Con l’ordinanza n. 30389/2019, pubblicata il 21 novembre 2019, la Corte di Cassazione si è pronunciata sui rimedi esperibili dal soggetto che, avendo provveduto al versamento di somme in virtù di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo emesso nei suoi confronti e successivamente revocato all’esito del giudizio di opposizione, deve procedere alla richiesta di restituzione nel caso in cui il giudice dell’opposizione nulla disponga in tal senso.
Mercoledi 11 Dicembre 2019 |
IL CASO: Nella vicenda esaminata, una società richiedeva ed otteneva un decreto ingiuntivo per la restituzione di somme versate al creditore in adempimento di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, successivamente revocato con sentenza dal Tribunale a seguito dell’opposizione.
La sentenza del Tribunale era stata appellata. La società ricorrente, nel richiedere l’emissione dell’ingiunzione, deduceva che nella sentenza con la quale il Tribunale aveva revocato il decreto ingiuntivo opposto, nulla era stato statuito in merito alla restituzione delle somme da essa versate.
Avverso il suddetto decreto veniva proposta opposizione da parte dell’ingiunto, il quale, stante la pendenza del giudizio di appello avverso la sentenza che aveva revocato il decreto ingiuntivo a suo tempo emesso, deduceva la violazione del principio del ne bis in idem.
L’opposizione veniva rigettata dal Tribunale e la sentenza veniva confermata dalla Corte di Appello, la quale riteneva di dar seguito a quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 19296/2015, secondo la quale al soggetto che ha versato delle somme in virtù di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo e poi revocato in sede di opposizione è riconosciuto, al pari del soggetto che ha adempiuto alle obbligazioni derivanti da una sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva e poi riformata, il diritto di agire per la restituzione da farsi valere sia dinanzi allo stesso giudice dell'opposizione sia con il ricorso per decreto ingiuntivo.
LA DECISIONE: La Corte di Cassazione chiamata a pronunciarsi sul ricorso promosso dall’ingiunto, rimasto soccombente in entrambi i gradi di giudizio, ritenendo corretta la decisione impugnata, ha rigettato il ricorso, osservando che:
come affermato dalla stessa Corte di legittimità con la sentenza n. 19296/2005, "Il principio secondo cui il diritto alla restituzione delle somme pagate in esecuzione di una sentenza provvisoriamente esecutiva, successivamente riformata in appello, sorge, ai sensi dell'art. 336 c.p.c., per il solo fatto della riforma della sentenza e può essere fatto valere immediatamente, se del caso anche con procedimento monitorio, trova applicazione anche in riferimento alla revoca del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo.
In tal caso, la domanda di restituzione può essere proposta dinanzi allo stesso giudice dell'opposizione, ovvero anche separatamente, ed in quest'ultima ipotesi il relativo giudizio non dev'essere sospeso in attesa della definizione di quello di opposizione al decreto ingiuntivo, non essendo la restituzione subordinata al passaggio in giudicato della sentenza di accoglimento dell'opposizione";
nel caso in cui l'adempimento sia avvenuto (come nella specie esaminata) in virtù di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo e successivamente revocato, è vero che la sentenza stessa potrebbe espressamente disporre le restituzioni (avendo tale capo ex se provvisoria esecutività), ma nel caso in cui nulla disponga, alla parte è riconosciuto il diritto di attivarsi immediatamente per il recupero di quanto indebitamente versato sia reiterando la richiesta di restituzione dinanzi allo stesso giudice dell'opposizione (a questo punto in sede di gravame), ovvero con il ricorso ad un'autonoma procedura monitoria.
Cassazione civile ordinanza n.30389/2019