La Cassazione censura le criticità del Decreto Sicurezza

La Cassazione censura le criticità del Decreto Sicurezza

L'ufficio del Massimario della Cassazione, con una Relazione di ben 129 pagine, ha rilevato alcune criticità del c.d. Decreto Sicurezza approvato dal Parlamento.

Mercoledi 2 Luglio 2025

La Legge 9 Giugno 2026 n.80, di conversione, senza emendamenti, del decreto-legge 11 aprile 2025, n. 48, recante “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario” è stata pubblicata nella G.U.n 131 del 9 Giugno 2026 ed è entrata in vigore il 10 Giugno.

In particolare, la Suprema Corte, con un’ampia disamina del provvedimento, censura il ricorso alla “decretazione di urgenza", "le norme troppe eterogenee"e le "sanzioni sproporzionate".

Secondo la Cassazione, il Decreto convertito in Legge "riproduce quasi alla lettera" il contenuto del corrispondente DDL che la Camera dei Deputati, "dopo un'ampia discussione in Assemblea, aveva approvato in prima lettura il 18 settembre 2024" che é stato trasmesso al Senato per la definitiva approvazione.

Si legge nella articolata relazione che "per unanime giudizio dei giuristi finora espressisi" non ci sarebbe stato alcun "fatto nuovo configurabile come caso straordinario di necessità e di urgenza'" tra "la discussione alle Camere del DDL sicurezza e la scelta di trasformarlo in un Decreto Legge avente il medesimo contenuto".

Pertanto, la scelta di sottrarre il testo del provvedimento all'ordinario procedimento legislativo e trasfonderlo in un decreto-legge avrebbe prodotto, per la S.C, alcune serie conseguenze tra cui:

  • l'accelerazione dei tempi di discussione,

  • la conseguente contrazione della possibilità di apportare emendamenti,

  • la complessiva compressione del tempi e modi di dibattito, dell’esame operato e del voto, che dovrebbero caratterizzare la funzione legislativa, specie in materie coperte da riserva di legge, come sono i diritti di libertà e la materia penale

  • l'estrema disomogeneità dei contenuti del testo approvato.

Per tali ragioni, secondo la Corte di Legittimità, le disposizioni approvate"determinerebbero un vulnus del trattamento sanzionatorio, in quanto destinate a incidere sulla libertà personale dei loro destinatari”.

In conseguenza, tali norme appaiono suscettibili di un controllo da parte della Corte per "gli eventuali vizi di manifesta irragionevolezza o di violazione del principio di proporzionalità dovendosi scongiurare il rischio di irrogazione di una sanzione non proporzionata all'effettiva gravità del fatto'".

Tra le principali innovazioni sono stati introdotti nell’Ordinamento 14 nuovi reati, inasprite alcune aggravanti, esteso il DASPO urbano e previste nuove disposizioni sulla cannabis.

Al di là delle polemiche sorte prima e dopo l’approvazione in via definitiva del Decreto vale la pena di sintetizzarne i contenuti.

  • Cosa prevede la normativa approvata

    Come indicato, i nuovi reati che vengono introdotti sono 14 e 9 le aggravanti aggiuntive.

Anche sul fronte aggravanti si aggiungono fattispecie, come quella prevista per i reati commessi nei pressi delle stazioni ferroviarie o delle metropolitane o quelle relative alle truffe a danno degli anziani.

Viene poi estesa la non punibilità dell'operato degli agenti dell'intelligence e si velocizzano gli sgomberi di immobili occupati.

Il decreto riproduce sostanzialmente i contenuti del precedente Decreto e dei due provvedimenti sono 12 gli articoli che hanno subito modifiche, anche minime, rispetto al testo originario.

Tra le modifiche più consistenti rientrano le norme sulle detenute madri e quelle relative alle sim telefoniche per cittadini extra Ue.

Si introducono nuove fattispecie di reato in materia di detenzione di materiale contenente istruzioni per il compimento di atti di terrorismo e di divulgazione di istruzioni sulla preparazione e l'uso di sostanze esplosive o tossiche ai fini del compimento di delitti contro la personalità dello Stato.

