Con la sentenza n. 24634/2021, pubblicata il 13 settembre 2021, la Corte di Cassazione si è nuovamente pronunciata sui requisiti richiesti per essere considerato valido ed efficace il disconoscimento di un documento prodotto in copia nell’ambito di un giudizio civile.
Martedi 21 Settembre 2021 |
NORMA DI RIFERIMENTO: ARTICOLO 2719 CODICE CIVILE
Le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro conformità con l'originale è attestata da pubblico ufficiale competente ovvero non è espressamente disconosciuta.
IL CASO: La vicenda nasce dal provvedimento con il quale, nell’ambito di una procedura fallimentare, il giudice delegato ammetteva al passivo del fallimento il credito chirografario richiesto da una banca, comprensivo dei soli interessi legali, escludendo la prelazione sugli interessi convenzionali per la mancata produzione da parte dell’istituto bancario delle note di iscrizione ipotecaria.
Avverso il decreto di esecutorietà dello stato passivo, la banca proponeva opposizione ai sensi del’art. 98 delle legge fallimentare, che veniva rigettata dal Tribunale, il quale riteneva valido il disconoscimento formulato dal fallimento, ai sensi dell’articolo 2719 del Codice Civile, circa la conformità agli originali delle fotocopie delle note di iscrizione ipotecaria prodotte dalla banca opponente che, dopo il disconoscimento, non aveva né esibito né prodotto gli originali. Secondo il Tribunale, la mancata produzione degli originali aveva reso impossibile accertare in altro modo la conformità delle copie agli originali.
Pertanto, la questione veniva sottoposta all’esame della Corte di Cassazione a seguito del ricorso promosso dalla banca, la quale deduceva, fra i vari motivi, l’erroneità della decisione impugnata per avere escluso il privilegio sugli interessi convenzionali, conferendo valore assorbente al disconoscimento della conformità agli originali delle copie fotostatiche prodotte, non tenendo conto che il fallimento si era limitato ad un disconoscimento generico delle copie prodotte, senza indicare in quali punti le copie costituissero un "falso".
LA DECISIONE: La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo del ricorso che lo ha accolto con rinvio della causa al Tribunale, in diversa composizione.
Secondo gli Ermellini:
alla disciplina del disconoscimento della scrittura privata non si applica l’art. 215 c.p.c. comma 1, n. 2, per cui il disconoscimento della conformità della copia all'originale non contempla l'inutilizzabilità del documento in difetto di istanza di verificazione, in quanto il giudice può accertarne la conformità anche aliunde, ricorrendo ad altre prove, anche presuntive;
ai fini del disconoscimento di cui all’art. 2719 del Codice Civile, la giurisprudenza ha introdotto l'ulteriore requisito della specifica indicazione degli "aspetti differenziali" tra copia prodotta e originale;
secondo il costante orientamento giurisprudenziale di legittimità, il disconoscimento formale deve avvenire, a pena di inefficacia, "attraverso una dichiarazione che evidenzi in modo chiaro ed univoco sia il documento che si intende contestare, sia gli aspetti differenziali di quello prodotto rispetto all'originale" (tra le più recenti, Cass. n. 3227 del 2021; conf. Cassazione nn. 25404, 24730, 22577, 20770, 19552 del 2020; 16557, 3540 del 2019; 27633 del 2018, 29993 e 23902 del 2017;
nel caso esaminato, il tribunale ha errato nel ritenere efficace il disconoscimento, in quanto il fallimento non ha evidenziato alcuna differenza fra gli originali dei documenti e le copie prodotte dalla ricorrente, nè ha indicato peculiarità di queste ultime (ad es. cancellature, scoloriture ecc.) che potessero far dubitare della loro conformità ai primi.