Con l’ordinanza n. 6386/2020, pubblicata il 6 marzo 2020, la Corte di Cassazione si è pronunciata su come computare i termini di costituzione “a ritroso” nel caso in cui in un giudizio di appello la parte appellata deve proporre l’appello incidentale.
Venerdi 13 Marzo 2020 |
NORMA DI RIFERIMENTO: ARTICOLO 343 C.P.C. I° comma : Modo e termine dell'appello incidentale
“L'appello incidentale si propone, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta all'atto della costituzione in cancelleria ai sensi dell'articolo 166”.
IL CASO: la vicenda esaminata dai giudici di Piazza Cavour trae origine da un incidente stradale avvenuto tra un autoveicolo ed un autocarro. Il proprietario dell’autoveicolo conveniva in giudizio, innanzi al Giudice di Pace, la proprietaria di un autocarro al fine di vederla condannare al risarcimento dei danni subiti a seguito del suddetto incidente stradale.
Nel costituirsi in giudizio la convenuta chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa la sua compagnia di assicurazione con la quale era assicurato il suo autocarro e spiegava domanda riconvenzionale con la quale chiedeva a sua volta la condanna dell’attore al risarcimento dei danni subiti dall’autocarro a seguito del suddetto incidente.
Il Giudice di Pace rigettava sia la domanda dell’attore sia quella del convenuto.
Nel giudizio di appello avverso la sentenza di primo grado interposto dall’attore, l’appellato spiegava appello incidentale.
Alla prima udienza, l’appellante (attore originario), eccepiva l’inammissibilità dell’appello incidentale spiegato dall’appellato (convenuto principale), deducendo la violazione degli artt. 166 e 167 cod. proc. civ., in quanto nel proporre l’appello incidentale l’appellante non aveva osservato il termine di 20 giorni prima dell’udienza di comparizione.
L’eccezione veniva rigettata dal Tribunale, il quale dichiarava tempestivo ed ammissibile l’appello incidentale dell’appellante in quanto depositato in cancelleria nel giorno coincidente con il ventesimo giorno antecedente l’udienza di comparizione fissata dall’appellante e confermava la sentenza del Giudice di Pace.
Pertanto, la questione giungeva all’esame della Corte di Cassazione chiamata a pronunciarsi sul ricorso proposto dall’originario attore, il quale deduceva la violazione e la falsa applicazione degli artt. 343, 166, 167 e 155 cod. proc. civ., per avere quest’ultimo erroneamente conteggiato sia il termine iniziale che il termine finale.
Secondo il ricorrente, il Tribunale avrebbe dovuto procedere al conteggio a giorni e non avrebbe dovuto conteggiare nei venti giorni prima dell’udienza di comparizione il giorno di decorrenza del termine a ritroso mentre avrebbe dovuto tenere conto solo del dies ad quem.
LA DECISIONE: Il motivo del ricorso è stato ritenuto fondato dalla Cassazione, la quale nell’accoglierlo con rinvio ha osservato che:
1. Nel testo dell’art. 343 c.p.c. non viene precisato se il termine per la costituzione nel giudizio di appello deve considerarsi o meno “libero”;
2. come affermato dalla prevalente giurisprudenza di legittimità, il termine libero costituisce un’eccezione alla regola generale in materia di computo dei termini, dettata all’art. 155 cod. proc. civ., secondo cui nel computo dei termini a giorni o ad ore si escludono il giorno o l’ora iniziali;
3. mentre non si computa il dies a quo, deve invece calcolarsi il dies ad quem, cioè il giorno nel quale si deve effettuare l’atto sottoposto a termine;
4. tale regola si applica anche per i termini c.d. “a ritroso”, cioè quei termini che decorrono all’indietro, nei quali come dies a quo deve considerarsi il giorno di partenza del computo a ritroso, che, quindi, non deve essere calcolato, e come dies ad quem il giorno terminale del computo all’indietro, che, pertanto, deve essere conteggiato;
5. essendo il termine libero un’eccezione alla regola generale, la eventuale deroga deve essere espressamente sancita dal legislatore, con la conseguenza che, in difetto, si deve ritenere che il computo del termine vada effettuato nel rispetto della regola generale fissata all’art. 155 cod. proc. Civ.;
6. il mancato il rispetto del termine per il deposito in cancelleria della comparsa contenente l’appello incidentale, comporta l’inammissibilità, a nulla rileva che per l’appellante non sia ancora spirato il termine di cui agli artt. 325 o 327 cod. proc. Civile;
7. la parte che propone all’appello incidentale ha l’onere di rispettare due termini, che sono tra loro complementari e non alternativi, ovvero legati da un nesso di implicazione unilaterale;
a) un termine “esterno”, in quanto cosiddetto preesistente alla proposizione di qualsiasi impugnazione, previsto dagli artt. 325 e 327 cod. proc. civ.: si tratta di un termine di decadenza, cui la legge consente di derogare quando l’interesse all’impugnazione incidentale sorga dalla proposizione dell’impugnazione principale (art. 334 cod. proc. civ.). La ratio di questo termine è garantire la certezza dei rapporti giuridici, in ossequio al tradizionale principio ne lites paene immortales fiant;
b) un termine “interno”, previsto dall’art. 343 cod. proc. civ., non derogabile in alcun modo (salva ovviamente la rimessione in termini di cui all’art. 153 cod. proc. civ.), e la cui ratio non è la certezza dei rapporti giuridici, ma la salvaguardia della parità processuale delle parti e del diritto di difesa dell’appellante principale, rispetto alle doglianze formulate con l’appello incidentale.
8. stante la natura complementare e non alternativa dei due termini, nel caso in cui non venga rispettato il termine previsto dall’art. 343 c.p.c. per il deposito in cancelleria della comparsa contenente l’appello incidentale, quest’ultimo è inammissibile ed è irrilevante la circostanza che non siano ancora decorsi per l’appellante i termini di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c.