In caso di intossicazione alimentare l'attore deve provare di aver subito una lesione permanente della salute, in quanto non si può avvalere di presunzioni: in difetto, ha diritto solo al risarcimento del danno biologico temporaneo.
Venerdi 26 Maggio 2023 |
In tal senso si è pronunciata la Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 13602/2023.
Il caso: Caio conveniva in giudizio la Pro Loco Alfa esponendo che, in occasione di un evento gastronomico la convenuta, responsabile dell’organizzazione, aveva somministrato ai partecipanti, tra cui l’attore, della carne di bue avariata, causa di grave intossicazione alimentare; esponeva di essere stato costretto a recarsi al pronto soccorso e di aver dovuto osservare un periodo di dieta e di terapia, in conseguenza dei quali chiedeva il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali in una misura non inferiore ad € 2.856,60.
La convenuta si costituiva eccependo di aver già integralmente risarcito, tramite la propria assicurazione, i danni con il pagamento della somma di € 250,00 e chiedeva il rigetto della domanda.
Il Giudice di Pace stabiliva che quanto già versato dalla compagnia di assicurazione prima del giudizio avesse soddisfatto pienamente la funzione ripristinatoria propria del risarcimento; il Tribunale, in sede di appello, confermava la liquidazione, operata dal Giudice di Pace, del solo danno biologico temporaneo.
Caio ricorre in Cassazione, lamentando violazione di legge in relazione all’applicazione e interpretazione circa il quantum debeatur; erronea interpretazione di norme di diritto e/o illogicità della motivazione:
- il giudice del merito, pur avendo riconosciuto la responsabilità della compagnia e pur avendola condannata al risarcimento dei danni e alle spese del giudizio, inspiegabilmente aveva giudicato in senso sfavorevole all’attore, non solo liquidando un somma irrisoria a titolo risarcitorio ma anche ponendo a carico del medesimo una somma esorbitante a titolo di spese di lite;
- quanto alla liquidazione del danno il ricorrente lamenta poi che il giudice non aveva considerato che i criteri per la liquidazione dovevano essere desunti dall’art. 2059 c.c. e dall’art. 185 c.p., indipendentemente dall’accertamento penalistico del fatto criminoso, in quanto il giudice avrebbe dovuto valutare in astratto l’esistenza di un fatto-reato.
Per la Cassazione il ricorso è infondato: sul punto ricorda che:
a) è onere dell’attore quanto meno allegare e provare le conseguenze anatomo-funzionali, relazionali e di sofferenza soggettiva normalmente conseguenti alla lesione dell’integrità psico-fisica e, per quanto in questa sede rileva, tenuto conto delle caratteristiche trans[e]unti della patologia riportata, la loro idoneità in concreto a determinare una lesione permanente;
b) l’attore, odierno appellante, non ha, invece, assolto a tale onere che nella specie è di più significativa latitudine atteso che, essendo stata nella specie accertata una patologia di regola transitoria (intossicazione alimentare da batterio) e priva di postumi permanenti, egli non può profittare di alcuna presunzione circa l’idoneità della patologia medesima a determinare significativi effetti permanenti, come avviene, ad esempio, per patologie derivanti da eventi traumatici o similari.