L’amministrazione è legittimata a procedere disciplinarmente per fatti già al vaglio dell’autorità giudiziaria, anche in pendenza di un procedimento penale, con potestà di accertare autonomamente i fatti ed anche di effettuare una autonoma valutazione della rilevanza disciplinare degli stessi.
Sabato 29 Maggio 2021 |
I riferimenti contenuti nel D.lgs 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare – C.o.m. -) al procedimento penale, ed ai conseguenti provvedimenti conclusivi, costituiscono il fondamento normativo che consente all’amministrazione di procedere disciplinarmente per fatti già al vaglio dell’autorità giudiziaria ed anche in pendenza di un procedimento penale. L’amministrazione ha, quindi, la potestà di procedere all’autonomo accertamento dei fatti ed anche all’autonoma valutazione della rilevanza disciplinare degli stessi. Il giudizio disciplinare effettuato dalla Pubblica amministrazione, peraltro, “non è vincolato alle valutazioni che vengono effettuate in sede penale, ferma restando l'immutabilità dell'accertamento dei fatti, nella loro materialità, operato dal giudice penale.” (Cons. Stato Sez. IV, 27/07/2020, n. 4761).
L’art. 1393 C.o.m., nella vigente formulazione, dispone che:
“1. Il procedimento disciplinare, che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l'autorità giudiziaria, è avviato, proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale. Per le infrazioni disciplinari di maggiore gravità, punibili con la consegna di rigore di cui all'articolo 1362 o con le sanzioni disciplinari di stato di cui all'articolo 1357, l'autorità competente, solo nei casi di particolare complessità dell'accertamento del fatto addebitato al militare ovvero qualora, all'esito di accertamenti preliminari, non disponga di elementi conoscitivi sufficienti ai fini della valutazione disciplinare, promuove il procedimento disciplinare al termine di quello penale.
Il procedimento disciplinare non è comunque promosso e se già iniziato è sospeso fino alla data in cui l'Amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili, che concludono il procedimento penale, ovvero del provvedimento di archiviazione, nel caso in cui riguardi atti e comportamenti del militare nello svolgimento delle proprie funzioni, in adempimento di obblighi e doveri di servizio. Rimane salva la possibilità di adottare la sospensione precauzionale dall'impiego di cui all'articolo 916, in caso di sospensione o mancato avvio del procedimento disciplinare.
2. Se il procedimento disciplinare, non sospeso, si conclude con l'irrogazione di una sanzione e, successivamente, il procedimento penale è definito con una sentenza irrevocabile di assoluzione che riconosce che il fatto addebitato al dipendente non sussiste o non costituisce illecito penale o che il militare non lo ha commesso, l'autorità competente, ad istanza di parte, da proporsi entro il termine di decadenza di sei mesi dall'irrevocabilità della pronuncia penale, riapre il procedimento disciplinare per modificarne o confermarne l'atto conclusivo in relazione all'esito del giudizio penale.
3. Se il procedimento disciplinare si conclude senza l'irrogazione di sanzioni e il processo penale con una sentenza irrevocabile di condanna, l'autorità competente riapre il procedimento disciplinare per valutare le determinazioni conclusive all'esito del giudizio penale. Il procedimento disciplinare è riaperto, altresì, se dalla sentenza irrevocabile di condanna risulta che il fatto addebitabile al dipendente in sede disciplinare può comportare la sanzione di stato della perdita del grado per rimozione, ovvero la cessazione dalla ferma o dalla rafferma, mentre è stata irrogata una diversa sanzione.
4. Nei casi di cui ai commi 1, primo periodo, 2 e 3 il procedimento disciplinare è, rispettivamente, avviato o riaperto entro novanta giorni dalla data in cui l'Amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza ovvero dalla presentazione dell'istanza di riapertura ed è concluso entro duecentosettanta giorni dall'avvio o dalla riapertura. La riapertura avviene mediante il rinnovo della contestazione dell'addebito da parte dell'autorità competente e il procedimento prosegue secondo le ordinarie modalità previste.”
