Cassazione: Separazione milionaria? L'assegno di divorzio non è dovuto

Sentenza n. 26491 del 27/11/2013.
Cassazione: Separazione milionaria? L'assegno di divorzio non è dovuto
La natura assistenziale dell'assegno di divorzio: un'ipotesi di esclusione.
Giovedi 5 Dicembre 2013

La Corte di Cassazione è intervenuta diverse volte in materia di assegno di divorzio al fine di delinearne la natura e i confini; anche con la sentenza n. 26491 del 27/11/2013 gli Ermellini si sono pronunciati in materia di attribuzione dell'assegno divorzile, in relazione a quanto stabilito nel precedente giudizio di separazione.

Nell'ambito di un giudizio per la cassazione degli effetti civili del matrimonio, il Tribunale condanna il marito, imprenditore benestante, a versare alla moglie a titolo di assegno divorzile la somma di 1.000,00 euro, ridotta poi in appello a 280,00 euro, in accoglimento parziale dell'impugnazione del marito, che aveva contestato  la decisione del giudice di primo grado in quanto non aveva tenuto in debito conto che in sede di separazione  la moglie, alla quale erano stati assegnati diversi beni immobili e la somma di Euro 730.000,00, aveva dato atto della propria autosufficienza sul piano economico.

La Corte territoriale, però, se da un lato esclude la ricorrenza dei presupposti per la soddisfazione del criterio assistenziale, ritiene sussistere le residue funzioni , ancorchè accessorie, dell'assegno divorzile, e quindi, tenuto conto "del presumibile, relativo sviluppo, in corso di tempo, della già ben avviata attività imprenditoriale dell'ex marito", ritiene "conforme a giustizia riconoscere in favore della moglie (titolare di pensione di vecchiaia di ben modesto importo) un assegno divorzile limitato ad Euro 280 mensili,

Il marito avverso tale decisione propone ricorso per cassazione, deducendo la violazione  della L. 5 dicembre 1970, art. 5, come successivamente modificato dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 10, in quanto la corte territoriale, pur avendo accertato che, a seguito dell'incremento del proprio patrimonio per effetto di quanto ricevuto in precedenza in virtù degli accordi di natura transattiva conclusi in sede di separazione personale, la moglie disponeva di mezzi ampiamente sufficienti per mantenere un tenore di vita paragonabile a quello mantenuto in costanza di matrimonio, le aveva  riconosciuto comunque l'assegno, in palese contrasto con il fondamentale criterio, di natura assistenziale, di attribuzione dell'assegno dell'ex coniuge.

La Suprema Corte, in accoglimento del ricorso principale, ribadisce quanto già più volte enunciato circa la natura esclusivamente assistenziale dell'assegno di divorzio.: esso ha come presupposto la inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante, da intendersi come insufficienza dei medesimi, comprensivi di redditi, cespiti patrimoniali ed altre utilità di cui possa disporre, a conservargli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, senza cioè che sia necessario uno stato di bisogno.

Solo ove sussista tale unico presupposto, la liquidazione in concreto dell'assegno deve essere effettuata in base alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri enunciati dalla legge ( ossia condizioni dei coniugi, ragioni della decisione, contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, reddito di entrambi, durata del matrimonio).

I due piani non devono essere confusi, prosegue la Corte, in quanto una cosa è il diritto all'assegno e un'altra cosa è la sua quantificazione: il giudice di appello “è palesemente incorso nella violazione del principio sopra indicato, in quanto, dopo aver affermato che "non vi sarebbe esigenza di ulteriori prestazioni dal punto di vista della funzione assistenziale", ha giustificato l'attribuzione dell'assegno, sia pure in misura ridotta rispetto a quella determinata nella decisione di primo grado, "tenendo conto .. delle ulteriori, e pur complementari ed accessorie, funzioni dell'assegno divorzile", così considerando ed applicando in maniera indistinta, confondendoli fra loro, i criteri di attribuzione e quelli di quantificazione”.

 

Testo integrale della sentenza

 

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