quindi inviata completa di tutti gli atti del procedimento all’Autorità che ha disposto l’inchiesta. Al personale militare in servizio le comunicazioni relative al procedimento disciplinare devono essere effettuate, per iscritto, direttamente dall’inquirente anche con il concorso del Comandante di Corpo del militare. Qualora la consegna personale non sia possibile, le comunicazioni devono essere inviate mediante raccomandata con ricevuta di ritorno all’indirizzo di residenza anagrafica o al domicilio eletto dall’interessato. Il mancato ritiro della raccomandata da parte del destinatario, o il rifiuto di ricevere la stessa non interrompe la decorrenza del termine per l’esercizio del diritto di difesa. Si dà, infatti, per avvenuta la conoscenza da parte dell’interessato delle comunicazioni inviate a mezzo raccomandata rifiutata o non ritirata nei termini. Al personale in congedo o assente dal servizio le comunicazioni devono essere inviate a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno all’indirizzo risultante dalla residenza anagrafica o al domicilio eletto dall’interessato, o devono essere effettuate a mano a mezzo degli Organi di polizia giudiziaria militare. È nelle facoltà dell’Ufficiale inquirente, ove i termini lo consentano e sussista la necessità di chiarire ulteriori aspetti della vicenda, prevedere nuovi accertamenti. L’inquirente può accogliere la richiesta di testimonianze che dovranno essere acquisite o dallo stesso Ufficiale inquirente, se i testimoni sono militari in servizio, o dall’inquisito se si tratta di persone estranee all’Amministrazione. In tal caso l’inquisito dovrà produrre una dichiarazione scritta rilasciata dal testimone. La sottoscrizione da parte del testimone, ove non avvenga davanti all’inquirente, dovrà essere autenticata. La mancata adesione dell’inquirente alla richiesta di nuovi accertamenti, di deposizioni testimoniali, di sospensione dell’inchiesta, deve essere motivata e, in tali ipotesi, deve essere fissato un nuovo termine per la proposizione di ulteriori deduzioni difensive da parte dell’inquisito. La “relazione finale” dell’ufficiale inquirente costituisce l’atto terminale dell’inchiesta formale che deve essere trasmesso all’Autorità che ha disposto l’inchiesta senza alcuna proposta in merito alla definizione del procedimento disciplinare. Ricevuta la relazione finale, l’Autorità che ha ordinato l’inchiesta formale può proporre di definire la posizione dell’inquisito “senza sanzioni di stato”, oppure “senza sanzioni di stato, ma con l’invio degli atti al Comandante di Corpo per le valutazioni di competenza”. Se l’inquisito è passibile della sanzione della “sospensione disciplinare dall’impiego” (o dalle funzioni del grado) l’Autorità ne fa proposta alla Direzione Generale per il Personale Militare che può adottare la “sospensione disciplinare dall’impiego” (o dalle funzioni del grado), oppure deferire l’inquisito al giudizio di una Commissione di Disciplina o, in alternativa, inviare gli atti al Comandante di Corpo per le valutazioni di competenza; Se l’inquisito è ritenuto passibile della “perdita del grado per rimozione” o della “cessazione dalla ferma o dalla rafferma”, l’Autorità che ha ordinato l’inchiesta dispone il deferimento al giudizio di una Commissione di Disciplina.
La Commissione di Disciplina è convocata, quindi, solo se l’Autorità che promuove l’azione disciplinare ritiene l’inquisito passibile delle sanzioni della “perdita del grado per rimozione” o della “cessazione dalla ferma o dalla rafferma”. La Commissione è un organo collegiale formato di volta in volta per ogni singolo procedimento disciplinare di stato, in base al grado del giudicando, al fine di garantire una ulteriore valutazione delle ragioni che possano determinare l’adozione di un provvedimento espulsivo temporaneo o definitivo. La convocazione della Commissione, unita al fatto che viene data una ulteriore possibilità all’inquisito di difendersi dagli addebiti, costituisce una ulteriore garanzia per il militare poiché l’Autorità Ministeriale competente dovrà motivare il provvedimento finale anche in base al giudizio espresso dal Collegio. Compete al Presidente della Commissione di Disciplina fissare giorno, ora e luogo della riunione del Collegio dandone comunicazione ai membri, al difensore e al giudicando. La data della riunione deve essere comunicata all’inquisito almeno 20 (venti) giorni prima, con l’avvertenza che egli ha facoltà di intervenirvi, con l’assistenza del difensore, per svolgere oralmente le proprie difese e di far pervenire scritti e/o memorie al Presidente della Commissione almeno 5 (cinque) giorni prima della seduta. Se il giudicando non si presenta, e non certifica un legittimo impedimento, la riunione comunque viene tenuta in sua assenza. È da precisare che il giudicando può chiedere il differimento dell’iter disciplinare solo ove sussista un legittimo impedimento che, se determinato da ragioni di salute, deve consistere in una infermità certificata tale da rendere impossibile la partecipazione al procedimento disciplinare. In caso di accertato legittimo impedimento il Presidente della Commissione di Disciplina informa l’Autorità Militare che ha disposto il deferimento che può disporre la sospensione dei termini del procedimento fino alla riacquisita idoneità dell’inquisito.