Con la riformulazione dell’art. 1393 è stata superata, in definitiva, la precedente regola della pregiudizialità dell'accertamento giudiziario penale prevista dal testo originario (che disponeva che "Se per il fatto addebitato al militare è stata esercitata azione penale, ovvero è stata disposta dall'autorità giudiziaria una delle misure previste dall'articolo 915, comma 1, il procedimento disciplinare non può essere promosso fino al termine di quello penale o di prevenzione e, se già iniziato, deve essere sospeso").
Già l'art. 15 comma 1 della L. 7 agosto 2015, n. 124, invero, aveva stabilito che "In caso di procedimento disciplinare che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l'autorità giudiziaria, si applica la disciplina in materia di rapporti fra procedimento disciplinare e procedimento penale di cui all'articolo 55-ter del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165". Quest'ultima disposizione, introdotta dall'art. 69, comma 1, del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 e riferita alla generalità dei procedimenti disciplinari nell'impiego pubblico, prevede che:
“Il procedimento disciplinare, che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l'autorità giudiziaria, è proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale. Per le infrazioni per le quali è applicabile una sanzione superiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a dieci giorni, l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari, nei casi di particolare complessità dell'accertamento del fatto addebitato al dipendente e quando all'esito dell'istruttoria non dispone di elementi sufficienti a motivare l'irrogazione della sanzione, può sospendere il procedimento disciplinare fino al termine di quello penale. Fatto salvo quanto previsto al comma 3, il procedimento disciplinare sospeso può essere riattivato qualora l'amministrazione giunga in possesso di elementi nuovi, sufficienti per concludere il procedimento, ivi incluso un provvedimento giurisdizionale non definitivo. Resta in ogni caso salva la possibilità di adottare la sospensione o altri provvedimenti cautelari nei confronti del dipendente".
Stando al tenore testuale della norma citata, quindi, il principio di autonomia del procedimento disciplinare rispetto al procedimento penale sconta due uniche eccezioni che impongono la sospensione sino all'esito del giudizio penale (cfr. tra le tante Cons Stato, Sez. IV, 26 marzo 2020, n. 2107 e 18 settembre 2018, n. 5451):
- quando il fatto sia grave (cioè passibile di consegna di rigore o di sanzione di stato) e il suo accertamento rivesta particolare complessità al punto che gli strumenti propri della inchiesta disciplinare non siano sufficienti;
- se il fatto addebitato, indipendentemente dalla sua gravità, sia commesso nell'esercizio delle funzioni ovvero in adempimento di obblighi e doveri di servizio. (Cons. Stato Sez. IV, 22/03/2021, n. 2428).
In ragione di quanto sopra è possibile affermare che nel caso in cui l’azione disciplinare sia esercitata in relazione ad infrazioni non gravi ed estranee al rapporto di servizio non sono ammessi il rinvio del procedimento o la sospensione.
Per individuare gli atti e comportamenti compiuti dal militare nello svolgimento delle proprie funzioni, o in adempimento di obblighi e doveri di servizio, (ipotesi che escludono la possibilità di avviare il procedimento disciplinare, ovvero che obbligano a sospendere quello già avviato) è necessario che sussista un nesso tra l'adempimento del dovere e l'atto contestato. In tal caso, infatti, il profilo penalmente rilevante della condotta è idoneo a determinare un conflitto di interessi fra il militare e l’amministrazione tale da richiedere il giudizio di un organo terzo quale è, appunto, l’autorità giudiziaria.
Laddove, invece, le azioni compiute in orario e luogo di servizio siano riferibili alla sfera individuale del soggetto, escludendo una connessione dei fatti con il servizio, l'autorità militare dovrà avviare le attività ricognitive e di raccolta di elementi utili a perimetrare il fatto onde valutarlo disciplinarmente.
Dall’accertamento del livello di gravità della condotta dipenderà quindi l’avvio e conclusione di un procedimento disciplinare di corpo (anche finalizzato all’irrogazione di una consegna di rigore), o di un procedimento disciplinare di stato, o di nessun procedimento disciplinare fino alla conclusione definitiva del procedimento penale.
Resta in ogni caso fermo il principio per cui “La valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all'applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa che non è sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche. Spetta pertanto all'amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l'infrazione e il fatto di rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità.” (ex multis Cons. Stato Sez. IV, 27/07/2020, n. 4761).
