La Cassazione con la sentenza n. 39331 del 22 settembre 2016 interviene in tema di maltrattamenti in famiglia in correlazione con lo status di separati.
Lunedi 3 Ottobre 2016 |
Nel caso di specie, la Corte di appello confermava la condanna di un uomo alla pena di anno uno, mesi sei di reclusione per il reato di maltrattamenti in famiglia, tentato esercizio arbitrario delle proprie ragioni, danneggiamento e violazione di domicilio.
Avverso tale sentenza ricorreva per cassazione il difensore dell'imputato che deduceva:
violazione dell'art. 572 c.p. e art. 192 c.p.p..: l'imputato e la persona offesa erano separati da anni e che la convivenza era cessata ancora prima, per cui mancherebbe uno dei presupposti per la configurazione del reato previsto dall'art. 572 c.p..
La Suprema Corte, nel respingere l'impugnazione, coglie l'occasione per ribadire la giurisprudenza consolidata per cui:
- infondata è la tesi per cui non è possibile configurare il reato di maltrattamenti in famiglia in caso di cessazione della convivenza o di separazione;
ricorre il delitto di maltrattamenti in famiglia anche in danno di persona non convivente o non più convivente con l'agente, quando quest'ultimo e la vittima siano legati da vincoli nascenti dal coniugio o dalla filiazione;
peraltro il reato persiste anche in caso di separazione legale tenuto conto del fatto che tale stato, pur dispensando i coniugi dagli obblighi di convivenza e fedeltà, lascia tuttavia integri i doveri di reciproco rispetto, di assistenza morale e materiale nonchè di collaborazione;
la convivenza non rappresenta un presupposto della fattispecie in questione, per cui la separazione non esclude il reato di maltrattamenti, quando l'attività persecutoria si valga proprio o comunque incida su quei vincoli che, rimasti intatti a seguito del provvedimento giudiziario, pongono la parte offesa in posizione psicologica subordinata o comunque dipendente;
il consorzio familiare, inteso come nucleo di persone legate da relazioni di reciproco rispetto ed assistenza, sopravvive alla cessazione della convivenza e, financo, alla separazione;
tale interpretazione resiste alla novella che ha interessato l'art. 612 bis c.p. : nel prevedere una forma aggravata del reato di atti persecutori ove questi siano rivolti nei confronti del coniuge separato, genera un concorso apparente di norme con il reato previsto dall'art. 572 c.p. ogni volta che, come nel caso di specie, gli atti di maltrattamento sono rivolti nei confronti del coniuge separato;
il suddetto conflitto deve essere risolto facendo ricorso al principio di specialità espressamente richiamato dalla clausola di sussidiarietà contenuta nell'incipit dell'art. 612 bis c.p.
Con tali motivazioni la Corte rigetta il ricorso dichiarandolo inammissibile con conseguente condanna del ricorrente alle spese.