Si inaspriscono le pene per chi impiega minori nell'accattonaggio (fino a 5 anni di reclusione)

Si introduce una nuova circostanza aggravante che scatta quando il reato è commesso all'interno o nelle immediate adiacenze delle stazioni ferroviarie o delle metropolitane o all'interno dei convogli adibiti al trasporto passeggeri.

Tale circostanza si applica ai delitti non colposi contro la vita e l’incolumità pubblica e individuale, contro la libertà personale e contro il patrimonio o che comunque offendono il patrimonio.

Viene introdotto il reato di occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui (o delle relative pertinenze, come garage o cantine) e una procedura d'urgenza per il rilascio dell'immobile e la conseguente reintegrazione nel possesso.

Il reato è punito con la reclusione da 2 a 7 anni e si prevede una causa di non punibilità in favore dell'occupante che collabori all'accertamento dei fatti e ottemperi volontariamente all'ordine di rilascio dell'immobile.

L’inasprimento delle pene per il delitto di danneggiamento in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, qualora il fatto sia commesso con violenza alla persona o minaccia.prevede la pena della reclusione da 1 anno e 6 mesi a 5 anni e della multa fino a 15.000 euro, oltre all’arresto in flagranza differita quando il fatto è commesso in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico.

Diventa illecito penale, in luogo dell'illecito amministrativo, il blocco stradale o ferroviario attuato mediante ostruzione fatta col proprio corpo e la pena è aumentata se il fatto è commesso da più persone riunite che potrà essere punito con un mese di carcere e una multa fino a 300 euro.

Tuttavia, se avviene nel corso di una manifestazione, e sono più persone a bloccare la strada, allora la pena può arrivare fino a sei anni.

È una delle norme più controverse e contestate e al centro anche dei rilievi del Colle.

Il Decreto rende comunque facoltativo, e non più obbligatorio, il rinvio dell'esecuzione della pena per le condannate incinte o madri di figli di età inferiore ad un anno che potranno scontare la pena, qualora non venga disposto il rinvio, presso un istituto a custodia attenuata per detenute madri.

Inoltre l'esecuzione della pena non è rinviabile ove sussista il rischio, di eccezionale rilevanza, di commissione di ulteriori delitti.

Inoltre il differimento della pena potrà essere revocato se la madre attui comportamenti che potrebbero arrecare un grave pregiudizio alla crescita del minore.

Se la pena non venga differita, per le madri di figli di eta' compresa tra 1 e 3 anni, la pena potrà essere eseguita presso un ICAM solo se le esigenze di eccezionale rilevanza lo consentano.

Viene disposto il divieto di importazione, cessione, lavorazione, distribuzione, commercio, trasporto, invio, spedizione e consegna delle infiorescenze della canapa (Cannabis sativa L.), anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché di prodotti contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli olii da esse derivati.

In tali ipotesi sono previste le sanzioni per gli stupefacenti e sostanze psicotrope mentre il divieto non comprende la produzione agricola di semi destinati agli usi consentiti dalla legge entro i limiti di contaminazione.

Viene, altresì, introdotta un'ulteriore circostanza aggravante se la violenza o minaccia a un pubblico ufficiale è commessa al fine di impedire la realizzazione di un'opera pubblica o di una infrastruttura strategica

Inoltre si consente alle Forze di polizia di utilizzare dispositivi di videosorveglianza indossabili nei servizi di mantenimento dell'ordine pubblico, di controllo del territorio, di vigilanza di siti sensibili, nonché in ambito ferroviario e a bordo treno.

Viene riconosciuto un beneficio economico, a decorrere dal 2025,a fronte delle spese legali sostenute da ufficiali o agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria, nonche' dai vigili del fuoco, indagati o imputati nei procedimenti riguardanti fatti inerenti al servizio svolto.

Inoltre, se viene imbrattato un bene mobile o immobile adibito all'esercizio di funzioni pubbliche, con la finalità di "ledere l'onore, il prestigio o il decoro" dell'istituzione alla quale appartengono, si applica la pena della reclusione da sei mesi a un anno e sei mesi e la multa da 1.000 a 3.000 euro.

Il Decreto introduce un'aggravante del reato di istigazione a disobbedire alle leggi, applicabile se il fatto è commesso all'interno di un istituto penitenziario o a mezzo di scritti o comunicazioni diretti a persone detenute e viene introdotto il delitto di rivolta all'interno di un istituto penitenziario.

