Cassazione: ordinanza n. 21273 del 18-09-2013

Cass. civ. Sez. VI.
Cassazione: ordinanza n. 21273 del 18-09-2013
Separazione dei coniugi - alimenti e mantenimento - provvedimenti riguardo ai figli.
Martedi 8 Ottobre 2013

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Rilevato che è stata depositata la seguente relazione ex art. 380 bis c.p.c., nel procedimento civile iscritto al R.G. 8813 del 2012.

"La Corte d'Appello di Ancona - Sezione Minori -, in parziale riforma del decreto emesso dal Tribunale per i minorenni delle Marche, ha disposto la corresponsione, da parte di P.A. in favore di Pu.El., a titolo di contributo al mantenimento della figlia minore Pa.Au., della somma mensile di Euro 1.200,00, oltre al pagamento dell'80% delle spese straordinarie per la bambina.

 

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso in cassazione P. A., affidandosi ai seguenti motivi:

nel primo ha denunciato la violazione e la falsa applicazione dell'art. 155 c.c., comma 4, come modificato dalla L. n. 54 del 2006, art. 1, comma 1, in combinato disposto con la L. n. 54 del 2006, art. 4, comma 2, in relazione alla determinazione dell'assegno periodico da parte del giudice, il quale ai fini della sua quantificazione si sarebbe basato solo sulla presunta sproporzione del reddito tra i genitori affidatari, senza valutare gli altri criteri indicati nel predetto articolo, in particolare le attuali esigenze del figlio, il tenore di vita precedentemente goduto e le risorse economiche di entrambi i genitori;

 

nel secondo ha censurato il vizio di motivazione con riferimento alla parte in cui la Corte territoriale, pur riconoscendo di dover tenere conto delle esigenze della minore nella determinazione dell'assegno, ha interamente basato la sua decisione sulla asserita sproporzione tra i redditi;

 

nel terzo ha lamentato il vizio di motivazione in relazione all'aumento dell'assegno fondato esclusivamente sull'esistenza di una notevole capacità economica e patrimoniale di P.A., desunta da elementi diversi dal reddito formalmente dichiarato, che il giudice avrebbe disatteso senza procedere ad indagini fiscali, accogliendo quindi acriticamente le contestazioni mosse da Pu.

E. in assenza di nuove indagini tributarie;

 

nel quarto ha censurato l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per avere determinato l'assegno perequativo di Euro 1.200,00, senza una valutazione effettiva delle esigenze della minore, qualificando il contributo come onnicomprensivo, nonostante la separata previsione di partecipazione nella misura dell'80% alle spese straordinarie destinate a soddisfare in concreto proprio quelle esigenze educative, sportive e di svago, ricondotte nell'ambito dell'ordinario mantenimento, con conseguente duplicazione del contributo; nel quinto ha dedotto il vizio di motivazione, avendo il giudice confermato l'onere di contribuzione del ricorrente alle spese straordinarie per il mantenimento della minore nella misura dell'80%, omettendo di fornire sul punto alcuna giustificazione, sebbene fosse stato proposto reclamo incidentale anche in ordine alla ripartizione delle spese straordinarie, chiedendone una limitazione al 50 %; nel sesto ha contestato la violazione e/o la falsa applicazione dell'art. 155 c.c., comma 6, per avere la Corte disatteso e privato di valore la documentazione fiscale prodotta da P.A., senza procedere alle indagini tributarie del caso, dando prevalenza alle valutazioni di una asserita e generalizzata ricchezza dei chirurghi plastici, nonchè alla presunzione di redditività delle società del ricorrente; Resiste P.E. con controricorso, chiedendo il rigetto delle pretese del ricorrente.

 

Il primo ed il secondo motivo da trattarsi congiuntamente in quanto relativi ai criteri di determinazione dell'assegno di mantenimento della minore, sono manifestamente infondati, in quanto la Corte territoriale ha giudicato in modo del tutto coerente con l'orientamento di questa Corte, secondo il quale sussiste l'obbligo di entrambi i genitori, che svolgono attività lavorativa produttiva di reddito, di contribuire al soddisfacimento dei bisogni dei figli minori, in proporzione alle proprie disponibilità economiche, ai sensi degli artt. 147 e 148 c.c., in diretta applicazione dell'art. 30 Cost., e pure dell'art. 155 c.c.. Il giudice può disporre, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico, al fine di realizzare tale principio di proporzionalità, e, nel determinare l'importo dell'assegno per il minore, deve considerare le "attuali esigenze del figlio", che si concretizzano in bisogni, abitudini, legittime aspirazioni della minore, e in genere nelle sue prospettive di vita, le quali non potranno non risentire del livello economico- sociale in cui si colloca la figura del genitore (Cass. n. 23630 del 2009, n. 23411 del 2009, n. 7644 del 1995, n. 10119 del 2006). Nella specie, dal contesto motivazionale della pronuncia impugnata, emerge con chiarezza un sicuro riferimento a tali esigenze, ancorchè necessariamente correlate alle condizioni economiche dei genitori. Il giudice di secondo grado infatti ha valutato concretamente le necessità e i bisogni di una bambina di quattro anni, rilevando allo stesso tempo che sussiste una notevole disparità tra le condizioni patrimoniali dei genitori, la quale giustifica, dando realizzazione al principio di proporzionalità sopra ricordato, una maggiore contribuzione del sig. P. al mantenimento della minore.

