Il ruolo dell’indagine investigativa della compagnia assicurativa nell’accertamento del reato di frode

Avv. Alessia Cavezzan.
Il ruolo dell’indagine investigativa della compagnia assicurativa nell’accertamento del reato di frode

Sul termine presentazione della querela per il delitto di frode assicurativa e sulla utilizzabilità delle dichiarazioni contenute nella relazione investigativa della compagnia assicurativa (commento a sentenza 2 Sezione Penale, nr. 43927 19.10.2022 dep. 18.11.2022)

Giovedi 24 Novembre 2022

La Corte di Cassazione, con la sentenza che qui si commenta, si è pronunciata su alcuni aspetti della funzione che assume la relazione investigativa, eseguita su incarico della compagnia assicurativa, nel procedimento volto all’accertamento del reato di “frode assicurativa” (art. 642 c.p.).

La norma incriminatrice, rubricata “fraudolento danneggiamento dei beni assicurati e mutilazione fraudolenta della propria persona” recita: “Chiunque, al fine di conseguire per sé o per altri l’indennizzo di una assicurazione o comunque un vantaggio derivante da un contratto di assicurazione, distrugge, disperde, deteriora od occulta cose di sua proprietà, falsifica o altera una polizza o la documentazione richiesta per la stipulazione di un contratto di assicurazione è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Alla stessa pena soggiace chi al fine predetto cagiona a sé stesso una lesione personale o aggrava le conseguenze della lesione personale prodotta da un infortunio o denuncia un sinistro non accaduto ovvero distrugge, falsifica, altera o precostituisce elementi di prova o documentazione relativi al sinistro. Se il colpevole consegue l’intento la pena è aumentata. Si procede a querela di parte. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche se il fatto è commesso all’estero, in danno di un assicuratore italiano, che eserciti la sua attività nel territorio dello Stato. Il delitto è punibile a querela della persona offesa”.

Per l’accertamento del fatto di frode assicurativa, spesso le compagnie assicurative si avvalgono della collaborazione di agenzie investigative. Pertanto, l’acquisizione della notitia criminis può avvenire anche a distanza di tempo dal momento in cui il reato si è consumato.

Si ricorda che, secondo la giurisprudenza della Corte Suprema, il delitto di frode assicurativa è da ritenersi a consumazione anticipata e si ritiene commesso nel momento in cui l’assicurato compie le condotte indicate nella norma incriminatrice, essendo invece irrilevante - ai fini della consumazione – l’aver conseguito il risarcimento assicurativo.

Con la sentenza qui commentata, la Corte Suprema ha ritenuto – dichiarando inammissibile sul punto il motivo di ricorso proposto – che il dies a quo per la proposizione della querela da parte della compagnia assicurativa è da individuarsi nel momento della “conoscenza della ultima relazione investigativa” che ha permesso “di acquisire certezza della falsità del sinistro denunciato”. Si è quindi ribadito, facendone applicazione anche nel reato de quo, il principio secondo cui “il termine per la presentazione della querela decorre dal momento in cui il titolare ha conoscenza certa, sulla base di elementi seri e concreti, del fatto – reato nella sua dimensione oggettiva e soggettiva” (così anche Sezione 2 Penale nr. 37584 del 05/07/2019 Rv. 277081).

Sotto altro profilo, la Corte Suprema ha avuto modo di precisare quale utilizzo processuale possa farsi del contenuto delle relazioni investigative in oggetto. Il quesito si pone poiché tali relazioni si svolgono anche assumendo informazioni dirette dalla persona che, all’esito delle investigazioni, l’assicurazione potrà querelare e che quindi potrà assumere la veste di indagato / imputato.

Il ricorrente si doleva della violazione dell’art. 606 lettera b) ed e) c.p.p. chiedendo che venisse dichiarata l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dagli imputati agli investigatori privati incaricati dalla compagnia assicurativa circa le modalità del sinistro posto che le stesse non erano state acquisite secondo i parametri dell’attività difensiva ex art. 391 bis c.p.p..

La Corte di Cassazione, nel dichiarare infondato il motivo proposto, ha concluso per la completa utilizzabilità nel procedimento penale delle dichiarazioni rese dallo stesso indagato / imputato, ribadendo quello che viene definito in sentenza “costante insegnamento di questa Corte”, così esprimendosi: “in tema di reato di frode in assicurazione, previsto dall’art. 642 cod. pen., le dichiarazioni rilasciate all’investigatore privato, delegato dalla compagnia assicuratrice, dalla persona che assumerà la veste di indagato, hanno natura di confessione stragiudiziale e sono pertanto utilizzabili in sede processuale e valutabili secondo le regole del mezzo di prova che le immette nel processo”.

Quanto alle forme di cui agli artt. 391 bis c.p.p. che, secondo il ricorrente, avrebbero dovuto essere seguite per l’acquisizione delle informazioni rese in sede di relazione investigativa e quindi per il loro conseguente utilizzo nel processo, la Corte ha rilevato come l’attivazione della disciplina delle investigazioni difensive non possa essere richiesta perché incompatibile con il momento dell’acquisizione delle suddette informazioni (allorquando non era ancora iscritto né era pendente alcun procedimento penale). Tale conclusione pare però non confrontarsi con la disposizione dell’art. 391 nonies c.p.p. che prevede la possibilità di svolgere attività investigativa “preventiva” vale a dire “per l’eventualità che si instauri un procedimento penale”.

Allegato:

Cassazione penale sentenza n.43927 2022


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