Inoltre viene introdotto un nuovo reato finalizzato a reprimere gli episodi di proteste violente da parte di gruppi di stranieri irregolari trattenuti nei CPR oltre al reato di resistenza passiva caratterizzati dalle condotte che impediscono il compimento degli atti dell'ufficio o del servizio necessari alla gestione dell'ordine e della sicurezza.

Infine, vengono semplificate le procedure per la realizzazione dei centri di permanenza per i rimpatri attraverso la possibilità di derogare ad ogni disposizione di legge ad eccezione della legge penale e del codice delle leggi antimafia e dell'Unione europea

La normativa autorizza, ex novo, gli agenti di pubblica sicurezza a portare senza licenza alcune tipologie di armi quando non sono in servizio

Da ultimo, per acquistare una sim telefonica, un migrante dovrà presentare un documento d'identità, non più il permesso di soggiorno, punibile la sanzione amministrativa della chiusura dell'esercizio o dell'attività da 5 a 30 giorni per i casi nei quali i gestori non osservino gli obblighi di identificazione dei clienti.

  • Le critiche della Dottrina

Il Decreto-legge sicurezza ha dato luogo a numerose critiche da parte della comunità degli studiosi del diritto penale, benché non siano mancate voci dissonanti da parte di alcuni penalisti che giudicano tali critiche al provvedimento “scarsamente realistica, ideologicamente orientata, astratta, avulsa dalla previa individuazione dei nodi che, da lungo tempo irrisolti, attentano al funzionamento umanitario, ordinato ed efficace della giurisdizione penale”( ex multis v.E.Dolcini, un Paese meno sicuro, in Sistema Penali 15 Maggio 2025)

Nondimeno, in linea con emerge dai commenti dell’Associazione Italiana dei Professori di Diritto Penale (AIPDP), l’opinione prevalente in Dottrina é che “nel complesso, le norme che intervengono sulle disposizioni penali destano forte preoccupazione, in quanto l'ampliamento del ricorso al diritto penale confligge con i principi di proporzionalità e sussidiarietà ed opera in funzione essenzialmente simbolico-comunicativa, senza che ciò significhi assicurare strumenti dotati di maggior efficacia nella tutela della sicurezza individuale e collettiva, posto a fondamento del provvedimento.

Nei commenti viene sottolineato che le norme emanate segnalerebbero un ulteriore spostamento del baricentro delle riforme legislative verso un diritto penale caratterizzato dalla repressione di condotte che “esprimono un dissenso, emergono da contesti di marginalità sociale e denotano un pericoloso scivolamento verso una gestione securitaria dell'emergenza carceraria”, che il provvedimento approvato non contribuisce a risolvere.

Lo stesso Prof. Gian Luigi Gatta, Presidente dell’Associazione, in un comunicato, intitolato “Sul pacchetto sicurezza varato con decreto-legge”, ha ribadito “la seria preoccupazione per un così vasto intervento, siccome espressione di un ricorso al diritto penale in chiave simbolica di rafforzamento della sicurezza pubblica, per di più realizzato con lo strumento della decretazione d’urgenza”

Una valutazione degli Studiosi, dunque, marcatamente negativa, che va ad aggiungersi a quelle, dello stesso segno, provenienti dall’ Associazione Nazionale Magistrati dall ’Unione Italiana delle Camere Penali, nonché da un folto gruppo di autorevoli giuspubblicisti, che hanno aderito ad un appello promosso da Ugo De Siervo, Gaetano Silvestri e Gustavo Zagrebelsky.

Nella conforme opinione posta a base dell’appello, si tratterebbe di un provvedimento che esprime nei contenuti una linea politico-criminale autoritaria che si manifesterebbe almeno su tre piani:il piano dei rapporti tra cittadini e le Forze dell’Ordine; quello della repressione del dissenso;quello, infine, delle deviazioni dal diritto penale del fatto a favore di un diritto penale d’autore.

Il primo piano riguarderebbe il potenziamento della tutela dei Pubblici Ufficiali nello svolgimento delle loro funzioni ovvero una sorrta di ipertutela delle Forze dell’Ordine realizzata con il decreto-legge approvato.

