Illegittimo il licenziamento della lavoratrice per abuso dei permessi della L. n. 104/1992.

Illegittimo il licenziamento della lavoratrice per abuso dei permessi della L. n. 104/1992.

La Suprema Corte ha ribadito il principio di proporzionalità, evidenziando che il licenziamento è una sanzione estrema, applicabile solo laddove la condotta del lavoratore risulti grave ed ingiustificabile.

Venerdi 13 Giugno 2025

Con ordinanza del 1°giugno, n. 14763, la Cassazione ha affrontato il caso di una lavoratrice, dipendente di un istituto bancario che aveva richiesto i permessi riconosciuti dalla legge n. 104, per assistere la suocera disabile, la quale necessitava di cure costanti e continuative.

Il datore di lavoro riteneva che la dipendente avesse sfruttato il permesso riconosciutole, per fini personali, tanto da procedere al licenziamento per giusta causa, eccependo che, durante le giornate di permesso, si allontanava da casa per dedicarsi ad una camminata veloce, attività che nulla aveva a che fare con la finalità assistenziale prescritta dalla normativa.

Nel corso del giudizio, la lavoratrice aveva chiarito che durante la giornata, in un arco temporale massimo di un'ora, si allontanava dall'abitazione dove prestava assistenza alla familiare, per praticare una camminata veloce, ritenuta necessaria per curare l'asma bronchiale di cui era affetta, precisando che durante la sua assenza, l'assistenza era coperta dalla collaboratrice familiare, con la quale interagiva telefonicamente durante la sua assenza temporanea.

Sulla base di queste premesse, la Corte d'appello aveva ritenuto insussistenti le contestazioni sollevate dal datore di lavoro e reintegrato la lavoratrice per mancanza di prove sufficienti. La Cassazione ha confermato il giudizio richiamando la pacifica giurisprudenza di legittimità in materia, secondo cui può costituire giusta causa di licenziamento lo svolgimento, da parte del lavoratore che fruisca di permessi ex L. 104/1992, di attività diverse dall’assistenza al familiare disabile, con violazione della finalità per la quale il beneficio è concesso.

E pertanto: l'assenza dal lavoro per la fruizione del permesso, deve porsi in relazione diretta con la ratio della misura, vale a dire l'assistenza del disabile. Va tenuto conto che il beneficio comporta uno stravolgimento organizzativo per il datore di lavoro, giustificabile solo in presenza di esigenze riconosciute dal legislatore come meritevoli di superiore tutela. Laddove il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza del disabile venga a mancare, si è in presenza di un uso improprio e di una grave violazione dei doveri di correttezza e di buona fede, sia nei confronti del datore di lavoro che dell’ente assicurativo.

La Corte, nel ribadire che i permessi in esame sono delineati quali permessi giornalieri e non su base oraria o cronometrica, e che possono essere fruiti a condizione che il familiare non sia ricoverato a tempo pieno, sottolinea che, l'istituto bancario, aveva lamentato che la Corte territoriale avesse errato nell’affermare che allontanarsi dal disabile nel corso della fruizione del permesso per un arco temporale variabile fra mezz’ora e un’ora e cinquantacinque minuti ogni mattina per praticare una camminata veloce costituisse “attività che si collocherebbe in relazione causale diretta con l’assistenza al disabile tale da costituire attività che rientri nell’ambito della necessità utile al bisognoso”.

Tuttavia, la deduzione della banca sarebbe il risultato di un fraintendimento della decisione della Corte d’appello, la quale aveva considerato che la funzione di assistenza al disabile non viene meno solo perché, nell’ambito dell’intera giornata, il lavoratore riservi alle proprie esigenze personali un limitato lasso di tempo, utile per il recupero delle energie spese nell’attività svolta in favore della persona disabile, ancor più nei casi in cui, come quello oggetto della causa, tale lasso di tempo venga dedicato allo svolgimento di un’attività di carattere terapeutico.

Inoltre, era stato accertato che la lavoratrice era rimasta durante tutte le giornate oggetto di contestazione presso la propria abitazione, allontanandosi unicamente solo per quei limitati lassi di tempo, durante i quali, oltretutto, aveva tenuto sotto controllo la situazione con l’ausilio della collaboratrice. La decisione della Corte territoriale, dunque, secondo la Cassazione, era conforme ai principi di diritto sopra ricordati.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 14763 2025

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