Impugnazione cartella di pagamento e chiamata in causa dell'Ente impositore.

Impugnazione cartella di pagamento e chiamata in causa dell'Ente impositore.
Giovedi 11 Ottobre 2018

Nel caso in cui il contribuente nell’impugnare la cartella di pagamento formula contestazioni non riguardanti vizi propri della stessa e indica quale soggetto passivo solo l’Agente della Riscossione, l’impugnativa è ammissibile in quanto è onere di quest’ultimo estendere il contraddittorio chiamando in causa l’ente impositore.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con due ordinanze (n. 23627/2018 e 24466/2018), la prima pubblicata il 28 settembre e la seconda pubblicata il 3 ottobre scorso.

A) ORDINANZA n. 23627/2018: Un contribuente al quale era stata notificata una cartella di pagamento relativa a crediti aventi ad oggetto sanzioni amministrative per violazioni al codice della strada proponeva opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. Il ricorso veniva notificato sia all’Agente della Riscossione sia all’Ente impositore. Il contribuente eccepiva la mancata notifica dei verbali di accertamento delle infrazioni, mentre l’Agente della Riscossione eccepiva il difetto di legittimazione passiva.

L’opposizione veniva accolta dal Giudice di Pace che condannava al pagamento delle spese di lite sia l’Agente di Riscossione sia l’Ente creditore. La sentenza di prime cure veniva confermata dal Tribunale nel giudizio di appello promosso dall’Agente della Riscossione, il quale riteneva quest’ultimo negligente per aver dato seguito alla notifica della cartella di pagamento senza verificare, preventivamente, la regolarità del titolo. Pertanto l’Agente della Riscossione, rimasto soccombente in entrambi i gradi di giudizio, proponeva ricorso per Cassazione che con la suddetta ordinanza è stato rigettato rigettato. Secondo gli Ermellini:

  1. L’Agente della riscossione è titolare esclusivo dell’azione esecutiva per la riscossione dei crediti esattoriali e pertanto è da ritenersi necessariamente legittimato passivo nelle opposizioni esecutive avanzate dei debitore;

  2. L’Agente della Riscossione è anzi l’unico legittimato passivo necessario, quale soggetto titolare dell’azione esecutiva, avendo l’onere di chiamare eventualmente in giudizio l’ente creditore, laddove siano in discussione questioni attinenti al credito o comunque che non riguardano esclusivamente la regolarità degli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 39 del decreto legislativo n. 112 del 1999.

B)  SENTENZA n. 24466/2018: Un contribuente al quale era stata notificata una cartella di pagamento relativa a presunti debiti tributari proponeva ricorso avverso il suddetto atto indicando come legittimato passivo il solo Agente della Riscossione. Il ricorso veniva rigettato in primo grado, mentre la Commissione Tributaria Regionale, in sede di appello, in accoglimento del gravame proposto dal contribuente, annullava l’atto originario impugnato, ritenendo la cartella di pagamento nulla in quanto priva delle indicazioni degli estremi dell’autorizzazione ad emettere il ruolo straordinario dal quale era derivata la sua emissione. La sentenza di secondo grado veniva, pertanto, impugnata in Cassazione dall’Agente della Riscossione il quale deduceva la carenza di legittimazione passiva relativa all’illegittimità della cartella di pagamento in quanto l’impugnazione del contribuente non riguardava vizi propri della cartella ma le modalità ed I tempi di formazione dei ruoli, ai quali esso era estraneo.

Con la suddetta sentenza, gli Ermellini hanno rigettato il ricorso evidenziando che:

  1. Nel processo tributario, non è inammissibile l’impugnazione promossa dal contribuente nel caso in cui quest’ultimo individua quale legittimato passivo l’agente della riscossione anzichè il titolare del credito tributario. L’unica conseguenza è quella della chiamata in causa di quest’ultimo;

  2. l’onere di procedere alla richiesta di chiamata in causa grava sul convenuto (agente della riscossione) senza che il Giudice debba ordinare l’integrazione del contraddittorio.

Allegati:

Cassazione civile sentenza 24466 2018

Cassazione civile ordinanza 23627 2018

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