Con l'ordinanza n. 42140/2021 la Corte di Cassazione precisa quali siano i poteri d'ufficio del giudice in materia di affidamento e di mantenimento dei figli minori dopo la cessazione di un' unione more uxorio.
Giovedi 3 Febbraio 2022 |
Il caso: Il Tribunale di Caltagirone aveva affidato ad entrambi i genitori la figlia minore, nata dalla unione more uxorio tra Mevia e Caio, con collocamento presso la madre e regolando i tempi di permanenza presso il padre; la Corte d'appello in sede di reclamo proposto da Mevia confermava la misura dell'assegno di contributo al mantenimento della figlia, fissato in Euro 250,00 mensili a carico del padre, oltre alla partecipazione alle spese straordinarie nella misura del 50%; quanto al regime di visita i giudici del reclamo stabilivano che:
- avendo la minore diritto a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, non sussisteva un pericolo di serio pregiudizio nella necessita', dedotta dalla reclamante, di non interrompere l'allattamento materno;
- l'eta' della bimba, di oltre due anni e mezzo di eta', non poteva ritenersi di ostacolo al pernotto presso il padre per due sabati al mese o, ancora, alla permanenza presso lo stesso durante le festivita'.
Mevia ricorre in Cassazione, deducendo:
a) la violazione degli articoli 155 e 155-quater e dell'articolo 337-ter c.c., vizio di motivazione e violazione dell'articolo 115 c.p.c., per avere la Corte d'Appello confermato erroneamente il pernotto notturno della minore presso il padre: per la ricorrente ai bisogni ed ai diritti della minore doveva attribuirsi prevalenza ed il raggiungimento del completo svezzamento non poteva dirsi comprimere i diritti del padre;
b) la violazione degli articoli 155 e 155-quater e dell'articolo 337-ter c.c. e vizio di motivazione, per avere la Corte di merito erroneamente ritenuto congruo l'assegno mensile di Euro 250,00, quando il padre aveva indicato in Euro 300,00 mensili la propria disponibilita' economica ai fini del contributo al mantenimento della figlia.
La Cassazione, nel dichiarare inammissibili i suddetti motivi, chiarisce quanto segue:
a) per quanto riguarda il diritto di visita:
- in materia di diritto di affidamento di un figlio di eta' minore, e' rimesso al giudice del merito un rigoroso controllo sulle "restrizioni supplementari", ovvero quelle apportate al diritto di visita dei genitori, e sulle garanzie giuridiche destinate ad assicurare la protezione effettiva del diritto dei genitori e dei figli al rispetto della loro vita familiare, di cui all'articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, al fine di scongiurare il rischio di troncare le relazioni familiari tra un figlio in tenera eta' ed uno dei genitori;
- si deve sempre assicurare, nell'interesse superiore del minore, il rispetto del principio della bigenitorialita', inteso quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, nel dovere dei primi di cooperare nell'assistenza, educazione ed istruzione della prole;
- peraltro il motivo e' generico e pecca di astrattezza la' dove postula del minore un diritto sine die all'allattamento tale da comprimere, o sacrificare, quello alla realizzazione e mantenimento di consuetudini di vita con entrambi genitori, espressioni, queste, del diritto alla bigenitorialita';
b) per quanto riguarda il mantenimento del minore:
- i giudici del reclamo hanno apprezzato l'adeguatezza del contributo fissato dal primo giudice, pari ad Euro 250 mensili e tanto hanno fatto in applicazione dei parametri fissati dall'articolo 337-ter c.c. a tal fine apprezzando: i bisogni, ancora limitati, della minore; le esigenze abitative della prima, altrimenti soddisfatte; la consistenza del reddito del genitore non collocatario;
- il giudice di merito che condanni il genitore al pagamento del contributo per il mantenimento del figlio minore non e' vincolato alla domanda della parte e neppure alla eventuale disponibilita' offerta dal genitore obbligato al versamento di una somma in quanto la natura del diritto azionato conferisce al giudice il potere di adottare di ufficio, in ragione dell'interesse superiore del minore, i provvedimenti che stimi piu' opportuni per il mantenimento del minore.