La domanda di rateizzazione degli importi indicati nella cartella di pagamento depositata dal contribuente non è riconoscimento del debito e non impedisce a quest’ultimo di proporre il ricorso avverso la suddetta cartella.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 12735/2020, pubblicata il 26 giugno 2020.
Martedi 7 Luglio 2020 |
IL CASO: La vicenda nasce dal ricorso promosso da una società (poi dichiarata fallita) avverso una cartella di pagamento per crediti erariali. Il ricorso veniva accolto dalla Commissione Tributaria Provinciale e la sentenza di quest’ultima veniva confermata dalla Commissione Tributaria Regionale in sede di gravame proposto sia dall’Agenzia delle Entrate sia dall’Agente della Riscossione.
Nel caso di specie, la società contribuente aveva anche depositato la domanda di rateizzazione delle somme indicate nella cartella di pagamento, poi impugnata. La Commissione Tributaria Regionale osservava che ai fini della tempestività del ricorso, la richiesta di rateizzazione formulata dalla contribuente non costitutiva acquiescenza e non dimostrava la conoscenza del debito indicato nella cartella di pagamento.
La vertenza giungeva, pertanto, all’esame della Cassazione a seguito del ricorso interposto dall’Agenzia delle Entrate, la quale deduceva, fra l’altro, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 21 d.lgs. n. 546/1992, nonché dell’art. 1988 codice civile, per aver la Commissione Tributaria Regionale ritenuto erroneamente tempestivo il ricorso proposto dalla contribuente sul presupposto che la domanda di rateizzazione non costituisse riconoscimento del debito e non implicasse, quindi, la sua effettiva conoscenza.
LA DECISIONE: Il motivo del ricorso è stato rigettato dalla Cassazione la quale ha ritenuto corretta la decisione della Commissione Tributaria Regionale, avendo quest’ultima, come affermato dalla giurisprudenza degli stessi giudici di legittimità, escluso che l’istanza di rateizzazione degli importi indicati nella cartella di pagamento formulata dalla contribuente, senza alcuna riserva, costituisse acquiescenza da parte del contribuente.
Secondo gli Ermellini “non può attribuirsi al puro e semplice riconoscimento d’esser tenuto al pagamento di un tributo, contenuto in atti della procedura di accertamento e di riscossione (denunce, adesioni, pagamenti, domande di rateizzazione o di altri benefici), l’effetto di precludere ogni contestazione in ordine all’an debeatur, salvo che non siano scaduti i termini di impugnazione e non possa considerarsi estinto il rapporto tributario”.