Il giudicando ha il diritto di ricusare, con formale atto scritto non motivato (art. 1386 C.o.m.), per una sola volta, uno o due componenti della Commissione di Disciplina, con istanza da presentarsi entro il termine tassativo di due giorni dalla data in cui ha ricevuto la comunicazione della convocazione della Commissione di Disciplina. La ricusazione di un componente sospende la decorrenza del termine fino alla notifica al giudicando della nomina del sostituto. Il giudicando ha, altresì, diritto di farsi assistere da un Ufficiale difensore e da un avvocato del libero foro a proprie spese; di produrre memorie scritte e documenti; di chiedere la lettura degli atti di inchiesta che ritiene rilevanti; di esibire una memoria difensiva precedentemente redatta producendo anche nuovi documenti; di fornire chiarimenti, esponendo, anche a mezzo del difensore, le proprie difese. Se la Commissione non può esprimere il proprio giudizio nella prima seduta giornaliera, il Presidente dispone un rinvio. Una volta chiusa la discussione la Commissione deve deliberare nella seduta senza possibilità di altre sospensioni o rinvii, esprimendo il giudizio relativo al giudicando. Il giudizio del Collegio è espresso a maggioranza assoluta e non è motivato. L’esito della votazione non viene comunicato al giudicando. Il giudizio è un atto interno al procedimento disciplinare, non vincolante per l’Autorità titolare della potestà sanzionatoria, né determinante ai fini dell’adozione della “perdita del grado per rimozione” (o della “cessazione dalla ferma/rafferma”). Non potrà essere impugnato, quindi, se non unitamente al provvedimento finale. Il Ministro della Difesa, ricevuti gli atti del procedimento può concordare con il giudizio espresso dalla Commissione di Disciplina o dissentire sia in senso favorevole al Militare che in senso a quest’ultimo sfavorevole. In tal caso, ove contrariamente al giudizio espresso dalla Commissione il Ministro ritenga opportuno adottare la sanzione della “perdita del grado per rimozione” o della “cessazione dalla ferma o dalla rafferma”, ordina, per una sola volta, la convocazione di una diversa Commissione di Disciplina che dovrà concludere il procedimento nel termine perentorio di 60 giorni non ricompreso in quello complessivo dei 270 giorni per la conclusione del procedimento disciplinare di stato.
Concludendo, come agevolmente intuibile, l’irrogazione di una sanzione disciplinare di stato coinvolge interessi assai rilevanti andando ad incidere direttamente sull’impiego del militare con provvedimenti anche risolutivi del rapporto di lavoro. Prova ne è la complessità del procedimento disciplinare di stato e la particolare attenzione che il legislatore ha riservato a tali procedimenti al fine di massimizzare le garanzie poste a tutela del militare inquisito. Non ultima, nell’ambito di tali garanzie, la possibilità di avvalersi del patrocinio di un avvocato del libero foro che, affiancando il difensore scelto all’interno dell’amministrazione militare, possa garantire una difesa tecnica di adeguato livello professionale. Non deve essere sottovalutata, pertanto, l’importanza di una valutazione approfondita del caso nell’immediatezza della contestazione allorquando possono essere valutati aspetti procedurali che, anche a prescindere dalle mere circostanze di fatto, possono condizionare in modo significativo l’esito dell’intero procedimento. Non di poco momento, infine, la necessità di una appropriata valutazione, all’esito del procedimento, dell’opportunità o meno di impugnare la sanzione e, soprattutto di adire le sedi giudiziarie competenti nel pieno rispetto dei tempi previsti dal nostro ordinamento.