La Suprema Corte ha chiarito con questa sentenza un principio di diritto in materia di esecuzione forzata non unanimamente condiviso e disatteso da alcuni tribunali: il creditore esecutato può promuovere sulla base dello stesso titolo esecutivo una pluralità di procedure, notificando più precetti, e tali operazione non può essere esclusa per il solo timore che vi sia una moltiplicazione di pretese creditorie e di spese legali.
“Il creditore, infatti, in forza di uno stesso titolo esecutivo, può procedere a più pignoramenti del medesimo bene in tempi successivi, senza dover attendere che il processo di espropriazione aperto dal primo pignoramento si concluda, atteso che il diritto di agire in esecuzione forzata non si esaurisce che con la piena soddisfazione del credito portato dal titolo esecutivo”.
Tutt'al più, prosegue la Corte, “alla pluralità di procedure così instaurate può ovviarsi con la loro riunione ex art. 493 cod. proc. civ., senza che ciò comporti un pregiudizio per il debitore, poiché, in presenza di un pignoramento reiterato senza necessità, il giudice dell’esecuzione, applicando l’art. 92 cod. proc. civ., può escludere come superflue le spese a tal fine sostenute dal creditore procedente e il debitore può proporre opposizione contro una liquidazione delle spese che si estenda al secondo pignoramento (Cass. 18 settembre 2008, n. 23847; Cass. 16 maggio 2006, n. 11360).
In sostanza, libero è il creditore, fino al pagamento integrale del credito, di intimare tanti precetti quanti reputi necessari (e solo, per quanto visto, per l’importo complessivo del credito, non potendo egli frazionarne l’esecuzione), purché non chieda, in quelli successivi, le spese (ed i compensi e gli accessori) per i precetti precedenti; ove invece, col precetto successivo o reiterato, intimasse anche il pagamento delle spese dei precetti precedenti, l’ultimo sarebbe si illegittimo, ma solo ed esclusivamente quanto a queste ultime, sicché non potrebbe essere dichiarato invalido nella sua interezza.