Cassazione: anche due sole condotte integrano il reato di stalking

Cassazione: anche due sole condotte integrano il reato di stalking
Domenica 1 Dicembre 2013

La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 45648 del 14/11/2013 fissa alcuni principi e criteri identificativi molto interessanti in materia di “stalking” ossia il reato di cui all'art. 612 bis c.p., per il quale “è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.

 

Senza voler addentrarsi ad esaminare analiticamente i singoli motivi di impugnazione, la decisione in esame riveste particolare importanza laddove  la Corte, nel ritenere infondata la censura sollevata dal ricorrente avverso la sentenza della Corte territoriale, precisa molto chiaramente che cosa si debba intendere percondotte reiterate”.

Al riguardo, il ricorrente aveva impugnato la sentenza di appello ritenendo che, per integrare  l'ipotesi delittuosa contemplata nell'art. 612 bis c.p., non potevano ritenersi sufficienti due soli episodi come, invece, erroneamente ritenuto dalla Corte territoriale; secondo la difesa del ricorrente, il concetto di reiterazione,  nella ratio legislativa, presuppone una serialità di comportamenti, che nella fattispecie mancava.

 

Di ben diverso avviso è la Suprema Corte, che, nel ribadire quanto già enunciato dal giudice di secondo grado, precisa che “il concetto di reiterazione della condotta contenuto nell'art. 612 bis c.p., comma 1, denota la ripetizione di una condotta una seconda volta, ovvero più volte con insistenza. Se ne deduce, dunque, che anche due sole condotte in successione tra loro, anche se intervallate nel tempo bastano ad integrare sotto il profilo temporale la fattispecie”.

 

Per il Giudice di legittimità, non è condivisibile la tesi per cui il concetto di reiterazione  presupporrebbe una serialità di comportamenti: tale conclusione non si riscontra neppure nei progetti di legge riguardanti l'introduzione del reato di atti persecutori, ove si parla soprattutto di reiterazione della condotta, senza riferimento nè all'arco temporale in cui tale reiterazione deve svilupparsi, nè ad un concetto numerico delle azioni illegali.

 

Ciò che la Corte ritiene elemento imprescindibile per l'integrarsi della fattispecie è che la condotta incriminata (di minaccia o molestia) abbia indotto nella vittima un grave stato di ansia e di paura o di timore per la propria incolumità, e l'abbia costretta a modificare le proprie abitudini di vita; pertanto, verificandosi tale pregiudizio nella psiche della vittima, anche due sole condotte sonosufficientia concretizzare quella reiterazione cui la norma subordina la configurazione della materialità del fatto.

 

In altri termini, chiarisce la Corte, “una condotta che fosse circoscritta ad una serie di atti di disturbo, non seguita dall'evento-danno sulla persona non integrerebbe la fattispecie, così come non la integrerebbe una condotta tale da provocare un senso di paura o di stress non preceduto o caratterizzato da una ripetitività dell'azione. Quel che è da escludere è l'equivalenza del concetto di reiterazione con la serialità: nè la definizione concettuale di reato abituale data dalla dottrina e dalla giurisprudenza di questa Corte alla espressione "atti persecutori" vale ad escludere che due sole condotte di identica natura siano bastevoli per la configurabilità del reato.”

 

Leggi il testo integrale della sentenza 

 

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