Con la sentenza del Tribunale di Rimini n. 491/2025 è stato affrontato il corretto inquadramento di una docente a seguito di un “passaggio di ruolo” da un ordine di scuola a un altro.
| Giovedi 18 Dicembre 2025 |
La ricorrente, una docente immessa in ruolo nella scuola dell’infanzia nell’anno scolastico 2005/2006, dopo aver prestato servizio in tale ruolo fino all’a.s. 2023/2024, otteneva un passaggio di ruolo alla Scuola Secondaria di I grado. L’Amministrazione scolastica, nel procedere alla ricostruzione della carriera, non riconosceva per intero l’anzianità di servizio maturata nel ruolo di provenienza, ma applicava il meccanismo della cosiddetta “temporizzazione”, con un conseguente pregiudizio economico e di progressione di carriera per la docente.
Il Tribunale di Rimini ha accolto integralmente il ricorso, disapplicando gli atti amministrativi contrastanti e dichiarando il diritto della docente al riconoscimento, ai fini giuridici ed economici, dell’intero servizio di ruolo prestato nella scuola dell’infanzia. Di conseguenza, ha condannato il Ministero dell’Istruzione e del Merito a operare una nuova ricostruzione di carriera e a corrispondere le relative differenze retributive.
La decisione del Tribunale di Rimini si fonda su un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, inaugurato dalla sentenza a Sezioni Unite n. 9144 del 6 maggio 2016. Tale pronuncia ha risolto il contrasto interpretativo relativo alla valutazione del servizio pregresso in caso di passaggio di ruolo nel comparto scuola.
Le Sezioni Unite, con la citata sentenza n. 9144/2016, hanno stabilito che l’intervento della Legge n. 312/1980 ha determinato un’espansione del campo di applicazione dell’art. 83 del D.P.R. n. 417/1974. Si è così creata una “osmosi tra i distinti ruoli del personale della scuola”, imponendo un’interpretazione univoca secondo cui, in ogni caso in cui l’ordinamento consente un passaggio di ruolo, il docente conserva integralmente l’anzianità maturata nel ruolo precedente a tutti gli effetti, giuridici ed economici.
La Corte ha chiarito che una lettura restrittiva dell’art. 83, limitata ai soli passaggi originariamente previsti e non a quelli introdotti dalla L. n. 312/1980, si porrebbe in contrasto con i principi costituzionali per irrazionale disparità di trattamento.
Il principi di diritto stabilito rivela l’esistenza di un principio più generale, volto a evitare la penalizzazione del dipendente pubblico che progredisce in carriera e a valorizzare l’esperienza professionale maturata all’interno della stessa amministrazione.
Quindi, il principio sotteso è quello più ampio di ragionevolezza e non discriminazione, che mira a non penalizzare la progressione di carriera all’interno della Pubblica Amministrazione. Un meccanismo come la “temporizzazione”, se inteso come criterio unico e definitivo, potrebbe essere considerato irragionevole e ingiustificatamente penalizzante anche in altri contesti, qualora determini una svalutazione dell’esperienza professionale pregressa.
In conclusione, laddove esistano - dall’analisi della normativa specifica e della contrattazione collettiva di ciascun comparto - meccanismi di progressione (come i passaggi tra aree o profili) ogni dipendente di qualsiasi comprato pubblico può agire per il pieno riconoscimento dell’anzianità pregressa, contestando l’applicazione di criteri meramente “conservativi” o “temporizzanti” che si traducano in una penalizzazione della sua carriera.