Il Dr. Antonio Galdiero, notaio in Cagliari e vice presidente della Commissione Provinciale di Cagliari, ci segnala la sentenza n. 411/2021 (di cui è relatore) con cui la Sezione 2 Commissione Provinciale Cagliari si è pronunciata in merito al preteso assoggettamento ad imposta di registro nella misura del 0,50% della somma assegnata al creditore.
Il caso: Con ricorso notificato in data 2 aprile 2020, la Cooperativa =====, rappresentata dall’avv. ======= impugnava l’avviso di liquidazione n. ==========, con il quale veniva richiesto il pagamento della somma di euro 3.570, avviso notificato il 3 febbraio 2020, per imposta dovuta per la registrazione di un atto giudiziario. La parte ricorrente contesta l’avviso e ne chiede l’annullamento.
Con memoria 4 settembre 2020 si costituiva in giudizio l’Agenzia delle Entrate (prot. 20 / 67856) chiedendo il rigetto del ricorso con condanna alle spese.
Espone la parte ricorrente di avere ricevuto in data 3/02/2020 dall’Agenzia delle Entrate un atto di liquidazione di imposta di registro per euro 3.570 relativamente al provvedimento di assegnazione reso dal Tribunale di Cagliari, nel procedimento di pignoramento presso terzi fra la Coop. ==== ed il signor ==== emesso ai sensi dell’art. 8 della tariffa, parte I, del TUIR 131/86 che richiama l’art 6 parte I, nella percentuale del 0,50% dell’importo assegnato; afferma di avere tentato a dirimere con istanza di riesame in autotutela la questione ma che detto tentativo è rimasto senza esito.
Secondo la parte il provvedimento dell’assegnazione delle somme pignorate non comporta alcun accertamento di diritto e/o trasferimento e non è, pertanto, equiparabile per la relativa tassazione alla cessione di credito; a suo dire, l’assegnazione dei crediti pignorati presso terzi, non ha effetti traslativi della titolarità del credito.
Sul punto richiama la sentenza della Corte di Cassazione 9400/2007 nella quale si afferma: “l’ordinanza, prevista dagli artt. 552 e 529 c.p.c., con la quale il giudice dell’esecuzione assegna ai creditori esecutanti cose possedute da un terzo è teoricamente assoggettabile all’imposta, ai sensi dell’art. 8 della tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131, se definisce, anche parzialmente, il giudizio, ed è sussumibile nell’ipotesi di registrazione a tassa fissa di cui alla lettera d). Ciò in quanto un provvedimento siffatto non contiene alcuna condanna al pagamento di somme né alla consegna della merce (ipotesi di cui alla lettera b dell’art. 8), essendo finalizzata …alla mera attuazione di un titolo esecutivo”.
Nella memoria aggiunta la parte ricorrente evidenzia che in ogni caso, seppure non si aderisse alla tesi secondo la quale l’imposta è dovuta in misura fissa, la base imponibile dovrebbe essere costituita non già dalla somma portata dal precetto (oltre euro 700.000) ma dalla somma assegnata al creditore concretamente, costituita, nel caso di specie, da una rendita (trattamento pensionistico INPS) di euro 89 mensili e che, anche utilizzando il criterio di quantificazione del valore per le rendite vitalizie di cui all’art. 13 c.p.c. comma 2, operando, quindi, il coacervo decennale il credito che si assumerebbe complessivamente ceduto sarebbe pari a: 89X12=1.068X10=10.680. Su tale importo dovrà essere calcolata al massimo la tassazione del 0,50%, ovvero, stante l’importo, applicata la tassa fissa.
Evidenzia che il provvedimento del giudice ha infatti assegnato l’importo pari ad 1/5 di euro 448,08 al mese e tale somma dovrà essere tassata.
