RCA: un caso di esclusione di responsabilità

Tribunale di Palermo, sentenza n. 3851/2015.
A cura della Redazione.
RCA: un caso di esclusione di responsabilità
Giovedi 9 Luglio 2015

Pubblichiamo una interessante sentenza del Tribunale di Palermo, la n. 3851 del 23/06/2015, che ci è stata segnalata dall'Avv. Diego Ferraro del Foro di Palermo in materia di circolazione stradale.

Il caso: Tizio mette in moto il veicolo (fermo e sul crick) causandone la caduta sulla gamba del padre intento a sostituire uno pneumatico.

Il Tribunale di Palermo, nel chiedersi "se l'accadimento oggetto di causa possa essere ricondotto alla nozione tecnico-giuridica di circolazione stradale" e "se di esso possono essere chiamati a rispondere la proprietaria, ai sensi dell'art. 2054 c.c., e l'assicuratore per la responsabilità civile", ha statuito che "nel caso di specie, in cui l'evento - ove provato - dipenderebbe dalla condotta quanto meno colposa ed imprevedibile posta in essere da terzo soggetto mentre i veicolo si trovava nella custodia dello stesso danneggiato e tale da porsi come causa autonoma sufficiente a determinarlo, non può esservi spazio per la responsabilità oggettiva o presunta del proprietario".

Qui di seguito il testo della sentenza.


 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

Con l’atto di citazione notificato nei giorni 22 e 25 gennaio 2013, A.C., esponendo che il giorno 17.4.2010, mentre era intento a sostituire un pneumatico dell’autocarro tipo Fiat Iveco tg. XXxxxXX di proprietà di G. F., il conducente, B.C., lo aveva messo in moto provocandone la caduta sulla sua gamba e così causandogli la frattura scomposta della testa del perone dx con lesione LCL, ha convenuto in giudizio la proprietaria del mezzo e l’assicuratrice Italiana Assicurazioni spa chiedendone la condanna al risarcimento del danno non patrimoniale, nelle sue componenti di danno biologico e del danno morale, nonché del pregiudizio patrimoniale connesso alla riduzione/perdita della capacità lavorativa generica e specifica.

Nella contumacia dell’altra convenuta si è costituita l’assicuratrice eccependo l’improponibilità della domanda, a causa della mancata presentazione del danneggiato alla visita medico – legale fissata dal proprio medico fiduciario, e contestandone la fondatezza nel merito, sotto il profilo della non riconducibilità dell’evento dannoso alla nozione di circolazione stradale e alla conseguente inoperatività della garanzia.

La domanda è infondata nel merito e le ragioni che ne giustificano il rigetto assorbono ogni considerazione circa la sua proponibilità in rito.

L’attore ha, infatti, affidato la prova delle modalità di verificazione del sinistro alla deposizione del teste B., che, tuttavia, a motivo della inverosimiglianza di alcune delle affermazioni e della contraddittorietà intrinseca ed estrinseca di altre, è inidonea a fondare il convincimento del decidente in senso favorevole alla parte che l’ha addotta.

Nel riferire, infatti, di aver casualmente veduto il figlio del C. avviare il motore dell’autocarro mentre l’attore era intento a sostituire uno dei pneumatici, il teste ha altresì dichiarato che il furgone in questione appartiene al danneggiato, che quest’ultimo non stava svolgendo un’attività lavorativa perché il pneumatico era suo, che il figlio del C. non aveva accompagnato il padre in ospedale né i due avevano commentato in alcun modo l’accaduto malgrado la sua gravità.

Ora, tralasciando per un attimo la già scarsa plausibilità della ricostruzione del fatto offerta dall’attore, di sicuro rilievo nella valutazione dell’attendibilità del teste e della genuinità della sua deposizione è il contrasto tra le riportate dichiarazioni testimoniali e altre risultanze processuali.