Ciò posto, il termine previsto dall’ art. 1392, comma 1, c.o.m., subordinando lo svolgimento del procedimento disciplinare a seguito di giudizio penale alla conoscenza dell'esito del procedimento penale, vincola l’Amministrazione a contestare gli addebiti, nel caso di procedimento disciplinare di stato, entro 90 giorni dalla data della conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili, che concludono il procedimento penale, ovvero del provvedimento di archiviazione. “Il mancato avvio del procedimento disciplinare con contestazione degli addebiti all'interessato entro 90 giorni dalla data in cui l'Amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili, comportano l'intempestività dell'agere sanzionatorio, che costituisce un vizio di valenza assorbente con conseguente illegittimità del provvedimento.”( T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, 18/01/2021, n. 413).
Inoltre “Ai sensi dell'art. 1392, comma 3, del D.Lgs. n. 66/2010 (codice dell'ordinamento militare) il termine di 270 giorni di conclusione del procedimento disciplinare, a pena di decadenza, decorre dalla conoscenza integrale della sentenza irrevocabile di condanna. L'art. 1392, comma 3, del D.Lgs. n. 66/2010, laddove indica come dies a quo del termine per il radicamento e la definizione del procedimento disciplinare di stato "la data in cui l'amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili, che lo concludono", fa evidentemente riferimento ad una conoscenza giuridicamente certa, che può derivare solo dall'acquisizione di copia conforme della sentenza completa dell'attestazione di irrevocabilità. Di converso, la norma non individua un termine entro il quale l'amministrazione deve provvedere all'acquisizione documentale, oltretutto dipendente dai tempi necessari alle cancellerie degli uffici giudiziari per evadere le richieste.”(Cons. Stato Sez. IV, 06/11/2020, n. 6828).
Le ipotesi in cui si deve procedere alla riapertura del procedimento disciplinare al termine di quello penale, previste dall’art. 1393 C.o.m. si realizzano in tre casi:
1. quando il procedimento disciplinare, non sospeso, si è concluso con l'irrogazione di una sanzione e il procedimento penale è definito con una sentenza irrevocabile di assoluzione che riconosce che il fatto addebitato al dipendente non sussiste o non costituisce illecito penale o che il militare non lo ha commesso (comma 2). È da precisare che “solo la decisione penale irrevocabile di assoluzione ha la forza di res giudicata nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alla p.a. quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso, atteso che la formula assolutoria: il fatto non costituisce illecito penale non preclude in sede disciplinare una autonoma valutazione del fatto stesso, proprio perché, come detto, l'illecito penale e quello disciplinare operano su piani differenti e ben può un determinato comportamento del dipendente, non penalmente sanzionato, rilevare sotto il profilo disciplinare.(ex multis T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, 24/09/2020, n. 9749). Al verificarsi di tale ipotesi, ove l'autorità militare abbia ravvisato una responsabilità disciplinare, il militare sanzionato può proporre, entro il termine di decadenza di sei mesi dall'irrevocabilità della pronuncia penale, un’istanza di riapertura del procedimento disciplinare. Il procedimento deve essere riaperto entro novanta giorni dalla presentazione dell'istanza, rinnovando la contestazione dell'addebito, e deve concludersi entro duecentosettanta giorni dalla riapertura con un provvedimento di modifica o conferma del primitivo procedimento disciplinare;
2. quando il procedimento disciplinare, non sospeso, si è concluso senza l'irrogazione di sanzioni e il processo penale con una sentenza irrevocabile di condanna (comma 3, primo periodo). In tal caso l'autorità competente riapre entro novanta giorni dalla data in cui l'amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza il procedimento disciplinare. Il Comandante di corpo procede all'esame del giudicato penale e formula una propria proposta all'autorità competente che potrà disporre l'esecuzione di un'inchiesta formale o il rinvio degli atti allo stesso Comandante di corpo. La riapertura del procedimento avviene mediante il rinnovo della contestazione dell'addebito da parte dell'autorità competente da effettuarsi entro 90 giorni dalla avvenuta conoscenza del provvedimento;
3. quando il procedimento disciplinare, non sospeso, si è concluso con l'irrogazione di una sanzione conservativa e il processo penale con una sentenza irrevocabile di condanna che accerta la commissione di un fatto che può comportare la sanzione di stato della perdita del grado per rimozione, ovvero la cessazione dalla ferma o dalla rafferma (comma 3, secondo periodo). In tal caso l'autorità competente riapre il procedimento disciplinare di stato entro novanta giorni dalla data in cui l'amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza, con la contestazione degli addebiti. Il procedimento segue le ordinarie modalità e deve concludersi entro 270 giorni dalla riapertura.