Un esempio emblematico è costituito dalle nuove aggravanti speciali introdotte per i delitti di violenza e di resistenza a Pubblico Ufficiale (artt. 336 co. 4,337 co. 2 e 339 co. 4 c.p.).

Le nuove aggravanti, che riguardano il fatto commesso nei confronti di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza, suscitano seri dubbi di illegittimità costituzionale.

Su una di tali aggravanti, quella dall’art. 337 co. 2 c.p., si è già soffermata la Magistratura poiché la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Foggia ha chiesto che venga sollevata questione di legittimità costituzionale, mettendo in evidenza l’irragionevole disparità di trattamento creata dalla disposizione tra colui che, usando violenza o minaccia, si oppone ad un atto dell’ufficio di un ufficiale/agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza e colui che realizza la medesima condotta nei confronti di altri pubblici ufficiali, questione per la quale, in effetti, la norma non risulta legittima sul piano dell’offensività delle due condotte e meriterebbe una decisione specifica della Consulta.

Inoltre, le aggravanti di cui agli artt. 336 e 337 c.p. prevederebbero un aumento di pena fino alla metà, che costituirebbe un aumento incompatibile con il principio di proporzionalità della pena.

Altre disposizioni di dubbia legittimità riguarderebbero, ad es., la norma relativa alla dotazione di videocamere indossabili per gli agenti di polizia impegnati in servizi di ordine pubblico (art. 21 d.l. sicurezza) che risulta non obbligatoria, così come non è previsto alcun obbligo per gli agenti di portare un visibile codice identificativo.

Vi sarebbe inoltre anche la questione della copertura delle spese legali a carico degli agenti indagati o imputati per fatti inerenti al servizio (fino a 10.000 euro per ogni fase del procedimento)(art. 22 d.l. sicurezza) che costituirebbe una dotazione che, secondo il Prof.Gatta, sarebbe del tutto inconsistente.

Il decreto-legge prevede, inoltre, che gli agenti di pubblica sicurezza possano portare armi anche quando non sono in servizio (art. 28 d.l. sicurezza), che sarebbe un’altra disposizione dotata di una spiccata potenzialità criminogena.

L’esistenza di una stretta relazione tra diffusione delle armi da fuoco e tassi di omicidio trova in effetti puntuale conferma nella ricerca criminologica.

La seconda componente importante del decreto-legge sicurezza è rappresentata dalle disposizioni che mirano ad una repressione delle più svariate forme di dissenso.

Invero, appare rilevante la previsione del nuovo delitto di rivolta all’interno di uno stabilimento penitenziario(art.415 bis c.p.), al quale si affianca, all’art. 14 co. 7.1. T.U.Immigrazione, con l’analogo delitto di “rivolta in un Centro di Permanenza per il Rimpatrio”(i c.d. hotspot) che dovrebbero, per contro, costituire luoghi destinati al soccorso e alla prima accoglienza dei Migranti rintracciati dopo l’attraversamento irregolare di una frontiera o a seguito di operazioni di salvataggio in mare.

Per chi partecipa alla rivolta in carcere è prevista la reclusione da 1 a 5 anni, per chi promuove, organizza o dirige la rivolta la pena è da 2 a 8 anni; pene lievemente più basse sono previste per le analoghe ipotesi del T.U. Immigrazione (reclusione da 1 a 4 anni per la partecipazione;da 1 anno e mezzo a 6 anni per la seconda ipotesi).

La rivolta in carcere ex art.415 bis c.p. viene inserita nel ‘ricchissimo’ catalogo dei reati che in varia forma ostacolano la concessione di benefici penitenziari, misure alternative alla detenzione e liberazione condizionale prevista nel comma 1 ter dell’art. 4 bis, accanto alla nuova ipotesi aggravata di istigazione a disobbedire alle leggi di cui all’art. 415 co.2 c.p., che riguarda la istigazione commessa all'interno di un istituto penitenziario ovvero a mezzo di scritti o comunicazioni diretti a persone detenute.

A tanto si aggiunge che il lavoro all’esterno, i permessi-premio, la semilibertà e la liberazione condizionale potranno essere concessi al condannato non collaborante solo a condizione che “non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva”.

