Incidente con un cinghiale: nessuna responsabilità dell'Ente se c'è il cartello di pericolo

Incidente con un cinghiale: nessuna responsabilità dell'Ente se c'è il cartello di pericolo
Giovedi 5 Luglio 2018

Con l’ordinanza n. 16808/2018, pubblicata il 26 giugno scorso, la Corte di Cassazione si è nuovamente occupata della questione relativa alla responsabilità dell’ente proprietario e/o gestore della strada per i danni provocati da un animale (nel caso di specie un cinghiale), che attraversa improvvisamente la carreggiata e provoca dei danni ad un’autovettura e/o al conducente di questa, affermando che nessun risarcimento è dovuto nel caso in cui la presenza dell’animale è segnalata con appositi cartelli.

IL CASO: A seguito di un incidente causato da un cinghiale alla propria autovettura, il proprietario di quest’ultima citava in giudizio l’Ente proprietario della strada dove si era verificato il sinistro al fine di vedersi riconoscere il risarcimento dei danni subiti mentre percorreva la strada di proprietà dell’ente convenuto. In primo grado la domanda veniva accolta, mentre il Tribunale, quale Giudice di appello, riformava la decisione di prime cure con conseguente rigetto della domanda di risarcimento danni, in quanto la presenza di animali selvatici era stata segnalata da cartelli stradali . Pertanto, avverso la sentenza di secondo grado, l’automobilista danneggiato proponeva ricorso per Cassazione deducendo, fra l’altro:

  1. La violazione degli articoli 2051, 2052 e 2043 c.c., in relazione all’articolo 14 del codice della strada e alla legge regionale n. 3 del 1994, ribadendo che il cartello stradale apposto, recante l’avviso di pericolo per la presenza di animali selvatici non costituiva una misura di protezione sufficiente ed idonea a garantire la sicurezza della strada;

  2. La violazione e la mancata applicazione dell’articolo 2043 codice civile e del principio del “neminem ledere”, sostenendo che l’apposizione del cartello di pericolo dimostrava la consapevolezza dell’amministrazione della presenza di animali selvatici e che ciò l’avrebbe dovuta indurre ad adottare altre misure di protezione idonee a rendere la strada sicura.

LA DECISIONE: Con la decisione in commento, la Corte di Cassazione nell’escludere l’applicazione, nel caso di specie, dell’articolo 2052 c.c., ha rigettato il ricorso, ribadendo quanto già affermato in altri arresti giurisprudenziali, e precisamente che:

  1. “ in tema di responsabilità extracontrattuale, il danno cagionato dalla fauna selvatica ai veicoli in circolazione non è risarcibile in base alla presunzione stabilità dall’articolo 2052 cod.civ., inapplicabile per la natura stessa degli animali selvatici, ma soltanto alla stregua dei principi generali sanciti dall’articolo 2043 cod. civ., anche in tema di onere della prova, e perciò richiede l’individuazione di un concreto comportamento colposo ascrivibile all’ente pubblico” (Cass. 9726/2014);

  2. anche ad assumere che “ la legislazione di settore in tema di tutela di fauna selvatica è anche a protezione degli utenti della strada, la cui incolumità può essere messa a rischio delle attività di ripopolamento della fauna, nessun dovere specifico di diligenza al di là di quello generale assolto con la segnaletica, può discendere in capo all’ente delegato per la gestione della fauna dalla mera esistenza della suddetta finalità, se tale dovere non si traduca in specifiche disposizioni normative”.

Segnaliamo che, già con l’ordinanza n. 18954/2017, pubblicata il 31 luglio 2017, la Corte di Cassazione aveva escluso l’applicazione dell’articolo 2052 c.c. affermando il seguente principio di diritto: “la responsabilità per i danni causati dagli animali randagi deve ritenersi disciplinata dalle regole generali di cui all’art. 2043 c.c. e non dalle regole di cui all’art. 2052 c.c.; non è quindi possibile riconoscere una siffatta responsabilità semplicemente sulla base della individuazione dell’ente cui le leggi nazionali e regionali affidano in generale il compito di controllo e gestione del fenomeno del randagismo e neanche quello più specifico di provvedere alla cattura ed alla custodia degli animali randagi, occorrendo la puntuale allegazione e la prova, il cui onere spetta all’attore danneggiato in base alle regole generali, di una concreta condotta colposa ascrivibile all’ente, e della riconducibilità dell’evento dannoso, in base ai principi sulla causalità omissiva, al mancato adempimento di tale condotta obbligatoria (ad esempio perché vi erano state specifiche segnalazioni della presenza abituale dell’animale in un determinato luogo, rientrante nel territorio di competenza dell’ente preposto, e ciò nonostante quest’ultimo non si era adeguatamente attivato per la sua cattura)».

Allegato:

Cassazione civile ordinanza n.16808/2018

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