Il ricorrente che contesti la natura criptica degli interessi non può invocare l'inversione dell'onere della prova.

dott. Francesco Rubera.
Il ricorrente che contesti la natura criptica degli interessi non può invocare l'inversione dell'onere della prova.

Gli atti esattoriali sono atti a contenuto vincolato che, ai sensi dell'art. 21 octies della legge 241/90, non consentono l'inversione dell'onere della prova per la dimostrazione della correttezza di motivazione del contenuto.

Venerdi 22 Dicembre 2017

La problematica del calcolo degli interessi, sia avuto riguardo agli interessi da ritardata iscrizione a ruolo ex art. 20 del D.P.R. 602/73, iscritti a ruolo dall’Ente impositore, sia avuto riguardo agli interessi di mora di cui all’art.30 del D.P.R. 602/73, ha suscitato un notevole dibattito in dottrina e giurisprudenza.

In vero, una premessa preliminare va fatta in relazione alla doglianza sugli interessi da ritardata iscrizione a ruolo, che com'è intuibile, va sollevata in sede di notifica della cartella e nei termini per l’impugnazione di quest’ultima, atteso che la domanda del ricorrente non potrà essere estesa a vizi di atti prodromici oramai definitivamente irretrattabili, e quindi con l’impugnazione di atti successivi alla cartella ( intimazioni di pagamento, ipoteche legali, ecc.).

Per quanto riguarda gli interessi di mora, previsti dall’art.30 del D.P.R.602/73, che sono gli interessi per ritardato pagamento, che scadono il 60° giorno successivo alla notifica della cartella e con decorrenza retroattiva al giorno di notificazione, il loro criterio di calcolo è indicato nella stessa cartella.

Si legge, infatti nelle note a pag. 1 di tutti gli atti successivi alla cartella esattoriale: “ importo calcolato alla data del …….”, ossia alla data della stampa dell’atto impugnato , inoltre si legge: “ A tale somma dovranno essere aggiunti gli ulteriori interessi di mora di cui all’art. 30 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.602, maturati fino alla data di effettivo pagamento…..”. I dettagli di questi richiami espressi, sono indicati dal modello approvato per ogni singolo atto della riscossione, con il decreto ministeriale di riferimento. 

Quanto al modello ministeriale tipico della cartella esattoriale, atto presupposto a tutti gli atti esattoriali, esso è disciplinato dai decreti dirigenziali dell’Amministrazione Finanziaria, emanati tempo per tempo e che regolamentano il contenuto minimo della cartella esattoriale, per espresso richiamo dell’art.25 del d.p.r. 602/73, nella sezione intitolata "informazioni utili". In tale sezione, essi  prevedono la spiegazione di tutte le voci aggiuntive presenti nella cartella, tra cui anche gli interessi di mora in caso di ritardato pagamento, richiamando appositamente l'atto normativo che viene emanato dal MEF in relazione al tasso di interessi vigente, anno per anno, in forza dell'art. 30 del D.P.R.602/73. Quindi si tratta di una motivazione presente nella cartella, quella relativa al calcolo degli interessi, cui l’intimazione di pagamento rimanda “per relationem”.

La doglianza del calcolo degli interessi, altro non è, infatti, che una doglianza su un presunto vizio di motivazione che urta con il contenuto minimo della cartella, che è un atto a contenuto vincolato in merito ai requisiti di forma e di motivazione.

Trova, quindi, applicazione, l'art. 21 octies della legge 241/90, che riguardo all'annullabilità del provvedimento amministrativo, dispone che: è annullabile il provvedimento adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza, ed al 2°comma, segna il perimetro dell’annullabilità entro il quale può spaziare il giudice riguardo ad un provvedimento a contenuto vincolato adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, ossia, “qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.”

Ne consegue che il ricorrente che contesti la natura criptica degli interessi applicati al ritardato pagamento o alla ritardata iscrizione a ruolo, non potrà limitarsi alla contestazione generica, invocando l’inversione dell’onere della prova di cui all’art. 2967 c.c., ma dovrà dimostrare che il calcolo in concreto adottato sia diverso ed erroneo rispetto al calcolo che ne sarebbe derivato, applicando correttamente la normativa di riferimento richiamata negli atti impugnati. Solo dopo la dimostrazione circostanziata del ricorrente, spetta all’amministrazione dimostrare che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato e, quindi l’esattezza del calcolo.

Infatti, non può essere modificato il contenuto vincolato della cartella, determinato per legge. In definitiva, il ricorrente che lamenta un erroneo calcolo degli interessi, limitandosi alla contestazione generica sul contenuto criptico degli stessi , ma senza contestare attraverso un calcolo diverso la difformità tra gli interessi determinati dall’Amministrazione Finanziaria o dall’Agente della Riscossione e, senza nulla argomentare circa un eventuale calcolo rettificato in correzione rispetto al calcolo effettuato dall’ufficio, non potrà pretendere l’inversione dell’onere della prova, con il rischio che la genericità della contestazione determini l’inammissibilità della motivazione sostenuta, in applicazione del brocardo “ iudex alligata et probata iudicare debet”, che trova applicazione rigorosa nel processo tributario in virtù della disposizione dell’art.7 del D.lgs.546/92 e per la natura prettamente documentale del giudizio tributario.

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