Tra le condotte costitutive dei nuovi delitti di rivolta sono ricompresi sia “atti di violenza o minaccia”, sia “atti di resistenza all’esecuzione degli ordini”.

Per espressa previsione legislativa, “costituiscono atti di resistenza anche le condotte di resistenza passiva che, avuto riguardo al numero delle persone coinvolte e al contesto in cui operano i pubblici ufficiali o gli incaricati di un pubblico servizio, impediscono il compimento degli atti dell’ufficio o del servizio necessari alla gestione dell’ordine e della sicurezza”.

Peraltro, come è stato osservato da alcuni studiosi, alle condizioni di vita nelle carceri spesso inumane, si reagisce non già rimuovendo, o attenuando, le cause del gravissimo disagio dei detenuti, bensì “sul piano repressivo, elevando l’ordine e sicurezza carceraria a valore preminente dell’istituzione penitenziaria”.

Infine non va dimenticato in questa sia pur breve disamina, il delitto di blocco stradale o ferroviario, previsto in una legge complementare (art. 1 bis d. lgs. 22 gennaio 1948, n. 66,relativo all’impedimento della libera circolazione su strada).

In passato il blocco stradale o ferroviario costituiva reato se realizzato con materiali che impedivano la circolazione (c.d. blocco reale), mentre il blocco stradale realizzato soltanto con il proprio corpo (c.d. blocco personale) integrava un illecito amministrativo, punito con sanzione pecuniaria.

Con il decreto sicurezza, invece, assumono una notevole rilevanza penale anche le condotte di protesta pacifica come la disobbedienza civile che è divenuuta un reato.

La terza criticità che caratterizza, in senso negativo, le innovazioni penalistiche del decreto sicurezza, é costituita dalla presenza di deviazioni da un diritto penale del fatto, inteso come fatto offensivo di un bene giuridico, a favore di un diritto penale d’autore che riguarda e modifiche apportate alla disciplina del rinvio dell’esecuzione della pena (artt. 146 e 147 c.p.) che diviene facoltativo anche nei confronti della donna incinta o madre di prole di età inferiore ad un anno e che modifica la la disciplina originariamente prevista per la madre di prole di età compresa tra uno e tre anni.

Da questa erronea scelta operata con il decreto sicurezza emergerebbe una palese violazione dei principi costituzionali di tutela della maternità e dell’infanzia (art. 31 co. 2 Cost.) e di umanità della pena (art. 27 co. 3 Cost.), tanto più in considerazione delle condizioni in cui versano le carceri italiane e dei pochi posti disponibili nei soli quattro istituti a custodia attenuata per detenute madri (ICAM).

Oltre che con la Costituzione, la nuova disciplina del rinvio dell’esecuzione pone problemi di compatibilità con le Regole penitenziarie europee, adottate dal Consiglio d’Europa nel 2006 e aggiornate nel 2010,sulla falsariga delle Regole delle Nazioni Unite per il trattamento delle donne detenute e le misure non detentive per le donne autrici di reati (c.d. Regole di Bangkok), secondo le quali “le donne detenute devono essere autorizzate a partorire fuori dal carcere”, essendo evidentemente impossibile prevedere quando avverrà il parto in nome dell’interesse superiore del bambino o dei bambini”, mentre “le pene non privative della libertà devono essere privilegiate, quando sia possibile, per le donne incinte e per le donne con bambini”.

Tralasciando, per brevità di esposizione, altri commenti critici della Legge approvata, è doveroso attendere un auspicabile intervento della Consulta atteso che, nei commenti, il provvedimento avrebbe generato molta “confusione tra cittadini, operatori e Forze dell’Ordine”per cui è, dunque, “urgente ristabilire un quadro normativo coerente e giuridicamente sostenibile”.

Come ha scritto Il Prof.Gian Luigi Gatta, “anni di pacchetti sicurezza non hanno reso l’Italia un Paese migliore e più sicuro”, qualunque cosa si intenda per ‘Paese migliore’.

In ogni caso, il Decreto sicurezza avrà sicuramente un effetto indiscutibile, ossia quello di un aumento delle presenze in carcere che inciderà sul sovraffollamento, causa prima della drammatica situazione di crisi dell’istituzione penitenziaria che tarda ad essere risolta dal Parlamento.

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