Al coniuge che rinuncia a lavorare per la famiglia spetta il mantenimento

Al coniuge che rinuncia a lavorare per la famiglia spetta il mantenimento

La Corte di Cassazione nella ordinanza del 21 settembre 2016 torna a occuparsi dei criteri per il riconoscimento del diritto all'assegno di mantenimento per la moglie separata.

Mercoledi 12 Ottobre 2016

Nella fattispecie, il Tribunale pronunciava la separazione personale dei coniugi V. e C.M., respingeva le reciproche domande di addebito e disponeva a carico del marito un assegno mensile di mantenimento di 750,00 Euro in favore della moglie.

2. La decisione veniva confermata dalla Corte di Appello; avverso tale decisione il marito ricorreva in Cassazione, contestando la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto all'assegno in capo alla ex moglie.

In particolare, per il ricorrente la Corte di appello avrebbe violato l'art. 156 c.c., in quanto non aveva valutato adeguatamente la capacità lavorativa e reddituale della ex moglie, la quale aveva l'abilitazione all'esercizio della professione di commercialista.

La Corte di Cassazione, respinge il ricorso, evidenziando che:

  • la Corte distrettuale ha ritenuto legittimamente, in assenza di prova contraria, che l'impiego delle capacità lavorativa della signora aveva costituito l'oggetto di una scelta condivisa e finalizzata a limitare il tempo dedicato al lavoro: la moglie in costanza di matrimonio si era quindi dedicata all'attività di ricercatrice e non aveva svolto l'impegnativa ulteriore attività di commercialista, per non sottrarre ulteriore tempo alla vita familiare, in assenza di una impellente necessità di acquisizione di ulteriori redditi oltre a quelli già percepiti dai coniugi dallo svolgimento dalla predetta attività di ricercatrice universitaria e di rappresentante e agente commerciale;

  • è stato accertato che la signora svolge attività di ricercatrice universitaria dalla quale trae un reddito significativamente inferiore a quello del marito, mentre risulta che la stessa non abbia mai svolto, sebbene abilitata, l'attività professionale di commercialista;

  • inoltre la Corte distrettuale ha valutato con congrua motivazione la oggettiva difficoltà di intraprendere ora la attività professionale di commercialista;

  • pertanto, dalla comparazione dei redditi netti imponibili dei due coniugi, operata sulla media degli ultimi redditi percepiti e comprendendo anche i versamenti integrativi effettuati dal marito, risulta la maggiore capacità reddituale di quest'ultimo, con conseguente attribuzione alla moglie di un assegno di mantenimento nella misura stabilita.

Ordinanza n. 18542 del 21/09/2016

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