Il deposito dell'appello con “velina”: improcedibilità o nullità sanabile?

Il deposito dell'appello con “velina”: improcedibilità o nullità sanabile?

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16598 del 5 agosto 2016 dirimono un contrasto giurisprudenziale su alcune questioni relative alla improcedibilità e inammissibilità dell'appello.

Martedi 6 Settembre 2016

La questione che ha determinato l'intervento delle Sezioni Unite è la seguente.

Il titolare di una ditta agiva in giudizio per ottenere il pagamento della somma di allora Lire 25.642.000 quale corrispettivo dovuto in forza di un contratto di appalto per la ristrutturazione di un immobile, nonchè di altre due somme per indennità di mancato guadagno e restituzione della c.d. ritenuta di garanzia.

Il tribunale riconosceva all'attore la somma di € 8.181,19; la convenuta soccombente notificava un primo atto di appello in data 12/11/2004, non lo iscriveva a ruolo, e notificava successivamente in data 26/11/2004 un secondo appello, che veniva iscritto a ruolo mediante deposito non dell'orginale della citazione di appello, bensì di una "velina".

Parte appellat iscriveva a ruolo il primo appello al solo dichiarato fine di ottenere la declaratoria della sua improcedibilità, ed eccepiva la inammissibilità del secondo appello, anche per essere stato iscritto con velina.

La Corte distrettuale, riuniti i due appelli, ridimensionava nel merito il dovuto a favore dell'attore/appellato in 648,00 Euro, oltre interessi legali dal 7 marzo 2001 al saldo, e rigettava l'eccezione di improcedibilità del primo appello ai sensi dell'art. 348 c.p.c., comma 1, e di inammissibilità del secondo.

Al riguardo, la Corte di Appello rilevava che:

a) secondo l'esegesi dell'art. 358 c.p.c., il secondo appello non poteva dichiararsi inammissibile in ragione della improcedibilità del primo, in quanto quest'ultima non era stata dichiarata ancora all'atto della sua proposizione e, d'altro canto, il secondo appello era stato proposto quando ancora non era trascorso il termine ai sensi dell'art. 326 c.p.c., decorso dalla notificazione del primo appello;

b) non era fondata l'eccezione di inammissibilità del secondo appello in quanto iscritto con la "velina", trattandosi di una mera irregolarità formale non pregiudizievole per la parte appellata.

L'appellato soccombente proponeva quindi ricorso per Cassazione: la Seconda Sezione Civile della Cassazione, ritenendo che la decisione implicasse la soluzione di due questioni, sulle quali ravvisava l'esistenza di contrasto nella giurisprudenza delle sezioni semplici, rimetteva il ricorso al Primo Presidente, perchè valutasse l'opportunità di assegnarne la trattazione alle Sezioni Unite.

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, in una lunga e articolata sentenza, enuncia i seguenti principi di diritto in merito alle questioni sollevate dal ricorrente in punto di improcedibilità e inammissibilità.

A) Quanto alla prima questione, è principio di diritto che “Nel rito ordinario, la notifica della citazione in appello, non seguita da iscrizione della causa a ruolo o seguita da un'iscrizione tardiva e, dunque, determinativa dell'improcedibilità dell'appello da essa introdotto, non consuma il potere di impugnazione, perchè l'art. 358 c.p.c., intende riferirsi, nel sancire la consumazione del diritto di impugnazione, all'esistenza - al tempo della proposizione della seconda impugnazione - della già avvenuta declaratoria della improcedibilità del primo appello”;

  • e ancora: “quando tale declaratoria non sia ancora intervenuta, è consentita la proposizione di un nuovo appello (di contenuto identico o diverso) in sostituzione del precedente viziato, purchè il termine per l'esercizio del diritto di appellare non sia decorso”;

  • per verificare se il secondo appello è tempestivo occorre aver riguardo (non al termine c.d. lungo di cui all'art. 327 c.p.c.), ma a quello breve di cui all'art. 325 c.p.c., il quale, “solo in difetto di notificazione della sentenza appellata anteriormente a quella del primo appello in modo idoneo a farlo decorrere (art. 285 c.p.c.), decorre dalla data di perfezionamento per il destinatario della notificazione della prima impugnazione”.

B) Quanto alle seconda delle questioni in esame, circa le conseguenze dell'iscrizione a ruolo "con velina" delle cause di appello, le Sezioni Unite precisano che “l'art. 348 c.p.c., comma 1, quando commina l'improcedibilità dell'appello "se l'appellante non si costituisce nei termini", dev'essere inteso nel senso che tale sanzione riguarda la mancata costituzione nei termini indicati dall'art. 165 c.p.c., oppure una costituzione tardiva e non invece una costituzione avvenuta nell'osservanza di tali termini, ma senza il rispetto delle forme con cui doveva avvenire ai sensi dello stesso art. 165”.

  • quindi la costituzione dell'appellante nel termine senza il deposito dell'originale della citazione e, come nella specie, con una c.d. velina, non determina di per sè l'improcedibilità dell'appello, ma una nullità sanabile;

  • in caso di costituzione tempestiva, ma carente sotto il profilo dell'osservanza delle forme, l'appellante può compiere, di sua iniziativa, le attività che servano ad integrarle successivamente (ad esempio mediante attività di deposito dell'originale) entro la prima udienza di cui all’art. 350, comma 2, c.p.c., : la nullità sarà quindi superata;

  • nel caso in cui la tempestiva costituzione avvenga senza il deposito dell'originale della citazione entro la prima udienza ex art. 350 cpc comma 2, la nullità della costituzione in giudizio dell’appellante, potrà, sempre entro la prima udienza di cui all’art. 350, comma 2, c.p.c., essere sanata per raggiungimento dello scopo dalla costituzione in giudizio dell’appellato, a condizione, però, che questi provveda a depositare la copia della citazione notificatagli dall’appellante e da questa sia possibile verificare la tempestività della costituzione dell’appellante.

Testo della sentenza n. 16598

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