Risulta, infatti, con nettezza l’appartenenza alla convenuta F., e non invece allo stesso danneggiato, dell’autocarro che, cadendo dal crick, gli avrebbe provocato la frattura dell’arto destro mentre il sospetto che – contrariamente a quanto dichiarato dal teste – l’incidente si sia verificato accidentalmente, nello svolgimento dell’attività lavorativa, a causa dell’errato posizionamento del crick o per altra fortuita circostanza, appare corroborato dalla scheda di accettazione del Pronto Soccorso dell’Ospedale Buccheri La Ferla, in cui i sanitari trascrissero “tipo incidente: sul lavoro” evidentemente sulla scorta di quanto appreso dallo stesso danneggiato che riferì “trauma accidentale durante le ore lavorative. In alcun modo da tale documento possono inferirsi – come invece vorrebbe la difesa dell’attore - elementi a favore della tesi attorea, mancando qualsiasi espressione affermativa seguito alla voce “riferita resp. Di terzi” che, al pari di quelle successive “modalità di arrivo” e “richiesta di ricovero”, è un campo di default del modulo precompilato.

L’inconciliabilità tra tali opposte risultanze non può che ridondare – in mancanza di positivi riscontri – a svantaggio della parte attrice.

E’ poi scarsamente credibile che il figlio dell’attore, al quale andrebbe in primis ascritta la responsabilità dell’accaduto, per aver tenuto una condotta assolutamente imprudente e pericolosa, mettendo in moto l’autocarro ancora sul crick e nonostante la presenza del padre al di sotto della vettura, non si sia neppure preoccupato di soccorrere il genitore e di assicurarsi che gli fossero prestate le cure più appropriate, ma abbia demandato a terzi il relativo incombente.

Non può, infine, non destare sospetto il fatto che costui non sia stato neppure indicato in qualità di teste.

Le esposte considerazioni impediscono di ritenere raggiunta la prova del fatto storico così come descritto nell’atto introduttivo.

Occorrerebbe in ogni caso indagare se l’accadimento in questione potesse essere ricondotto alla nozione tecnico – giuridica di circolazione stradale, pur nella connotazione ampia e diversa che essa ha assunto nella giurisprudenza e che è stata recentemente ribadita e precisata dalla Sezioni Unite nella sentenza 8620/2015, e se di esso potessero essere chiamati a rispondere la proprietaria, ai sensi dell’art. 2054 c.c., e l’assicuratore per la responsabilità civile.

Se è vero, infatti, che ai fini della responsabilità ex art. 2054 c.c. rientra nell’ampio concetto di circolazione, in cui deve comunque ritenersi compresa anche la situazione di arresto o sosta di un veicolo su strada o area pubblica di pertinenza della stessa, la responsabilità del proprietario è pur sempre espressione del rischio insito nella circolazione stradale ed è correlata al principio cuius commoda eius et incommoda, per cui ogni qual volta il danno sia eziologicamente collegato alla pericolosità del veicolo (per difetto di costruzione o di manutenzione; art. 2054 ult. Co. C.c.) o della sua circolazione, il proprietario non può esimersi da responsabilità, in ragione della prevedibilità del danno che può derivarne a cose o a persone, a meno che non sia offerta la prova liberatoria prevista, per ciascuna fattispecie, dalla norma citata (costituente una applicazione specifica della responsabilità da attività pericolosa prevista dall’art. 2050 c.c.), ovvero non sia fornita dimostrazione di un apporto causale esterno, posto al di fuori del possibile controllo del proprietario.

Nel caso di specie, in cui l’evento – ove provato – dipenderebbe dalla condotta quanto meno colposa ed imprevedibile posta in essere da terzo soggetto mentre il veicolo si trovava nella custodia dello stesso danneggiato e tale da porsi come causa autonoma sufficiente a determinarlo, non può esservi spazio per la responsabilità oggettiva o presunta del proprietario.

Non v’è dunque spazio per l’accoglimento della domanda.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo in conformità ai parametri introdotti dall’art. 4 D.M. 55/2014 e applicando una riduzione equitativa dei valori previsti dalla tabella n. 2, per le cause di valore fino ad € 260.000,00 in considerazione della semplicità delle questioni trattate, della rapidità dell’istruttorie e delle modalità di decisione della controversia.

 

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