Cassazione: multe per chi fa ricorso senza validi motivi

Cassazione: multe per chi fa ricorso senza validi motivi

Sentenza n. 4829/2009

Venerdi 13 Marzo 2009

Roma, 12 mar. (Apcom) - Multe salate dalla Cassazione per chi fa ricorso senza validi motivi. La Corte, in qualche modo anticipando il Ddl di riforma della giustizia civile che introduce il cosiddetto 'filtro' per i ricorsi in Cassazione, ha deciso di sanzionare duramente chi 'scomoda' la Suprema Corte soltanto per 'perdere tempo' e, magari, allontanare nel tempo un'eventuale sentenza sfavorevole. I giudici della prima sezione civile, utilizzando una norma già presente nel nostro ordinamento dal 2006, hanno perciò condannato l'amministratice di una società di Milano coinvolta in una bancarotta, la Gwa Gioielli d'Autore, a pagare 11.400 euro alla controparte per "responsabilità aggravata" nella presentazione del ricorso in Cassazione.

Il giudice Fausto Izzo, relatore della sentenza 4829, precisa che il ricorso oltre ad avere "omesso negligentemente la formulazione dei quesiti di diritto", cioè gli interrogativi ai quali la Corte avrebbe dovuto rispondere, "si limita a riproporre le questioni di merito" già decise dai giudici d'appello e inoltre, conclude il giudice, solleva "censure del tutto generiche ed inidonee a evidenziare profili di erroneità della sentenza impugnata". In pratica, un esempio di ricorso che, una volta introdotto il "filtro" previsto dalla riforma, sarebbe dichiarato inammissibile prima ancora di essere esaminato. Il ricorso che ha portato alla 'multa' all'amministratrice della Gwa, la signora Veneranda A., riguardava una causa avviata nei suoi confronti nel 2003 dal curatore fallimentare dell'azienda che le chiedeva la restituzione di circa 280 milioni di lire corrispondenti al valore dei beni sottratti alla società. Una vicenda per la quale la stessa Veneranda A. era stata già condannata a due anni di reclusione per bancarotta documentale.

Sia il tribunale che la Corte d'appello di Milano danno ragione al curatore fallimentare ma l'ex imprenditrice presenta ricorso in Cassazione. Un ricorso nel quale, secondo la Corte, "sono ravvisabili gli estremi della colpa grave". In pratica, non c'era spazio per "protestare" contro la sentenza di secondo grado. Per questo motivo l'ex amministratrice è stata condannata a risarcire al curatore fallimentare sia le spese di giudizio 'maggiorate' per un totale di 6.400 euro, sia a pagare anche una sanzione di altri 5.000 euro. Un segnale chiaro: un ricorso 'inutile' in Cassazione invece di guadagnare tempo fa perdere denaro.

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