L’Ufficio afferma invece che il Giudice dell'Esecuzione, nell'ambito della procedura di pignoramento presso terzi, dopo aver determinato in euro 714.042,53 il credito vantato e per cui è stata richiesta la procedura, ha previsto, da una parte, l'assegnazione al creditore procedente delle somme dichiarate dovute dal terzo, sino a soddisfazione del credito come sopra determinato; dall'altro, ha emesso l'ordine rivolto all'Inps, terzo pignorato, di versamento al creditore procedente "di una somma pari ad un quinto dell'importo di € 448,08, sino a totale soddisfazione di quanto determinato".
Il provvedimento giurisdizionale oggetto di tassazione si compone pertanto di due disposizioni: a) l’assegnazione delle somme al creditore procedente, b) l’ordine rivolto al terzo pignorato di effettuare il versamento secondo specifiche modalità.
a) La prima disposizione rilevante ai fini della tassazione è l’ordinanza di assegnazione somme emessa ai sensi dell’art. 553 c.p.c. Tale atto, secondo la consolidata interpretazione fornita dal Giudice di legittimità, oltreché della prassi dell’Amministrazione Finanziaria (circolare n. 45 del 1993, che richiama le sentenze n. 4277 del 1983 e n. 4691 del 1987) si configura, quale atto che opera la traslazione della titolarità del credito con gli effetti di cui all’art. 2928 del c.c.. In particolare, l’assegnazione determina una cessione coattiva del credito, con una modificazione soggettiva dell’originario rapporto tra il debitore esecutato ed il suo debitore, terzo pignorato. L’ordinanza di assegnazione produce una modificazione soggettiva del rapporto creditorio, in virtù del quale il terzo, debitor debitoris, è tenuto ad eseguire la prestazione di chi si è dichiarato debitore, non più al proprio creditore, ma al creditore di questi. Da un punto di vista fiscale, in altri termini, l’Ufficio aderendo al consolidato orientamento giurisprudenziale ha qualificato tale provvedimento, ai sensi dell’art 20 del D.P.R. n. 131/1986, avendo riguardo all’intrinseca natura e negli effetti giuridici dell’ atto”, quale cessione del credito pro solvendo che realizza in favore dell'assegnatario il trasferimento, la titolarità del credito, di modo che quest’ultimo subentra, a seguito dell’intervento del giudice dell'esecuzione, nel rapporto creditorio, divenendo l'unico soggetto legittimato a pretendere il pagamento di quanto assegnato.
b) In altre parole, l’ordine ingiunto al terzo dal Giudice dell’esecuzione, di eseguire il pagamento del debito in favore dei creditori procedenti, trova esclusivamente il suo presupposto giuridico nella traslazione del credito, in mancanza della quale non può aversi il successivo ordine di pagamento, mentre quest’ultimo esprime esclusivamente la modalità concreta con cui deve realizzarsi il pagamento.
Ai fini dell’imposta di cui si tratta, la seconda disposizione, ovvero l’ordine di pagamento rivolto al terzo pignorato, si traduce in un atto che viene assorbito ai sensi dell’art. 21 (di disciplina degli “Atti contenti più disposizioni”), c. 2 del D.P.R. n. 131/1986 in cui è prescritto: “Se le disposizioni contenute nell’atto derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, l’imposta si applica come se l’atto contenesse la sola disposizione che dà luogo alla imposizione più onerosa”. L’atto di assegnazione somme rappresenta, infatti, la disposizione emessa dal Giudice che, in quanto cessione del credito assoggettata alla tassazione proporzionale, contiene/assorbe la disposizione relativa all’ordine di pagamento che sconta la diversa imposta fissa, ai sensi dell’art. 11 della Tariffa, Parte I, allegata al T.U.R, relativa, in sintesi, agli atti non aventi prestazioni a contenuto patrimoniale.
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A giudizio della Commissione l’atto di assegnazione non ha natura di accertamento di crediti (oggetto invece di altra causa), non costituisce sentenza di condanna, non ha carattere costitutivo o traslativo di diritti e pertanto deve essere assoggettato a tassa fissa (tassa d’atto).