È appena il caso di precisare che, in ogni caso, in presenza di un provvedimento conclusivo di un procedimento penale a carico di un militare, l’oggetto degli accertamenti finalizzati a determinare la valenza disciplinare delle azioni poste in essere, deve riguardare la condotta materiale e non il provvedimento giudiziario in sé stesso. Ciò significa che deve essere individuata una stretta correlazione fra la condotta tenuta dal militare e la norma disciplinare potenzialmente violata.
Ai sensi dell’art. 1398 C.o.m., nel caso debba essere avviato un procedimento disciplinare di corpo, la contestazione degli addebiti dovrà avvenire senza ritardo dalla data della conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili che concludono il procedimento penale, ovvero del provvedimento di archiviazione.
Al di fuori delle ipotesi in cui il procedimento disciplinare deve essere sospeso, il Comandante di Corpo che sia venuto a conoscenza del fatto che un militare dipendente abbia attuato un condotta che configuri un reato per il quale ex art. 1393 comma 1, C.o.m. non debba rinviarsi o sospendersi il procedimento disciplinare dovrà accertare se la mancanza sia tale da rientrare fra quelle punibili con una sanzione di corpo o inviare gli atti all'autorità competente affinchè disponga l'inchiesta formale.
Gli accertamenti preliminari devono concludersi entro 180 giorni dalla conoscenza del fatto da parte dell'amministrazione con un ordine di inchiesta formale, oppure con la restituzione degli atti al Comandante di Corpo per la valutazione in merito all’irrogazione di una sanzione di corpo, oppure con una archiviazione senza sanzioni.
Se viene ordinata l'inchiesta formale, gli addebiti disciplinari per l’avvio del procedimento disciplinare di stato devono essere contestati entro 60 giorni dalla conclusione degli accertamenti preliminari (art. 1392, comma 2, C.o.m.) a pena della decadenza dall'azione disciplinare.
Nel procedimento disciplinare, quindi, assume particolare rilevanza il provvedimento conclusivo del procedimento penale. Le sentenze di assoluzione, così come quelle di condanna, infatti, hanno efficacia extrapenale di giudicato nel giudizio di responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità (art. 653 C.p.p.).
Sono necessarie, tuttavia, alcune precisazioni.
In presenza delle formule assolutorie "perché il fatto non sussiste" e "perché l'imputato non lo ha commesso" l'amministrazione non può esercitare la potestà disciplinare perché, nel primo caso, non vi è alcuna condotta da censurare e, nel secondo, anche se la condotta sussiste non è ascrivibile al militare. In tali evenienze, quindi, il procedimento disciplinare, se già avviato, dovrà essere archiviato.
Non sussiste la stessa preclusione all’esercizio della potestà disciplinare se la sentenza di non luogo a procedere "perché il fatto non sussiste" e "perché l'imputato non lo ha commesso" viene pronunciata all’esito dell’udienza preliminare perchè trattasi di pronunce rese prima del giudizio e sempre revocabili (art. 434 c.p.p.). L’amministrazione, tuttavia, potrà tenere conto degli esiti favorevoli al militare delle indagini preliminari e, conseguentemente, disporre l’archiviazione.
In tutti i casi di proscioglimento per difetto di una condizione di procedibilità, per estinzione del reato, per particolare tenuità del fatto; di assoluzione perché “il fatto non costituisce reato” o non è previsto dalla legge come reato”, per mancanza di prove o per la presenza di cause di giustificazione; di archiviazione; di emissione di un decreto penale di condanna o pronuncia di una sentenza di condanna anche a seguito di giudizio abbreviato, patteggiamento, giudizio immediato o direttissimo, l’azione disciplinare è sempre possibile.