Un padre, esercente la professione di medico e quindi con una buona capacità reddituale, in sede di separazione era stato condannato dal giudice civile a versare a titolo di mantenimento dei tre figli minori la somma mensile di € 2.000,00, ma, su denuncia della moglie, il tribunale penale accertava che l'obbligato, in un anno e mezzo, aveva completamente omesso di versare sia l'assegno di mantenimento che il 50% delle spese straordinarie; l'inadempimento dell'ex marito aveva così costretto l'altro genitore a ricorrere all'aiuto dei parenti per far fronte ai bisogni dei figli e comunque a “fare economia”.
Il padre veniva quindi condannato dal Tribunale – sentenza confermata dalla Corte di Appello – per il reato di cui all'art. 570 cpc, comma 2, n. 2, per avere, omesso di corrispondere la somma di Euro 2.000 mensili imposta con provvedimento del Presidente del Tribunale civile quale contributo per il mantenimento dei figli minori, facendo mancare loro i mezzi di sussistenza.
Il genitore obbligato proponeva ricorso per Cassazione, deducendo che la Corte d’Appello, nel confermare la sentenza di primo grado, non aveva tenuto conto che dopo la separazione dalla coniuge, ai suoi tre figli minori non erano mancati i mezzi di sussistenza in quanto la moglie, medico, godeva di adeguato stipendio mensile, e che egli aveva, comunque, versato ai figli, a più riprese, importi di varie entità per fare fronte alle rette scolastiche, a spese di viaggio e per l'acquisto di vestiti.
La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 17691 del 23/04/2014, in relazione al caso in esame, nel respingere il ricorso del padre ritenendolo manifestamente infondato, ribadisce alcuni principi di diritto fondamentali e ormai consolidati in materia di mantenimento dei figli minori, che è opportuno ricordare in questa sede:
1) In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, nella nozione penalistica di "mezzi di sussistenza" debbono ritenersi compresi non più solo i mezzi per la sopravvivenza vitale (quali il vitto e l'alloggio), ma anche gli strumenti che consentano, in rapporto alle reali capacità economiche e al regime di vita personale del soggetto obbligato, un sia pur contenuto soddisfacimento di altre complementari esigenze della vita quotidiana (quali, ad es., abbigliamento, libri di istruzione per i figli minori; mezzi di trasporto; mezzi di comunicazione);
2) Integra il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare il genitore separato che non adempie agli obblighi di versamento imposti dal giudice civile in favore dei figli minori, essendo escluso ogni accertamento in sede penale sulla effettiva capacità proporzionale di ciascun coniuge di concorrere al soddisfacimento dei bisogni dei minori - spettando al solo giudice civile tale verifica - in quanto la norma penale si limita a sanzionare la condotta di inadempimento;
3) Il soggetto obbligato in sede di separazione legale dei coniugi non ha la facoltà di sostituire, di sua iniziativa, la somma di denaro stabilita dal giudice civile a titolo di contributo per il mantenimento della prole con "cose" o "beni" che, secondo una sua scelta arbitraria, meglio corrispondano alle esigenze del minore beneficiario, quali computer o capi di abbigliamento.
La Suprema Corte, quindi, nel richiamare tali dettami, e ritenendo alla luce di essi giuridicamente corretta la sentenza della corte distrettuale, conclude per la inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza.