Il Paradosso Italiano: determinismo biologico vs. evoluzione giuridica nella lotta alla violenza di genere

Avv. Rosaria Salamone.
Il Paradosso Italiano: determinismo biologico vs. evoluzione giuridica nella lotta alla violenza di genere

L'Italia del novembre 2025 presenta un paradosso culturale e giuridico di straordinaria rilevanza: mentre il Parlamento approva una riforma epocale che introduce il principio del "consenso libero e attuale" nel reato di violenza sessuale, allineandosi agli standard europei più avanzati, i vertici dell'esecutivo propongono una lettura deterministica della violenza maschile che la riconduce a fattori genetici immutabili. Questo contrasto non è meramente politico, ma rivela una tensione profonda tra concezioni antropologiche opposte che si riflette nell'approccio alla prevenzione e al contrasto della violenza di genere.

Martedi 25 Novembre 2025

Il determinismo biologico come alibi culturale Le dichiarazioni del ministro della Giustizia Carlo Nordio sulla "resistenza alla parità dei sessi" inscritta nel "codice genetico dell'uomo" e la "sedimentazione millenaria di superiorità" rappresentano un pericoloso scivolamento verso teorie deterministe che la scienza contemporanea ha da tempo superato. Questa visione, che attribuisce la violenza maschile a fattori biologici innati, produce conseguenze devastanti sul piano della responsabilità individuale e sociale.

Il determinismo biologico, infatti, trasforma la violenza da comportamento appreso e modificabile in destino inevitabile, spostando l'attenzione dalle responsabilità concrete alle presunte predisposizioni naturali. Come evidenziato dalla giurisprudenza di Cassazione, anche nei casi di disturbi della personalità che possano incidere sulla capacità di intendere e volere, "l'esistenza di un impulso o di uno stimolo all'azione illecita non può essere di per sé considerata come causa da sola sufficiente a determinare un'azione incoerente con il sistema di valori di colui che la compia", richiedendo sempre la dimostrazione del carattere cogente nel singolo caso dell'impulso stesso

L'evoluzione del diritto penale verso la tutela dell'autodeterminazione In netto contrasto con questa visione deterministica, il diritto penale italiano sta compiendo una rivoluzione copernicana nella tutela della libertà sessuale. La riforma dell' art 609-bis del cp rappresenta il culmine di un'evoluzione giurisprudenziale che ha progressivamente spostato il focus dalla violenza fisica al consenso della vittima, riconoscendo la centralità dell'autodeterminazione sessuale come diritto fondamentale della persona.

Questa evoluzione si inserisce in un quadro normativo che già riconosce l' art. 2 della Costituzione come fondamento dei "diritti inviolabili dell'uomo" e trova eco nelle disposizioni del Codice delle pari opportunità che garantisce "parità e pari opportunità tra uomini e donne e l'assenza di ogni forma di discriminazione". Il principio del consenso libero e attuale non è quindi un'innovazione isolata, ma il naturale sviluppo di una concezione del diritto che pone al centro la dignità e l'autodeterminazione della persona.

Il fallimento dell'approccio anti-educativo. Particolarmente preoccupante è la posizione della ministra Roccella che nega l'efficacia dell'educazione sessuo-affettiva nella prevenzione della violenza, citando l'esempio della Svezia per sostenere l'assenza di correlazione tra educazione e riduzione dei femminicidi. Questa posizione contrasta non solo con le evidenze scientifiche internazionali, ma anche con l'impianto normativo italiano che riconosce l'educazione come strumento fondamentale di prevenzione.

La contraddizione sistemica. Il paradosso italiano rivela una contraddizione sistemica profonda. Da un lato, il legislatore e la giurisprudenza riconoscono che la violenza sessuale è un comportamento modificabile attraverso l'educazione, la prevenzione e la sanzione penale, sviluppando strumenti normativi sempre più raffinati per tutelare la libertà di autodeterminazione. Dall'altro, l'esecutivo propone una visione che deresponsabilizza l'individuo attribuendo la violenza a fattori biologici immutabili e nega l'efficacia degli strumenti educativi.

Questa contraddizione non è meramente teorica ma ha conseguenze pratiche devastanti. Se la violenza maschile è geneticamente determinata, ogni sforzo educativo e preventivo diventa inutile, e la società può solo limitarsi alla repressione ex post. Se invece, come sostiene l'evoluzione del diritto penale, la violenza è un comportamento appreso e modificabile, allora educazione, prevenzione e sanzione diventano strumenti complementari di una strategia integrata di contrasto.

Verso una sintesi responsabile. La riforma dell'articolo 609-bis rappresenta un modello di come il diritto possa evolversi verso una maggiore tutela dei diritti fondamentali senza cadere nelle trappole del determinismo biologico. Il principio del consenso libero e attuale non nega la complessità dei fattori che possono influenzare il comportamento umano, ma afferma con chiarezza che ogni individuo è responsabile delle proprie azioni e che la società ha il dovere di educare, prevenire e sanzionare.

L'Italia ha l'opportunità di superare questo paradosso abbracciando una visione integrata che riconosca la responsabilità individuale, l'efficacia dell'educazione e la necessità strumenti normativi adeguati. La strada tracciata dalla riforma penale indica la direzione: non il determinismo biologico che deresponsabilizza, ma l'affermazione della dignità umana che responsabilizza e tutela.

Solo attraverso questa sintesi responsabile sarà possibile costruire una società che non si limiti a subire la violenza come destino inevitabile, ma che la contrasti attivamente attraverso educazione, prevenzione e giustizia, riconoscendo in ogni persona la capacità di scegliere il rispetto piuttosto che la sopraffazione.




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