Un condomino ha impugnato una delibera assembleare che ha deliberato l’esecuzione di lavori nello stabile perché – a suo dire – il suo delegato aveva espresso voto favorevole per gli stessi, a dispetto delle istruzioni dallo stesso attore impartite.
Il Tribunale milanese non manca di premettere la pacifica circostanza – Cass. n. 2218/13, Cass. 12466/04, Cass. 4531/03 – secondo la quale le regole tra rappresentato e rappresentante in assemblea siano disciplinate dalle norme codicistiche sul mandato di cui agli articoli 1703 e seguenti c.c. con la logica conseguenza che l'operato del delegato non è né nullo né tanto meno annullabile ma se mai solo inefficace nei confronti del delegante fino alla ratifica ed inoltre tale temporanea inefficacia non può essere rilevata d'ufficio dal Giudice ma solo su espressa eccezione della parte interessata (Cass. 4531/03).
Di conseguenza, in ambito condominiale, l'atto del rappresentante è destinato a produrre effetti non solo nella sfera del rappresentato ma anche nei confronti dei terzi, condomini e non, contribuendo a formare la cosiddetta “volontà del condominio” (Cass. n. 3952/94).
Nel caso di specie, infatti, l'attore non è stato in grado di provare alcun motivo d'invalidità della delibera sorta in conseguenza dell'operato del suo delegato o dal voto da questi espresso, nemmeno ai fini della determinazione dei quorum costitutivi o deliberativi e quindi le doglianze sollevate in giudizio sono meramente destinate a rimanere confinate all’interno rapporto di mandato tra condomino e suo rappresentante in assemblea.
L'impugnazione è stata quindi rigettata con conseguente condanna dell'attore al pagamento delle spese di lite eccetto quelle del contributo unificato poste a carico del Condominio per la mancata partecipazione alla mediazione obbligatoria.