Con la sentenza n. 25874/2020 la Corte di Cassazione, nell'affrontare la tematica della responsabilità precontrattuale, si pronuncia in merito alla tutela che deve essere assicurata al contraente in buona fede e alle voci di danno risarcibili.
Lunedi 5 Aprile 2021 |
Il caso: Il Tribunale di Bari pronunciava condanna generica ex articolo 278 c.p.c. nei confronti del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, riconoscendo la PA tenuta a risarcire il danno patrimoniale cagionato all'INPDAP per "responsabilita' precontrattuale", in quanto, dopo aver sollecitato l'ente previdenziale ad acquistare un immobile prospettando la esigenza di un utilizzo locativo, e dopo aver fatto inutilmente trascorrere oltre quarantaquattro mesi dalla ricezione del contratto di locazione di detto immobile predisposto dall'ente previdenziale-locatore, l'Amministrazione statale non aveva, poi, ritenuto opportuno approvare il contratto, in tal modo impedendo all'INPDAP di poter reimpiegare tempestivamente in altri utilizzi economici il bene immobile.
Nel successivo giudizio per la liquidazione del danno, instaurato avanti il Tribunale di Bari, l'INPDAP rimaneva soccombente, avendo ritenuto il Giudice di prime cure che non era stata fornita prova del danno.
La Corte d'Appello riformava la sentenza di primo grado, riteneva idoneamente provato il danno patrimoniale subito dall'ente previdenziale, liquidandolo, in via equitativa, in misura corrispondente all'importo dei canoni locativi che INPDAP (cui nelle more era succeduto l'INPS) non aveva potuto percepire per tutto il periodo intercorso tra la data della trasmissione del contratto ed il rilascio dell'immobile.
Il Ministero ricorre in Cassazione, che, nell'accogliere le motivazioni dell'impugnazione, osserva quanto segue:
a) è incontestabile l'accertamento della responsabilita' del Ministero per violazione degli obblighi di buona fede ex articolo 1337 c.c., con conseguente individuazione dell'"eventus damni" nella lesione dell'interesse dell'ente previdenziale alla libera autodeterminazione nella propria attivita' negoziale, ma appare del tutto coerente ritenere che le conseguenze dannose risarcibili non possono consistere in quelle stesse (mancata percezione del valore della controprestazione pari all'importo dei canoni locativi pattuiti) che sarebbero derivate dall'inadempimento colpevole delle obbligazioni derivanti da un contratto pienamente valido ed efficace tra le parti;
b) il risarcimento del danno dovuto all'INPS va parametrato, quindi, non gia' alla conclusione del contratto ed al mancato utile che l'ente previdenziale avrebbe potuto ritrarre dalla esecuzione del rapporto fino alla sua naturale scadenza, come se il contratto fosse stato "approvato" dal Ministero, bensi' al c.d. "interesse contrattuale negativo", che copre sia il "danno emergente", ovvero le spese inutilmente sostenute, che il "lucro cessante", da intendersi, pero', non come mancato guadagno rispetto al contratto non eseguito, ma in riferimento ad eventuali altre occasioni di contratto che la parte allega di avere perduto;
c) la perdita subita dall'INPS nella propria sfera patrimoniale e' ontologicamente distinta dal valore economico del contratto non approvato: liquidando in via equitativa il danno patrimoniale nell'intero ammontare dell'importo dei canoni locativi, la Corte d'appello ha sostanzialmente risarcito il medesimo danno che sarebbe derivato dall'inadempimento originario del contratto, se questo fosse stato approvato, venendo in tal modo ad applicare un criterio liquidatorio del tutto incongruo rispetto, sia alla vicenda negoziale, sia alla peculiare tipologia di danno da perdita di chances indicata in sentenza.
d) nel caso in esame, non risulta che l'ente previdenziale abbia fornito prova di indizi certi relativi allo svolgimento di trattative con terzi che avrebbero manifestato interesse a condurre in locazione: la Corte d'appello, peraltro, non ha inteso perseguire tale ipotesi risarcitoria, essendosi basata esclusivamente sull'affermazione della "impossibilita'" di avviare trattative nella situazione di pendenza della "condicio juris".