Affido condiviso o esclusivo: l'interesse del minore non va confuso con il suo desiderio di bigenitorialità

Affido condiviso o esclusivo: l'interesse del minore non va confuso con il suo desiderio di bigenitorialità

Con la sentenza n. 18559 del 22/09/2016 la Corte di Cassazione torna sul tema della scelta dell'affidamento esclusivo in luogo di quello condiviso in relazione all'interesse del minore.

Giovedi 29 Settembre 2016

Il Tribunale per i Minorenni, anche in base all'acquista relazione del Servizio Sociale, accoglieva il ricorso di una donna finalizzato all'affidamento esclusivo a lei del bambino minore e al tempo stesso rigettava la domanda del padre volta ad ottenere un diverso regime d'incontri col figlio.

La Corte d'Appello, in parziale accoglimento del reclamo proposto dal padre contro il decreto del Tribunale, rigettava la domanda della donna di affidamento esclusivo del figlio, rilevando che:

  • i provvedimenti che riguardano i figli devono essere assunti avendo come essenziale ed esclusivo punto di riferimento il loro interesse morale e materiale;

  • il Tribunale aveva ritenuto che la situazione di grave conflitto tra i genitori, sfociata in una sentenza di applicazione della pena a carico del padre per reati che vedevano la donna quale parte offesa, fosse sintomatica della "scarsa maturità genitoriale" dell'uomo "nell'affrontare quelle maggiori responsabilità che l'affido condiviso comporta;

  • contemporaneamente, però, il Tribunale aveva affermato che era "evidente l'intesa spontanea tra padre e figlio non scalfita dal periodo di lontananza" e che “il rapporto tra genitore e figlio non era risultato in alcun modo intaccato dalla conflittualità esistente tra padre e madre”;

  • pertanto, La Corte territoriale non comprendeva in che modo l'affidamento congiunto potesse rappresentare un pregiudizio per il minore ed essere contrario al suo interesse morale e materiale.

    Contro il provvedimento della Corte d'Appello propone ricorso per Cassazione la madre del minore, sostenendo che:

  • la persistenza del regime di affidamento condiviso avrebbe pregiudicato il figlio, considerato l'impossibilità delle parti di elaborare e mettere in atto un progetto educativo comune e la gravissima conflittualità e l'incomunicabilità esistente tra lei e l'ex marito, resosi anche autore di gravi reati ai suoi danni;

  • peraltro i comportamenti aggressivi e violenti nei confronti della ricorrente avrebbero determinato effetti destabilizzanti per l'equilibrio del figlio, vittima di c.d. violenza indiretta.

La Suprema Corte, nel ritenere fondati i motivi dell'impugnazione, chiarisce quanto segue:

a) la Corte territoriale ha sostanzialmente travisato l'interesse superiore del minore, cui come noto occorre dare preminenza, la cui portata deve essere intesa come non limitata all'intuibile o comprensibile desiderio del bambino di mantenere la bigenitorialità, ma in funzione del soddisfacimento delle sue oggettive, fondamentali ed imprescindibili esigenze di cura, mantenimento, educazione, istruzione, assistenza morale, e della sua sana ed equilibrata crescita psicologica, morale e materiale;

b) il giudice di appello non ha valutato adeguatamente l'interesse del figlio soprattutto in relazione alla tipologia e gravità della conflittualità esistente tra le parti e dei reati commessi dall'uomo in danno della ex moglie;

c) tali comportamenti sono destinati a riflettersi negativamente anche su sentimenti ed equilibri affettivi, personali e familiari e sui rapporti interpersonali e, dunque, dotati di rilevante influenza sullo stabilimento del regime di affidamento più consono, anche in prospettiva al figlio della coppia.

Testo della sentenza n. 18559

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