Con la sentenza n. 23236 del 14/10/2013 la Corte di cassazione, nell'esaminare la sentenza di appello, ha modo di affrontare una problematica delicata e non infrequente nei rapporti tra i coniugi e tra questi e i figli nella fase patologica della separazione.
La sentenza impugnata aveva dichiarato la separazione addebitandola esclusivamente al marito, essendo stato accertato che egli, durante il matrimonio, era stato violento sia nei confronti della moglie che dei figli e nei dieci anni anteriori alla separazione aveva avuto una relazione extraconiugale con un'altra donna.
Il marito impugnava la decisione ritenendo che la Corte di Appello non avesse - ingiustamente - tenuto conto della condotta a sua volta tenuta dalla moglie, la quale, anche a causa di una accertata patologia di carattere psichico – accertata con una consulenza tecnica d'ufficio - aveva posto in essere una condotta volta a squalificare l'altro coniuge agli occhi dei figli e a provocare negli stessi odio nei confronti del padre, e tale comportamento, che si era protratto per tanti anni nel corso del matrimonio, costituiva una grave violazione sia degli obblighi del genitore nei confronti dei figli (art. 147 c.c.), sia dell'obbligo di un coniuge nei confronti dell'altro coniuge; inoltre, avendo determinato nel marito angoscia e sofferenza per l'allontanamento dei figli, la moglie aveva comunque violato quel dovere di assistenza morale e materiale sancito dall'art. 143 c.c., con la conseguenza che la Corte di Appello aveva errato nel non addebitare la separazione alla moglie.
La Corte di Cassazione, nel ritenere peraltro inammissibile il ricorso, specifica che i giudici di secondo grado, pur avendo rilevato a carico di entrambi i coniugi atteggiamenti lesivi e squalificanti, hanno addebitato la separazione al solo marito in quanto costui “a differenza della moglie, alla quale non era ascrivibile alcuna volontaria violazione degli obblighi nascenti dal matrimonio, aveva tenuto un comportamento aggressivo e violento nei confronti sia della moglie che dei figli e aveva coltivato da dieci anni prima della separazione una relazione extraconiugale con un'altra donna, il che aveva determinato la rottura del rapporto coniugale.
I giudici di appello, nel comparare i comportamenti dell'uno e dell'altro coniuge, hanno quindi, motivatamente, giudicato in maniera più sfavorevole la condotta consapevole e volontaria del marito, al quale quindi hanno addebitato la separazione.
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