Con l'ordinanza n. 30448 del 23/11/2018 la Corte di Cassazione si pronuncia in merito ai presupposti che devono sussistere per la condanna per lite temeraria ex art. 96 c.p.c.
Il caso: M. M., con ricorso affidato a sei motivi, chiede la cassazione della sentenza emessa dalla Corte di Appello di Torino che ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Torino aveva dichiarato, tra l'altro, inammissibile la domanda di nullità e di revoca del provvedimento di nomina dell'amministratore, disposta dal Tribunale in composizione collegiale in sede di volontaria giurisdizione ed aveva respinto nel merito le restanti domande attrici di accertamento della responsabilità dei precedenti amministratori, nonché risarcitorie.
In particolare, con il quinto motivo di ricorso, l'istante eccepisce la violazione e falsa applicazione ex art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. in relazione all'art. 96 c.p.c. della condanna per lite temeraria - condanna assunta in entrambi i gradi del giudizio - in maniera spropositata e carente di motivazione adeguata.
La Corte Suprema, nel ritenere fondata la doglianza, precisa che:
la Corte distrettuale ha confermato la condanna, inflitta dal Tribunale, di parte attrice ex art. 96 c.p.c., senza neppure chiarire quale versione della predetta norma processuale abbia inteso applicare;
il Tribunale, prima, e, poi, la Corte distrettuale, avrebbero dovuto indicare in cosa si sostanziava l'elemento "soggettivo" richiesto dall'art. 96 c.p.c.non essendo sufficiente ad integrare la mala fede o la colpa grave la mera proposizione di una domanda risultata inammissibile o infondata (vieppiù per difetto probatorio);
avrebbero altresì dovuto indicare in cosa fosse consistito l'elemento oggettivo, ossia il danno sofferto, danno che in difetto di specifica allegazione non poteva essere liquidato equitativamente.
Esito: Cassa la sentenza della Corte d'Appello di Torino e, decidendo nel merito, esclude la condanna ex art. 96 c.p.c.