La assegnazione di somme infatti non costituisce una cessione di credito ma più semplicemente una delegazione di pagamento nella quale il Giudice assume la veste di delegante. L’assegnazione di somme non può in nessun caso essere tassata sull’intero importo del credito ma eventualmente soltanto sulle somme effettivamente riscosse e nel contempo si osserva che a volere ritenere esatto il comportamento dell’Agenzia si avrebbe come risultato che in caso di ulteriori pignoramenti presso terzi si dovrebbe assoggettare ad imposta proporzionale l’intero importo per ogni pignoramento.
La Commissione ritiene che il ricorso sia fondato e debba essere accolto.
Al riguardo osserva:
1) l’assegnazione delle somme lungi dal costituire una cessione di credito appare maggiormente sussumibile nella figura giuridica della procura all’incasso, magari in rem propriam, o della delegazione di pagamento, in pratica il provvedimento del Giudice dell’ esecuzione dispone un ordine di pagamento di un debitore non nei confronti del proprio creditore diretto ma in favore di una terza persona (creditore del proprio creditore) con effetti liberatori (“il terzo pignorato si deve intendere libero verso il debitore delle somme pagate previo rilascio di quietanza scritta ed invio di copia della stessa al debitore a cura degli assegnatari”);
2) nel caso di specie peraltro trattandosi di crediti di lavoro, elemento essenziale sarà l'esistenza in vita del titolare ed i crediti assegnati pertanto non sono neppure maturati ed è sicuramente incerto il loro ammontare; il provvedimento di assegnazione ha natura atipica ed è implicitamente condizionato: è, per così dire, anticipatamente e una volta per tutte emanato per intuitive esigenza di economia processuale (pur in mancanza di una espressa regolamentazione in tal senso da parte del codice di procedura civile). Appare anche evidente che la mancanza di una effettiva ed attuale assegnazione del credito per la parte non ancora maturata e, in realtà di incerta maturazione, fa escludere che sussista il presupposto per l'assoggettabilità all'imposta di registro. E' peraltro evidente come sarebbe manifestamente ingiustificato -si potrebbe dire anche assurdo- fare riferimento per la tassazione al valore del complessivo credito del creditore esecutante, che nel caso in esame richiederebbe per la sua piena soddisfazione l'esistenza in vita dell’esecutato per molte centinaia di anni, la fattispecie sarebbe qualificabile come sottoposta a condizione (evento futuro ed incerto che in materia di imposta di registro comporta tassazione in misura fissa);
3) il provvedimento giudiziale non assegna un credito determinato (euro 714.042,53) ma “assegna … le somme dovute dal terzo sino a soddisfazione del credito”, quindi anche l’ammontare dell’importo assegnato è indeterminato ed anche ciò depone per la non applicabilità dell’imposta proporzionale;
4) l’eventuale pignoramento presso altri terzi eseguito dalla società ricorrente al fine di realizzare il proprio credito comporterebbe, se fossero giusti gli assunti dell’Agenzia, una nuova integrale tassazione sull’intero importo del credito, si immagini se il creditore agisse mediante pignoramento presso altri terzi, magari debitori di somme irrisorie, anche in tale caso dovrebbe ipotizzarsi la tassazione proporzionale sull’intero importo del credito;
5) qualora il debitore pagasse il proprio debito direttamente al creditore quale sarebbe la sorte della pretesa cessione di credito? In tale caso si dovrebbe ipotizzare addirittura una risoluzione della cessione di credito magari anch’essa assoggettabile a tassazione.
Tutte le suesposte ragioni fanno ritenere alla Commissione che nel caso di specie sia dovuta non l’imposta proporzionale di registro ma esclusivamente l’imposta fissa.
Ne discende che il ricorso deve essere accolto, le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Decisione: La Commissione accoglie il ricorso, annulla l’avviso di liquidazione impugnato, dichiara dovuta l’imposta di registro in misura fissa; condanna l’Agenzia delle Entrate di Cagliari al pagamento in favore della ricorrente delle spese del presente giudizio che liquida in euro 1.400 oltre iva e accessori di legge.