Con la sentenza n. 21359/2017 la Corte di Cassazione chiarisce quando appare opportuno che il giudice disponga indagini di polizia tributaria ai fini della quantificazione dell'assegno di divorzio.
Il caso: Il tribunale in primo grado determinava l'assegno di divorzio in favore dell'ex moglie in € 500,00, somma che veniva successivamente ridotta a € 250,00 dalla Corte d'Appello.
Ricorre in Cassazione la ex moglie, che deduce la violazione dell'art. 5 comma 9 della legge n. 898/1970: per la ricorrente, infatti, il giudice dell'appello aveva determinato il reddito del marito sulla base della sola sommaria e parziale documentazione prodotta in giudizio nonostante tre diversi ordini giudiziali di esibizione inevasi in primo grado e un ulteriore ordine emesso nel giudizio di appello.
La ricorrente, nel corso del giudizio, aveva fatto presente che l'ex marito svolgeva una attività imprenditoriale non dichiarata fiscalmente, ma pubblicizzata anche con un biglietto da visita e riscontrabile nei suoi movimenti bancari e pertanto lamentava che:
- la Corte di appello avrebbe dovuto disporre le indagini di polizia tributaria prima di ricavare, in contrasto con la prima pronuncia, un reddito effettivo inferiore e tale da legittimare la riduzione dell'assegno.
- la Corte territoriale aveva ritenuto non acquisita la prova certa dell'espletamento da parte dell'ex marito di un'attività imprenditoriale, senza considerare che le circostanze dedotte dall'odierna ricorrente non potevano essere provate senza attingere a informazioni inaccessibili a una parte privata.
La decisione: Gli Ermellini, nell'accogliere il ricorso della ex moglie, rilevano che:
in tema di divorzio, il giudice del merito, ove ritenga raggiunta aliunde la prova dell'insussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell'assegno di divorzio, può direttamente procedere al rigetto della relativa istanza, anche senza aver prima disposto accertamenti d'ufficio attraverso la polizia tributaria;
l'esercizio del potere officioso di disporre indagini sui redditi e sui patrimoni dei coniugi e sul loro effettivo tenore di vita rientra nella sua discrezionalità, non trattandosi di un adempimento imposto dall'istanza di parte;
però il suddetto potere esso deve essere correlato anche per implicito ad una valutazione di superfluità dell'iniziativa e di sufficienza dei dati istruttori acquisiti, valutazione che nel caso di specie non ha compiuto la Corte d'Appello.
Esito: cassazione della sentenza impugnata con rinvio della causa alla Corte di appello.