In data 24 maggio 2016 è stata presentata alla Camera dei Deputati una proposta di legge – la n. 3854 – volta alla modifica dell'art. 2233 del codice civile in materia di compensi degli avvocati.
Nella relazione si evidenzia che la proposta di legge in esame si pone come obiettivo “la tutela del lavoratore autonomo e del professionista affinchè ottengano il giusto compenso nel rispetto del principio sancito dall'art. 2233 c.c in base al quale la misura del compenso deve essere adeguato all'importanza dell'opera e al decoro della professione”.
I promotori della proposta sottolineano come la liberalizzazione dei compensi non abbia sortito gli effetti desiderati, anzi, al contrario, ha indotto sempre più professionisti a cancellarsi dagli albi per l'impossibilità di continuare nell'esercizio della professione, ormai remunerata al ribasso.
Infatti sempre più diffusa è l'imposizione da parte dei c.d. committenti di condizioni “capestro”, che prevedono per il professionista compensi irrisori e clausole vessatorie: per tale motivo, anche nell'ottica di rendere effettivo il principio dell'equa retribuzione anche per i lavoratori autonomi, la proposta di legge intende aggiungere all'art. 2233 c.c due commi:
1) nel primo comma è previsto che sia nullo qualsiasi patto nel quale sia stabilito un compenso inferiore rispetto ai parametri applicabili alle professioni, regolamentate nel sistema ordinistico, definito ai sensi dei relativi decreti ministeriali.
Per gli avvocati, è nullo qualsiasi patto che preveda un compenso inferiore di oltre il 20% a quello stabilito nelle tabelle allegate ai relativi decreti ministeriali.
2) per il secondo comma è affetta da nullità qualsiasi clausola contrattuale che, anche indirettamente, stabilisca per il cliente il diritto di trattenere la parte del compenso liquidata dall’organo giurisdizionale in eccesso rispetto al compenso pattuito, ovvero che precluda al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione o che gli imponga l’anticipazione di spese per conto del cliente.