Con l' ordinanza n. 21273 del 18/09/2013 la Corte di Cassazione ha richiamato alcuni criteri, già in precedenza enunciati in altre pronunce, di cui il giudice deve tener conto nella determinazione dell'assegno di mantenimento dei figli minori, criteri, che, per quanto più volte indicati dalla Suprema Corte, è sempre meglio ribadire.
1) Sussiste l'obbligo di entrambi i genitori che svolgono attività lavorativa, produttiva di reddito, di contribuire al soddisfacimento dei bisogni dei minori, in ragione delle proprie disponibilità economiche, secondo il principio di proporzionalità.
2) Il Giudice, quindi, può disporre la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare tale principio di proporzionalità e, nel determinare l'importo dell'assegno, deve considerare le "attuali esigenze del figlio", che si concretizzano in bisogni, abitudini, legittime aspirazioni e, più in generale, in prospettive di vita che non possono non essere condizionate dal livello economico sociale dei genitori.
Di conseguenza, nel caso di specie, la notevole disparità tra le condizioni patrimoniali dei genitori giustifica una maggior onere contributivo a carico del genitore più abbiente.
3) Il giudice, nel determinare l'assegno di mantenimento, estende l'esame della capacità economica del genitore anche alle sue ulteriori disponibilità patrimoniali, come ad es: beni immobili, partecipazioni societarie, e alle potenzialità, ad esse collegate, in termini di redditività, di capacità di spesa, di aspettative per il futuro, di garanzie di benessere;
4) L'assegno di mantenimento deve essere idoneo a soddisfare le esigenze dei figli sotto il profilo abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, tenendo però presente che non tutte le esigenze sportive, educative e di svago rientrano tra le spese ordinarie (quali, ad es: i libri scolastici, materiale di cancelleria ecc.) e pertanto entrambi i genitori devono contribuire anche alle spese straordinarie, senza che ciò possa considerarsi una duplicazione di contributi.