In questa breve ma significativa sentenza n. 43293 del 23/10/2013, la Cassazione Penale ha sancito la rilevanza penale del comportamento ostruzionistico del genitore collocatario della prole che impedisce di fatto all'altro genitore di vedere i propri figli, in palese violazione delle disposizioni stabilite dal giudice della separazione, situazione, questa, che non si verifica raramente, con grave pregiudizio per i diritti del minore alla bigenitorialità e alla continuità dei rapporti tra questi ed entrambi i genitori, così come recita l'art. 155 c.c.
Il caso è quello di una madre, collocataria dei figli minori, che in primo grado e in appello è condannata per violazione dell'art. 388 c.p. Comma 2, per aver impedito al coniuge separato di tenere con sé i figli nelle ore stabilite nel provvedimento di separazione.
La donna propone ricorso per cassazione adducendo in primis che il mero rifiuto di ottemperare ai provvedimenti giudiziali previsti dall'art. 388 cod. pen.non può costituire un comportamento elusivo penalmente rilevante.
La Corte di Cassazione, respingendo il ricorso, richiama un principio che è ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità e affermato anche in precedenti pronunce, nel senso che integra il delitto di cui all'art. 388 c.p, comma 2 la condotta del coniuge il quale (anche in pendenza del giudizio di separazione personale), rifiuta, senza giustificato e plausibile motivo, di affidare il figlio all'altro coniuge per il periodo stabilito col provvedimento del giudice”.
Del resto, la prestazione imposta dal provvedimento giudiziale di separazione, ossia consentire all'altro genitore di frequentare i figli minori, non può per sua natura prescindere dalla collaborazione del genitore affidatario e pertanto l'inadempimento viola di per sè la decisione giudiziale, senza la necessità di speciali condotte fraudolente (cass. pen. sez. 6, u.p. 25 settembre 2012 Longo).
Nel caso di specie, poi, il genitore collocatario poneva in essere un vero e proprio atteggiamento ostruzionistico, dal momento che evitava (volutamente) i contatti telefonici con l'ex coniuge finalizzati a concordare i tempi di consegna dei figli, e cosi facendo realizzava quella condotta impeditiva che legittima la tutela penale.