Il creditore può munirsi di più titoli esecutivi per la stessa ragione di credito.

Il creditore può munirsi di più titoli esecutivi per la stessa ragione di credito.
Giovedi 5 Settembre 2019

Il creditore munito di una sentenza di condanna nei confronti di una società in nome collettivo può richiedere ed ottenere nei confronti dei soci di quest’ultima un decreto ingiuntivo per recuperare le somme liquidate con la suddetta sentenza, in quanto anche se può agire esecutivamente nei confronti del socio illimitatamente responsabile dopo aver escusso preventivamente il patrimonio della società, non può iscrivere ipoteca sui beni del socio avvalendosi del titolo giudiziale ottenuto nei confronti della suddetta società.

Questo è quanto affermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 21768/2019, pubblicata il 28 agosto scorso.

IL CASO: Nella vicenda esaminata il Tribunale rigettava la domanda proposta da una società in nome collettivo nei confronti di due soggetti condannando la suddetta società al pagamento in favore dei convenuti delle spese legali del giudizio.

La sentenza del Tribunale passava in giudicato per la mancata impugnazione e i convenuti per il recupero delle somme liquidate dal Tribunale, dopo aver intrapreso nei confronti della società soccombente l’azione esecutiva senza successo in quanto rimasta infruttuosa, richiedevano ed ottenevano un decreto ingiuntivo nei confronti dei soci per il pagamento delle suddette somme.

Questi ultimi proponevano opposizione avverso il suddetto decreto ingiuntivo, deducendo l’inammissibilità del procedimento monitorio per carenza d'interesse ex art. 100 c.p.c., in quanto la condanna che era stata pronunciata nei confronti della società, secondo gli opponenti, era titolo per agire esecutivamente ed iscrivere ipoteca anche nei confronti dei soci.

L’opposizione veniva rigettata dal Tribunale, il quale riconosceva l’interesse dei creditori opposti a chiedere il decreto ingiuntivo "per ovviare ad un probabile rifiuto del conservatore di iscrivere ipoteca sui beni dei soci" sulla base del titolo esecutivo pronunciato nei confronti della sola società. In sede di gravame, la Corte di appello, confermava la sentenza di primo grado, sul punto.

Pertanto, avverso la sentenza di secondo grado, i soci interponevano ricorso per Cassazione.

LA DECISIONE: Con la decisione in commento, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, osservando che:

  1. nel nostro ordinamento, come affermato da tempo dal consolidato orientamento della stessa corte di legittimità e dalla Corte Costituzionale, non esiste un divieto generale ed assoluto per il creditore di munirsi di più titoli esecutivi per la stessa ragione di credito;

  2. l'art. 2304 del codice civile, pur inibendo al creditore sociale di aggredire esecutivamente il patrimonio del socio se non dopo avere agito infruttuosamente sui beni della società, non gli impedisce d'agire in sede di cognizione per munirsi di uno specifico titolo esecutivo nei confronti del socio, "per poter iscrivere ipoteca giudiziale sugli immobili di quest'ultimo" (Sez. 3 -, Ordinanza n. 25378 del 12/10/2018, Rv. 651164-01; Sez. 1, Sentenza n. 1040 del 16/01/2009, Rv. 606371-01; Sez. L, Sentenza n. 15713 del 12/08/2004, Rv. 576756-01; Sez. 3, Sentenza n. 15700 del 08/11/2002, Rv. 558341-01; Sez. 1, Sentenza n. 13183 del 26/11/1999, Rv. 531525-01; Sez. 1, Sentenza n. 5434 del 03/06/1998, Rv. 516037-01; Sez. L, Sentenza n. 7100 del 26/06/1993, Rv. 482938-01; Sez. 1, Sentenza n. 7582 del 23/12/1983, Rv. 432181-01).

  3. Il creditore già munito di un titolo, non può procedere alla richiesta di munirsi di un secondo titolo esecutivo solo in presenza dei seguenti limiti derivanti da altri ed espliciti principi dell’ordinamento:

a) il principio di consumazione dell'azione ed il divieto del bis in idem, i quali impediscono al creditore di iniziare un secondo giudizio di accertamento dell'esistenza del medesimo credito già dedotto in giudizio;

b) il principio dell'interesse (art. 100 c.p.c.), che non consente l'introduzione di giudizi dai quali il creditore non possa trarre alcun vantaggio giuridico concreto, e cioè nel caso in cui vi è la carenza di interesse;

c) il principio (desumibile dagli artt. 1175 e 1375 c.c.) che vieta l'abuso del diritto (Sez. 3, Sentenza n. 20106 del 18/09/2009, Rv. 610223 - 01) e del processo (ex multis, Sez. U, Sentenza n. 9935 del 15/05/2015 (Rv. 635325 - 01).

In virtù dei suddetti principi, secondo i giudici di legittimità, non può essere richiesta l’emissione di un decreto ingiuntivo nei seguenti casi:

  1. se il creditore abbia già ottenuto una sentenza od un altro decreto ingiuntivo per il medesimo titulus obligationis e nei confronti della medesima persona, in quanto in questi casi ha ormai consumato l'azione, e si tratterà dunque solo di stabilire se la sua domanda sia impedita da litispendenza o giudicato;

  2. se il creditore è già in possesso di un titolo che gli permette di procedere all’iscrizione di ipoteca giudiziale sui beni della medesima persona, perché nessun vantaggio ulteriore ne trarrebbe;

  3. il creditore che, in considerazione delle specificità del caso concreto, risulti mosso unicamente da intenti emulativi, fraudolenti o vessatori e quindi si è in presenza dell’abuso del diritto o del processo.

Inoltre, secondo i giudici di legittimità, come già affermato in altri arresti, il creditore sociale, munito di titolo esecutivo nei confronti della società, non può, sulla base di quel titolo, iscrivere ipoteca sui beni personali dei soci illimitatamente responsabili, in quanto:

a) l'art. 2818 c.c., attribuisce alla sentenza la qualità di titolo per iscrivere ipoteca "sui beni del debitore", e il "debitore" non può che essere la persona che ha partecipato al giudizio che quella sentenza ha concluso;

b) se così non fosse, si perverrebbe a conseguenze paradossali in tutti i casi di obbligazionì garantite da terzi: così, ad esempio, la sentenza pronunciata nei confronti del debitore principale potrebbe essere utilizzata per iscrivere ipoteca sui beni del fideiussore; quella pronunciata nei confronti di un condebitore potrebbe essere utilizzata per iscrivere ipoteca sui beni del coobbligato, e via fantasticando;

c) nulla rileva, in senso contrario, che il creditore sociale titolato possa agire esecutivamente nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, dal momento che l'ordinamento ammette in non poche ipotesi che un certo titolo esecutivo consenta l'esecuzione forzata, ma non l'iscrizione di ipoteca;

d) i titoli che consentono l'iscrizione dell'ipoteca sono tassativi (artt. 2818-2820);

e) l'art. 2939 c.c., comma 2, esige che l'iscrizione dell'ipoteca debba indicare "il debitore", e questi non può che essere la persona a carico della quale fu pronunciata la condanna contenuta nel titolo esecutivo.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza n.21768/2019

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