 

Il terzo e il sesto motivo possono essere trattati congiuntamente e risultano in parte inammissibili, poichè tendono unicamente, attraverso l'evocazione di un vizio motivazionale, a sollecitare una rivalutazione, finalizzata ad una diversa quantificazione della consistenza del patrimonio dal P., degli elementi fattuali, che spetta esclusivamente al giudice del merito e su cui questa Corte non può interferire (ex multis Cass. 22909 del 2012, Cass. 7179 del 2010), e in parte infondati, atteso che la Corte d'Appello, con congrua e adeguata motivazione, non ha disatteso, considerandoli inattendibili, i redditi formalmente dichiarati dal ricorrente, ma, visti i redditi fiscali, ha esteso l'esame della capacità economica del genitore anche alle sue ulteriori disponibilità patrimoniali (beni immobili, partecipazioni societarie, amministratore di società), avuto riguardo a tutte le potenzialità derivanti dalla titolarità del patrimonio in termini di redditività, di capacità di spesa, di garanzie di elevato benessere e di fondate aspettative per il futuro, nel rispetto dei principi più volte enunciati da questa Corte (Cass. 9915 del 2007). Infondata si presenta altresì la doglianza del ricorrente in ordine alla mancata disposizione delle indagini tributarie, posto che l'esercizio di tale potere appartiene alla sfera discrezionale del giudice, il quale, in deroga alle regole generali sull'onore della prova, può avvalersi della polizia tributaria d'ufficio o su istanza di parte (Cass. n. 2098 del 2011), e non risulta, allo stato degli atti nè il P. ne fa menzione nel ricorso, che ci sia stata una richiesta di parte in tal senso.

 

Il quarto motivo si palesa in parte inammissibile, atteso che la Corte d'Appello, come sottolineato nella disamina del primo motivo, ha tenuto nella dovuta considerazione le esigenze della bambina, giudicando in conformità all'indirizzo espresso da questa Corte, in base al quale il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole, secondo il precetto contenuto nell'art. 147 c.c., impone ai genitori di far fronte ad una molteplicità di esigenze dei figli, certamente non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma inevitabilmente estese all'aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all'assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione, fin quando l'età dei figli stessi lo richieda, di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione (Cass. 27 maggio 2009, n. 23630; 8 novembre 1997, n. 11025; Cass. 19 marzo 2002, n. 3974; Cass. 22 marzo 2005, n. 6197), e in parte infondato, in quanto non tutte le esigenze sportive, educative (ad esempio acquisto di libri, di materiale da cancelleria) e di svago rientrano tra le spese straordinarie (Cass. 23630 del 2009), non sussistendo pertanto alcuna contraddittorietà o duplicazione di contributi nell'asserire l'onnicomprensività dell'assegno di mantenimento, con chiaro riferimento a tutti i bisogni ordinali, e nel disporre contemporaneamente la partecipazione del P. nella misura dell'80% alle spese straordinarie.

 

Il quinto motivo di ricorso è manifestamente infondato, risultando la statuizione relativa al contributo alle spese straordinarie esaurientemente e logicamente desumibile dalla complessiva motivazione relativa allàammontare dell'assegno.

 

Ove si condividano i predetti rilievi, il ricorso deve essere respinto".

 

Il Collegio aderisce alla relazione rilevando in ordine alla memoria depositata ex art. 378 c.p.c., dal ricorrente che la richiesta audizione è inammissibile in sede di giudizio di legittimità; che l'art. 155 c.c., si applica indifferentemente ai figli legittimi e naturali; che il criterio di proporzionalità nella determinazione del contributo al mantenimento della minore è stato rispettato, mediante l'esauriente indicazione da un lato delle esigenze della minore e dall'altro delle buone condizioni economiche del ricorrente (pag. 4 sentenza impugnata); che non è necessaria l'analitica riproduzione di tutti i criteri di determinazione del contributo al mantenimento del minore, essendo sufficiente la selezione, adeguatamente motivata degli indici ritenuti rilevanti rispetto al caso di specie; che, infine, l'ammontare complessivo di tale contributo (E 1200 mensili oltre all'ottanta per cento delle spese straordinarie) non appare "inconsueto" anche alla luce di una valutazione presuntiva delle esigenze medie di vita di un minore correlate al complessivo tenore di vita dei genitori così come desumibile dal provvedimento impugnato;

al rigetto del ricorso segue l'applicazione del principio della soccombenza.

 

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente procedimento che liquida in Euro 3.200,00, per compensi; Euro 200,00, per esborsi oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 23 aprile 2013.

Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2013

 

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