Il Tribunale di Milano, Sezione III°, con la sentenza del 18/03/2016 si pronuncia su una questione controversa, relativa alla validità o meno del precetto carente dell'avviso ex art. 480 c.p.c. comma 2.
Sabato 30 Aprile 2016 |
Com'è noto, il D.L. 27 giugno 2015, n. 83, conv. con modificaz. in L. 6 agosto 2015, n. 132 ha introdotto al comma 2 dell'art. 480 c.p.c. la disposizione per cui “ Il precetto deve altresì contenere l'avvertimento che il debitore può, con l'ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore”, con riferimento quindi alla L. 27 gennaio 2012, n. 3 recante “Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento”.
Nel caso sottoposto all'attenzione del tribunale di Milano, il debitore, nell'ambito di un procedimento di esecuzione mobiliare presso terzi, propone opposizione ex art. 615, comma 2, c.p.c e chiede la sospensione dell'efficacia esecutiva del precetto e del relativo titolo esecutivo deducendo la mancanza nell'atto di precetto dell'avvertimento relativo alla possibilità per il medesimo debitore di porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore.
In conseguenza di ciò l'opponente chiede dichiararsi la nullità del pignoramento presso terzi fondato su atto di precetto nullo per il motivo di cui sopra.
Il Tribunale, nel rigettare l'istanza di sospensione, ne evidenzia l'infondatezza alla luce delle seguenti considerazioni.
Preliminarmente l'opposizione proposta deve essere qualificata come opposizione agli atti esecutivi, in quanto fondata esclusivamente sulla mancanza nel precetto, dell'avvertimento introdotto dall'art.13, comma 1, lett. a) D.L. n. 83 del 2015, e pertanto deve ritenersi inammissibile essendo stata formulata oltre il termine perentorio di venti giorni ex l'art. 617 c.p.c..
Nel merito dell'opposizione proposta, il Tribunale ritiene non condivisibili le censure del debitore, secondo cui la mancanza dell'avvertimento relativo alla possibilità di concludere con i creditori un accordo di composizione della crisi o di proporre un piano del consumatore comporterebbe la nullità dello stesso precetto, in quanto:
il legislatore non ha espressamente disciplinato le conseguenze della mancanza nel precetto del nuovo avvertimento, ed ha lasciato la questione alla valutazione giudiziale; pertanto la mancanza dell'avvertimento non può determinare la nullità dell'atto.
gli avvertimenti previsti dalle norme processuali assolvono ad una funzione fondamentale di garanzia, rappresentando al destinatario dell'atto l'esistenza di situazioni giuridiche che un soggetto privo di cognizioni tecniche può non conoscere;
la garanzia di difesa deve essere bilanciata con il principio della ragionevole durata dei giudizi e pertanto, come osservato dalla Suprema Corte (Cass.n.11585/2009), le norme processuali devono essere interpretate in modo che sia preclusa la rinnovazione di atti non in grado di raggiungere risultati diversi rispetto a quelli già prodottosi;
attraverso l'"avvertimento" di cui all'art. 480, comma 2, ultima parte, c.p.c. il legislatore ha inteso semplicemente "informare" il debitore dell'esistenza di una procedura (quelle disciplinate dalla L. n. 3 del 2012) che nelle intenzioni del medesimo legislatore è volta a perseguire obiettivi importanti: la stessa relazione illustrativa alla L.n. 3/2012 evidenzia che la procedura de quo è tesa ad evitare inutili collassi economici con la frequente impossibilità di soddisfacimento dei creditori, ma, soprattutto, con il ricorso al mercato dell'usura e, quindi, al crimine organizzato; però, aggiunge il tribunale, tale procedura ha avuto sino ad oggi una limitatissima applicazione a causa di una mancata adeguata informazione ai debitori;
inoltre, se anche il precetto è carente dell'avvertimento, nel caso in esame il debitore ha mostrato disinteresse verso le procedure di cui alla L. n.3/12, rispetto alle quali ben avrebbe potuto chiedere, in conseguenza del mancato avvertimento, una remissione in termini;
infine, ex art. 156 co.1 c.p.c., la mancanza dell'avvertimento non è sanzionata dalla legge, che prevede espressamente la nullità solo nel caso di mancata indicazione delle parti, della data di notifica del titolo esecutivo o per la mancata integrale trascrizione del titolo nel precetto, laddove richiesta.
Si segnala che in precedenza lo stesso tribunale di Milano con l'ord. 23 dicembre 2015 si è pronunciato in senso opposto alla presente sentenza.